Il Papa ad Arezzo: l'Italia riprenda la via del rinnovamento spirituale ed etico
Con il conforto morale l’Italia reagisca alla tentazione dello scoraggiamento e, forte
della sua tradizione umanistica, riprenda anche, con decisione, la via del rinnovamento
spirituale ed etico, che sola può condurre ad un autentico miglioramento della vita
sociale e civile. Così il Papa questa mattina ad Arezzo dove, di fronte a circa trentamila
persone, nel parco Il Prato, ha celebrato la Messa. Benedetto XVI, per la prima volta
in Toscana, è stato accolto dal premier italiano Monti e dal calore della gente della
diocesi di Arezzo Cortona Sansepolcro. Tra i doni consegnati al Santo Padre un’offerta
per i poveri ed una croce pettorale realizzata dagli orafi aretini, anch’essi colpiti
dalla grave crisi economica in atto. Dopo la visita privata in Cattedrale ed
il pranzo in Episcopio nel pomeriggio, il Papa volerà in elicottero al Santuario
francescano de La Verna per l’incontro con la comunità francescana, quindi in serata
il discorso alla cittadinanza a Sansepolcro.
Ecco il testo dell'Omelia
del Papa alla Messa.
Cari fratelli e sorelle!
E’ grande la mia
gioia nel poter spezzare con voi il pane della Parola di Dio e dell’Eucaristia. Porgo
il mio cordiale saluto a tutti voi e vi ringrazio per la calorosa accoglienza! Saluto
il vostro Pastore, Mons. Riccardo Fontana, che ringrazio per le cortesi espressioni
di benvenuto, gli altri Vescovi, i Sacerdoti, i Religiosi e le Religiose, i rappresentanti
delle Associazioni e dei Movimenti ecclesiali. Un deferente saluto al Sindaco, Avvocato
Giuseppe Fanfani, grato per il suo indirizzo di saluto, al Senatore Mario Monti, Presidente
del Consiglio dei Ministri, e alle altre Autorità civili e militari. Un ringraziamento
speciale a coloro che hanno generosamente collaborato per questa mia Visita Pastorale.
Oggi
mi accoglie un’antica Chiesa, esperta di relazioni e benemerita per l’impegno nei
secoli di costruire la città dell’uomo a immagine della Città di Dio. In terra di
Toscana, la comunità aretina si è infatti distinta molte volte nella storia per il
senso di libertà e la capacità di dialogo tra componenti sociali diverse. Venendo
per la prima volta fra di voi, il mio augurio è che la Città sappia sempre far fruttificare
questa preziosa eredità.
Nei secoli passati la Chiesa che è in Arezzo è stata
arricchita ed animata da molteplici espressioni della fede cristiana, tra cui la più
alta è quella dei Santi. Penso, in particolare, a san Donato, il vostro Patrono, la
cui testimonianza di vita, che affascinò la cristianità del Medioevo, è ancora attuale.
Egli fu evangelizzatore intrepido, perché tutti si liberassero dagli usi pagani e
ritrovassero nella Parola di Dio la forza per affermare la dignità di ogni persona
e il vero senso della libertà. Attraverso la sua predicazione ricondusse all’unità
con la preghiera e l’Eucaristia i popoli per i quali fu Vescovo. Il calice infranto
e ricomposto da san Donato, di cui parla san Gregorio Magno(cfr Dialoghi
I, 7, 3), è immagine dell’opera pacificatrice svolta dalla Chiesa dentro la società,
per il bene comune. Così attesta di voi san Pier Damiani e con lui la grande tradizione
Camaldolese che da mille anni, dal Casentino, offre la sua ricchezza spirituale a
questa Chiesa diocesana e alla Chiesa universale.
Nella vostra Cattedrale è
sepolto il beato Gregorio X, Papa, quasi a mostrare, nella diversità dei tempi e delle
culture, la continuità del servizio che la Chiesa di Cristo intende rendere al mondo.
Egli, sostenuto dalla luce che veniva dai nascenti Ordini Mendicanti, da teologi e
Santi, tra cui san Tommaso d’Aquino e san Bonaventura da Bagnoregio, si misurò con
i grandi problemi del suo tempo: la riforma della Chiesa; la ricomposizione dello
scisma con l’Oriente cristiano, che tentò di realizzare con il Concilio di Lione;
l’attenzione per la Terra Santa; la pace e le relazioni tra i popoli – egli fu il
primo in Occidente ad avere uno scambio di ambasciatori con il Kublai Khan della Cina.
Cari
amici! La prima Lettura ci ha presentato un momento importante in cui si manifesta
proprio l’universalità del Messaggio cristiano e della Chiesa: san Pietro, nella casa
di Cornelio, battezzò i primi pagani. Nell’Antico Testamento Dio aveva voluto che
la benedizione del popolo ebreo non rimanesse esclusiva, ma fosse estesa a tutte le
nazioni. Sin dalla chiamata di Abramo aveva detto: «In te si diranno benedette tutte
le famiglie della terra» (Gen 12,3). E così Pietro, ispirato dall’alto, capisce
che «Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia,
a qualunque nazione appartenga» (At 10,34-35). Il gesto compiuto da Pietro
diventa immagine della Chiesa aperta all’umanità intera. Seguendo la grande tradizione
della vostra Chiesa e delle vostre Comunità, siate autentici testimoni dell’amore
di Dio verso tutti!
Ma come possiamo noi, con la nostra debolezza, portare
questo amore? San Giovanni, nella seconda Lettura, ci ha detto con forza che la liberazione
dal peccato e dalle sue conseguenze non è nostra iniziativa, è di Dio. Non siamo stati
noi ad amare Lui, ma è Lui che ha amato noi e ha preso su di sé il nostro peccato
e lo ha lavato con il sangue di Cristo. Dio ci ha amato per primo e vuole che entriamo
nella sua comunione di amore, per collaborare alla sua opera redentrice.
Nel
brano del Vangelo è risuonato l’invito del Signore: «Vi ho costituiti perché andiate
e portiate frutto e il vostro frutto rimanga» (Gv 15,16). E’ una parola rivolta
in modo specifico agli Apostoli, ma, in senso lato, riguarda tutti i discepoli di
Gesù. La Chiesa, noi tutti, siamo inviati nel mondo per portare il Vangelo e la salvezza.
Ma l’iniziativa è sempre di Dio, che chiama ai molteplici ministeri, perché ognuno
svolga la propria parte per il bene comune. Chiamati al sacerdozio ministeriale, alla
vita consacrata, alla vita coniugale, all’impegno nel mondo, a tutti è chiesto di
rispondere con generosità al Signore, sostenuti dalla sua Parola che ci rasserena:
«Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (ibidem).
Cari amici!
Conosco l’impegno della vostra Chiesa nel promuovere la vita cristiana. Siate fermento
nella società, siate cristiani presenti, intraprendenti e coerenti. La Città di Arezzo
riassume, nella sua storia plurimillenaria, espressioni significative di culture e
di valori. Tra i tesori della vostra tradizione, c’è la fierezza di un’identità cristiana,
testimoniata da tanti segni e da devozioni radicate, come quella per la Madonna del
Conforto. Questa terra, dove nacquero grandi personalità del Rinascimento, da Petrarca
a Vasari, ha avuto parte attiva nell’affermazione di quella concezione dell’uomo che
ha inciso sulla storia d’Europa, facendo forza sui valori cristiani. In tempi anche
recenti, appartiene al patrimonio ideale della città quanto alcuni tra i suoi figli
migliori, nella ricerca universitaria e nelle sedi istituzionali, hanno saputo elaborare
sul concetto stesso di civitas, declinando l’ideale cristiano dell’età comunale
nelle categorie del nostro tempo. Nel contesto della Chiesa in Italia, impegnata in
questo decennio sul tema dell’educazione, dobbiamo chiederci, soprattutto nella Regione
che è patria del Rinascimento, quale visione dell’uomo siamo in grado di proporre
alle nuove generazioni. La Parola di Dio che abbiamo ascoltato è un forte invito a
vivere l’amore di Dio verso tutti, e la cultura di queste terre ha, tra i suoi valori
distintivi, la solidarietà, l’attenzione ai più deboli, il rispetto della dignità
di ciascuno. L’accoglienza, che anche in tempi recenti avete saputo dare a quanti
sono venuti in cerca di libertà e di lavoro, è ben nota. Essere solidali con i poveri
è riconoscere il progetto di Dio Creatore, che ha fatto di tutti una sola famiglia.
Certo, anche la vostra Provincia è fortemente provata dalla crisi economica.
La complessità dei problemi rende difficile individuare le soluzioni più rapide ed
efficaci per uscire dalla situazione presente, che colpisce specialmente le fasce
più deboli e preoccupa non poco i giovani. L’attenzione agli altri, fin da secoli
remoti, ha mosso la Chiesa a farsi concretamente solidale con chi è nel bisogno, condividendo
risorse, promuovendo stili di vita più essenziali, contrastando la cultura dell’effimero,
che ha illuso molti, determinando una profonda crisi spirituale. Questa Chiesa diocesana,
arricchita dalla testimonianza luminosa del Poverello di Assisi, continui ad essere
attenta e solidale verso chi si trova nel bisogno, ma sappia anche educare al superamento
di logiche puramente materialistiche, che spesso segnano il nostro tempo, e finiscono
per annebbiare proprio il senso della solidarietà e della carità.
Testimoniare
l’amore di Dio nell’attenzione agli ultimi si coniuga anche con la difesa della vita,
dal suo primo sorgere al suo termine naturale. Nella vostra Regione l’assicurare a
tutti dignità, salute e diritti fondamentali viene giustamente sentito come un bene
irrinunciabile. La difesa della famiglia, attraverso leggi giuste e capaci di tutelare
anche i più deboli, costituisca sempre un punto importante per mantenere un tessuto
sociale solido e offrire prospettive di speranza per il futuro. Come nel Medioevo
gli statuti delle vostre città furono strumento per assicurare a molti i diritti inalienabili,
così anche oggi continui l’impegno per promuovere una Città dal volto sempre più umano.
In questo, la Chiesa offre il suo contributo perché l’amore di Dio sia sempre accompagnato
da quello del prossimo.
Cari fratelli e sorelle! Proseguite il servizio a
Dio e all’uomo secondo l’insegnamento di Gesù, il luminoso esempio dei vostri Santi
e la tradizione del vostro popolo. In questo compito vi accompagni e vi sostenga sempre
la materna protezione della Madonna del Conforto, da voi tanto amata e venerata. Amen!
(FINE)