La Conferenza episcopale della Colombia interviene in tema di unioni omosessuali
«È necessario uscire dall’inanità, dal torpore, e tornare a difendere con forza e
coerenza la vita, la famiglia, i diritti dei minori, aprendo un dibattito nazionale
che porti il popolo colombiano a decidere con libertà e coscienza sull’orientamento
che si intende dare a questi fondamentali temi». È l’appello di monsignor Juan Vicente
Córdoba Villota, vescovo di Fontibón e segretario generale della Conferenza episcopale
della Colombia (Cec), contenuto in una lettera pastorale, diffusa in questi giorni,
proprio quando la Corte costituzionale è chiamata a esprimere un giudizio sulla possibilità
di adozione di bambini da parte di coppie omosessuali; giudizio che, alla luce di
precedenti sentenze, non è escluso possa essere favorevole. Nella lettera – come scrive
l’Osservatore Romano - il presule è perentorio: la recente sentenza della Corte costituzionale
(21 aprile), che dichiara «famiglia» le unioni tra persone dello stesso sesso è «semplicemente
una stravaganza giuridica». La Costituzione dice che «la famiglia è il nucleo primario
e vitale della società ed è formata da un uomo e una donna». Ora, tre dei cinque membri
della Corte, «con un colpo di magia», hanno «deciso di cambiare le cose per 45 milioni
di colombiani». Nella sentenza, i giudici hanno inoltre dichiarato che «il vincolo
familiare si ottiene da una varietà di situazioni di fatto, fra cui la libera volontà
di formare la famiglia, indipendentemente dal sesso o dall’orientamento (sessuale)
dei suoi componenti». Per monsignor Córdoba Villota, la Corte costituzionale «deve
tutelare la Costituzione, nessuno può cambiarne “una sola virgola”, e in questo caso,
la Corte non sta adempiendo alle sue funzioni». I giudici «non possono modificare
la legge; questo lo può fare solo il Congresso. A ognuno, quindi, il suo mestiere».
In precedenti sentenze, la Corte costituzionale aveva già riconosciuto la pensione
di reversibilità alle coppie dello stesso sesso, alla pari di quelle eterosessuali,
ma adesso accetta che gli omosessuali possono addirittura costituire una famiglia.
Seguendo la singolare logica dei giudici, il segretario generale della Cec così commenta:
«Ora si comincia a creare consenso culturale sul fatto che esistono diversi tipi di
famiglia e dunque fra poco si comincerà anche a parlare di presunti diritti di adozione».
Ma tutto ciò «non ha nulla a che fare con la famiglia come stabilisce l’articolo 42
della Costituzione», male interpretato dalla Corte che non ha adempiuto alle sue alte
funzioni seminando confusione e relativismo, attraverso interpretazioni accomodanti,
frutto di un’ideologia contraria all’ordine naturale, all’autentica dignità della
persona umana. Per Córdoba Villota, la Chiesa non ha nulla contro le persone che desiderano
vivere insieme e che, quindi, possono chiedere diritti per quanto riguarda l’eredità,
la salute o il patrimonio. «Ogni persona ha la stessa dignità fondamentale». Ed è
proprio in virtù dell’inviolabile rispetto della persona e della sua dignità, che
la Chiesa, tutti i cittadini, hanno il diritto-dovere di condannare «l’ingiusta depenalizzazione
dell’aborto», decisa nel 2006, e di difendere il diritto alla vita, dal concepimento
fino alla morte naturale, i diritti del bambino, la famiglia, frutto dell’unione di
un uomo e una donna. «La Chiesa, nella sua risposta all’interrogativo sulla verità
circa l’uomo — ha concluso il segretario generale della Cec — non può sottrarsi all’obbligo
di insegnare alla società a procedere verso il vero bene, proclamando le norme morali
che garantiscono il cammino dell’autentica libertà agli uomini».