La Merkel ribadisce: "no" agli eurbond. L'opinione di Alberto Quadrio Curzio
Per Bruxelles, l'austerità “non è negoziabile”, neppure per quanto riguarda la Grecia.
Il messaggio è stato lanciato ieri dal presidente della Commissione Europea Barroso,
convinto che Atene debba rispettare i patti o, semplicemente, “uscire dal club” dell'euro.
A questo punto il Paese Ellenico si potrebbe salvare solo se avesse un Governo di
coalizione stabile; a tentare di formarlo è da ieri il capo del Pasok Venizelos; un
terzo tentativo, dopo quelli dei Leader di Nuova Democrazia, e della Sinistra Radicale,
entrambi falliti.
E la crisi economica è al centro del dibattito in tutta
l’Europa, dove si continua a parlare della necessità di crescita. Insieme al risanamento
dei conti pubblici, bisogna incrementare la crescita nell'area dell'euro, attuando
riforme strutturali incisive, ha detto la Banca centrale europea nel suo bollettino
mensile. Intanto, il cancelliere tedesco Angela Merkel torna a opporsi agli eurobond.
ma perché nell’eurozona non si riesce ad avviare un processo stabile mirato allo sviluppo
e alla crescita? Debora Donnini lo ha chiesto all’economista, Alberto Quadrio Curzio:
R. - Non si riesce
a fare per la ragione primaria che l’Europa è priva di un indirizzo di politica economica
unitario, espressione, quantomeno, dei 17 Paesi dell’area euro. Questo rende l’Europa
molto esposta all’operatività dei mercati finanziari e rende ancor più fragili i Paesi
con un debito pubblico sul reddito nazionale alto, come l’Italia, che continua a essere
in difficoltà, avendo un differenziale di tasso di interesse sui titoli tedeschi di
quattro punti percentuali. Crescita sì, bisogna farla, è essenzial. Ma bisogna anche
valutare bene quale crescita fare, perché altrimenti non si uscirà da questa situazione.
D.
- La Merkel ha ribadito il "no" agli eurobond. Una misura, invece, caldeggiata da
molti, fra cui il neopresidente francese Hollande. Questa misura aiuterebbe l’Europa?
R.
- A mio avviso, è essenziale un intervento a scala europea per favorire i grandi investimenti.
Quando una recessione è così marcata - e soprattutto è basata sulla scarsezza di fiducia
che gli operatori hanno e in giro per il mondo si ha nei confronti dell’Europa - non
si esce rilanciando semplicemente la domanda di consumo. Quando non c’è fiducia, bisogna
rilanciare l’occupazione e con l’occupazione i redditi, e con essi i consumi.
D.
- Gli eurobond in che senso potrebbero aiutare, darebbero stabilità?
R. - Gli
eurobond dovrebbero servire a due finalità. Da un lato, raccogliere su scala mondiale
risparmio - e ce n’è tantissimo - che va in prevalenza verso gli Stati Uniti e la
Germania. Lo scopo degli eurobond sarebbe raccogliere risparmio su scala mondiale
in modo tale da rilevare una parte dei debiti pubblici nazionali. Sarebbe a dire:
comunitarizzare una parte dei debiti pubblici nazionali. Questo ridurrebbe enormemente
l’aggressività dei mercati finanziari contro singoli Stati. In secondo luogo, una
parte di questo risparmio, raccolto con l’emissione di eurobond - che sono obbligazioni
europee - dovrebbe andare a finanziare progetti di investimento europei, in particolare
le grandi reti infrastrutturali che hanno una forte capacità moltiplicativa sull’occupazione.
D.
- Monti ha proposto che, per i prossimi tre anni, gli investimenti per la "broad band"
o l’agenda digitale non vengano contati ai fini del "fiscal compact". Questo può aiutare
la crescita?
R. - Qualche effetto positivo può certamente averlo. Difficile
calcolare l’effetto occupazionale che tutto ciò possa generare. Personalmente, credo
che se si riuscisse a ottenere una qualche deroga al "fiscal compact" sarebbe meglio
andare a individuare dei beneficiari di queste deroghe, che siano più diffusi sul
territorio, in modo tale da rilanciare un po’ la crescita. Faccio un esempio: quando,
nel 1997, fu opportuno rilanciare un po’ la crescita e far emergere il sommerso e
l’evasione, fu presa una misura molto opportuna che rimane tutt’ora - anche se molto
attenuata - che è quella del credito d’imposta, o meglio della detrazione sui lavori
di ristrutturazione edilizia. Quelle sono delle misure che hanno degli effetti più
istantanei e che, in un contesto come quello italiano, che inizia a soffrire la disoccupazione,
soprattutto quella giovanile, potrebbero avere dei buoni risultati.