2012-05-12 18:44:13

Tripoli lancia l'allarme immigrazione. Terzi: subito un piano dell'Ue


"Temiamo un peggioramento nei prossimi giorni sul fronte dell’immigrazione clandestina." L’allarme arriva dal ministro degli Esteri libico Ashour Bin Khaial che oggi ha incontrato il capo della Farnesina. Dal canto suo Terzi rinnova la collaborazione tra i due Paesi, poi chiede all’Ue di mettere a punto un piano che finanzi gli strumenti già esistenti per risolvere il problema. Intanto nella notte a Mazara del Vallo, nel Trapanese, é sbarcato un gommone con a bordo una trentina di nordafricani. Come leggere questo ennesimo allarme? Cecilia Seppia lo ha chiesto a padre Giovanni La Manna presidente del Centro Astalli. RealAudioMP3



R. – E’ ingiustificato parlare di allarme e di emergenza. Assistiamo da anni ad un fenomeno che non abbiamo mai voluto governare: persone che tentano di arrivare in Italia in Europa… Sappiamo da dove partono, non hanno un’alternativa, se non quella di viaggiare come clandestini. Parlare in termini di allarme significa spaventare. Vorremmo sentire piuttosto parlare di programmi di un’accoglienza progettuale che sicuramente devono vedere uniti l’Italia e l’Europa insieme.

D. - Infatti il ministro Terzi ha chiesto all’Europa di mettere a punto con immediatezza un piano che contempli anche quelle risorse che già sono a disposizione dell’Europa per affrontare la questione dell’immigrazione…

R. - Essendoci stato un cambio, quindi un governo tecnico che non è preoccupato di consensi elettorali, aspettiamo che si lavori con una volontà onesta per governare questo fenomeno. Non possiamo limitarci a dire: non abbiamo le risorse, ci dovete aiutare. In un momento di crisi i primi a ragionare in maniera progettuale dobbiamo essere noi per avere quella autorevolezza necessaria per far ragionare l’Unione europea.

D. – Terzi ha salutato con favore questa collaborazione con la Libia per il monitoraggio delle frontiere. Per risolvere il problema non serve soltanto la sicurezza, il controllo…

R. - Dobbiamo smetterla di preoccuparci soltanto del controllo, dobbiamo governare questo fenomeno. Queste persone, in nome della convenzione di Ginevra, hanno diritto ad una protezione, ad un’accoglienza progettuale, che ne rispetti la dignità come persone e ne rispetti i diritti. Si tratta di persone che muoiono in prossimità delle nostre rive e muoiono in mare. Non sapremo mai quanti morti pesano sulla nostra coscienza. Basta politiche di controllo e di chiusura: iniziamo a pensare e ad attuare, spinti da una volontà onesta, politiche di governo di questo fenomeno e di apertura a chi ha diritto ad arrivare in Italia e in Europa, fornendo anche alternative. Noi sappiamo che persone scappano, come in Mali dove la situazione nel Paese mette in fuga parecchie persone… Ora, qualcuno ci dica con onestà come queste persone possono arrivare in tutta sicurezza in un Paese che le riconosca nella dignità e nel diritto all’asilo politico. Fino ad oggi nessuno ha detto come è possibile per una persona che scappa dal proprio Paese arrivare in tutta sicurezza in Italia. Falsamente si è parlato di contrasto ai trafficanti di uomini ma il risultato è stato soltanto maggiori rischi per queste persone, più soldi ai trafficanti che si sono inventati nuove rotte e più rischi per le persone.

D. - L’Italia è chiamata a fare la sua parte però è anche vero che questo non è un problema solo italiano e Lampedusa non è l’unica porta sul Mediterraneo…

R. – Sì. E’ necessario far valere un’autorevolezza fondata su politiche oneste di governo di questo fenomeno. L’Italia da sola non ce la può fare ma deve uscire dal ruolo di quelli che piangono perché non ce la fanno perché sono troppi... Iniziamo a coinvolgerci, a dimostrare con segni concreti che queste persone vanno accolte perché ne hanno diritto e per rispetto alla loro dignità di persone. Con questa autorevolezza facciamo ragionare l’Europa ricordando che noi siamo una porta, arrivando anche all’estremo della provocazione dicendo: se io sono una porta, e l’Unione europea non vuole affrontare con politiche di doverosa accoglienza queste persone, lasciamo questa porta aperta. Assicuro che più del 50 per cento di queste persone non si fermano in Italia, non hanno intenzione di fermarsi in Italia, e anche questo dovrebbe interrogarci.








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