Al-Qaeda rivendica gli attentati di Damasco. Il nunzio: cappa di piombo sulla capitale
Ad oltre un mese dall’inizio ufficiale del cessate il fuoco, non si fermano le violenze
in Siria. Secondo l’Osservatorio siriano dei diritti dell’uomo questa mattina le truppe
governative hanno ucciso nove persone nella regione di Hama, ferendone altre 18. Un
gruppo terroristico legato ad al-Qaeda ha rivendicato il doppio attentato di giorni
fa a Damasco, che ha fatto almeno 55 morti e quasi 400 feriti. Con una nota sul web,
il Fronte al-Nusra afferma che l’attacco è “un atto di rappresaglia contro il massacro
dei sunniti attuato dal regime”. E ieri sera almeno una persona è morta nell’attentato
portato a termine contro la sede del partito governativo Baath ad Aleppo. Escalation
di violenze che non risparmia la minoranza cristiana: un parroco cattolico è stato
aggredito in una Chiesa di Qara, e in un villaggio nella provincia di Hama bande armate
hanno espulso tutte le famiglie cristiane. Ieri il direttore della Sala Stampa vaticana,
padre Federico Lombardi, ha espresso la vicinanza del Papa al popolo siriano all’indomani
dei gravi attentati di giovedì. Adriana Masotti ha sentito il nunzio apostolico
a Damasco, mons. Mario Zenari:
R. – Il Santo
Padre, costantemente informato sulla crisi e il dolore del popolo siriano, ha espresso
più volte questa vicinanza sia negli appelli fatti all’Angelus, sia nei messaggi –
natalizio e pasquale – e in altre occasioni. Il Papa è vicino a questa gente che soffre
e rinnova ancora l’appello pressante a risolvere questa crisi attraverso il dialogo
e, come condizione, prima di tutto, fa un appello forte alla cessazione della violenza.
Purtroppo vediamo i villaggi siriani continuamente insanguinati e, purtroppo, come
si sa, questo sangue chiama altro sangue. Quindi occorre rompere, ma decisamente,
con l’aiuto della comunità internazionale, rompere questa spirale della violenza.
Purtroppo questa carneficina ha gettato tutti nel dolore e nella costernazione, perché
non si sa più cosa pensare. C’è veramente un’aria, una cappa di piombo che pesa su
Damasco. Vogliamo sperare che la comunità internazionale, anche dopo questo triste
episodio, prenda ancora più decisamente in mano la situazione e appoggi quella che
per il momento è la soluzione più opportuna: il piano di Kofi Annan.
D. – Nella
dichiarazione della Sala Stampa vaticana si dice che questi ultimi attentati dovrebbero
spingere tutti ad un rafforzato impegno nel dare attuazione al piano Annan, e anche
lei sottolinea che questo piano è l’ultima spiaggia, l’ultima ancora di salvezza...
R.
– Io direi, prima di tutto, che la comunità internazionale non lasci cadere le braccia.
Si nota alle volte un po’ di stanchezza qua e là. Certi Stati hanno i loro problemi,
hanno le elezioni, hanno problemi finanziari e può succedere che, alle volte, questo
slancio di sostegno venga meno. Direi che questo è il momento di non demordere da
parte della comunità internazionale e di riprendere lo sforzo, perché purtroppo credo
che la Siria da sola non potrà uscire da questa crisi. Questo piano di Kofi Annan
sinora è un piano che può dare una certa speranza di successo, perché è sottoscritto
da entrambe le parti in conflitto, essendo sigillato dalla comunità internazionale
e dal Consiglio di Sicurezza. Quindi ci si dovrebbe aggrappare ad esso – le parti
in conflitto e tutti quanti – affinché abbia un certo successo o almeno si possa cominciare
a vedere qualche passo nella cessazione della violenza e a portare le parti al tavolo
dei negoziati.
D. – Sappiamo che in Siria continuano ad arrivare armi. Fermare
questo commercio potrebbe già portare a qualche risultato...
R. – Anche qui
la comunità internazionale deve sentirsi impegnata a fermare un eventuale traffico
di armi, perché è chiaro che se arrivano le armi, arriva la violenza e quindi arriva
il sangue. Bisogna cercare quindi una soluzione negoziata di questo conflitto. Vorrei
anche chiudere, per non finire sotto questa cappa di piombo sotto la quale viviamo
in questi giorni, dicendo che bisogna cercare la speranza cristiana. Siamo nella città
di Damasco, la città dove il giovane Saulo è stato convertito dalla luce di Dio. Dobbiamo
avere fiducia in un’arma che è molto potente e che è l’arma della preghiera, l’arma
della grazia di Dio: che possa toccare il cuore di tanta gente, di tanti persecutori
dell’immagine di Cristo, perché ogni uomo porta in sé l’immagine di Dio. Quindi, che
con quest’arma della preghiera, la comunità cristiana possa ottenere questa grazia
del Signore: la conversione di coloro che trafficano armi, che hanno progetti di sterminio,
di persecuzione e che possano sentire questa voce di Dio “Perché mi perseguiti?” In
fondo, ogni uomo, ogni donna, ogni bambino porta questa immagine di Dio, che deve
essere rispettata al massimo.