Siria: due nuovi attentati a Damasco. Decine le vittime
Due potenti esplosioni, probabilmente autobombe, hanno scosso stamani la capitale
siriana. Due alte colonne di fumo, stando a quanto riferito dai giornalisti presenti
a Damasco si levano dal centro della città, già colpita nei giorni scorsi da una serie
di attentati. Almeno 40 i morti e 170 i feriti. Gravi danni anche alla vicina cattedrale
melkita e ad altri edifici. Intanto, cresce la protesta internazionale per l’attacco
dinamitardo contro gli osservatori Onu diretti a Daraa nel sud del paese. Il servizio
di Marina Calculli:
Ma sentiamo
subito la testimonianza dal luogo degli attentati di stamani a Damasco la testimonianza
del collega Cristian Tinazzi, free lance che si trova in Siria, intervistato
da Giancarlo La Vella:
R. - E’ uno
scenario terrificante, che ricorda gli attentati dinamitardi in Iraq. C’è un’arteria
di grande traffico che è stata colpita, di fronte ad una caserma: l’esplosione, che
deve essere stata di notevoli proporzioni, anzi, le molteplici esplosioni che si sono
sentite fortissimo questa mattina, verso le 7.30, 7.45 - hanno provocato decine di
morti. Su questa strada, che è molto trafficata ed è una delle arterie che porta dentro
e fuori Damasco, c’erano decine di mezzi che stavano passando, tra cui camion e autobus
che trasportavano civili. Per quanto riguarda le vittime, si parla anche di molti
bambini: l’esplosione ha colpito anche un palazzo, sventrandolo.
D. - Si sta
cercando di capire chi possa esserci dietro questi attentati, che stanno mutando non
poco lo scenario politico in Siria…
R. - Sì, certo. Il governo accusa l’esercito
di liberazione siriano e quest’ultimo rimpalla la responsabilità al governo, ma è
evidente che c’è sotto qualcos’altro, in questa situazione. C’è stato un salto di
livello nella violenza e si è passati da 48 ore alle bombe e agli attacchi ai militari.
Qui è pieno di folla che sta scandendo slogan pro-governativi. Comunque si suppone
possano esserci infiltrazioni di jihadisti, o comunque di gruppi terroristici, che
compiono attentati di questo tipo. L’attentato di oggi è davvero incredibile, non
era mai accaduto, prima, un attentato del genere qui in Siria. Forse si tratta di
una risposta alle parole dette ieri dal generale Mood, il quale, dopo l’attacco al
convoglio Onu, aveva appunto affermato che chiunque pensa di risolvere la situazione
portando più bombe, più violenza e più caos, ha sbagliato strada. L’unica via è il
piano in sei punti delle Nazioni Unite e quello devono seguire i siriani, perché solo
a loro tocca decidere la sorte del Paese.
D. - Possiamo dire che, dopo le ultime
48 ore, in Siria, è ufficialmente iniziata la guerra civile?
R. - Gran parte
del Paese è ormai militarizzata e anche gli attentati che vengono commessi - come
quello avvenuti ieri - sono fatti da persone esperte e non più da civili che si organizzano
in maniera approssimativa, armandosi, per poter resistere alla repressione del regime.
Questo segnale, purtroppo, è molto inquietante e quello che tutti non sperano - l’inizio
di una vera e propria guerra civile in tutto il Paese - potrebbe invece avverarsi.
In
questo scenario, il Paese aspetta i risultati ufficiali delle elezioni parlamentari
di lunedì. Consultazioni salutate con favore da Damasco e giudicate una farsa dall’opposizione.
Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Alberto Ventura,
docente di Storia dei Paesi Islamici all'Università di Cosenza:
R. – E’ chiaro
che, in questo clima, le elezioni hanno dei significati che non possono essere considerati
come nelle situazioni di normale democrazia. I dati sull’affluenza sono incerti: da
una parte abbiamo visto la rappresentazione tipica del regime, che ci ha mostrato
file e code piuttosto sostenute davanti ai seggi elettorali; dall’altra l’opposizione
ribadisce che - soprattutto nelle città ribelli e martoriate dalla repressione del
governo – i seggi sono andati praticamente deserti. Naturalmente non lo sapremo ancora
per qualche giorno e poi dovremo verificare se i dati elettorali che ci verranno forniti
saranno effettivi, credibili o meno. Questo per quanto riguarda la situazione interna
del Paese. Direi però che, ancor di più, le elezioni siriane si presentano in realtà
come un puzzle internazionale: al di là dell’esito di questi seggi, di chi sarà eletto
con queste elezioni, la situazione è sempre più in mano a forze internazionali.
D.
– Sulla situazione incideranno anche le elezioni russe e quelle francesi?
R.
– Le elezioni presidenziali in Francia o la riconferma di Putin in Russia possono
influire notevolmente sulla situazione e sembrerebbero rafforzare, in un certo senso,
anche il regime che aveva – da una parte – in Putin un amico e – dall’altra – in Sarkozy
un nemico e che quindi potrebbe giovarsi di questa situazione.
D. – Poi c’è
il ruolo che hanno Iran e Turchia?
R. – Sono i due nuovi attori emergenti nell’ambito
del Medio Oriente, che stanno sostituendo ormai un mondo arabo completamente in crisi,
una Lega Araba che non ha più nessun potere. La Siria, in questo scacchiere, è uno
degli elementi più importanti per il futuro Medio Oriente.
D. – Kofi Annan
ribadisce: i trecento osservatori arriveranno entro fine mese. Secondo lei è verosimile
un intervento armato nella regione? Quali saranno gli scenari che si apriranno?
R.
– Io credo che si confermi un po’ la situazione attuale. La Siria, come sappiamo,
non dispone di risorse petrolifere o di altro tipo di risorse tali che possano spingere
la Comunità internazionale a interventi decisi. Rimane in una situazione di stallo,
in cui si fa un gioco diplomatico abbastanza logorante e nel quale sembra che nessun
attore – finora – abbia voluto prendere una posizione decisa. E’ vero che si dice
– anche se credo non sia reale – che la Turchia si preparerebbe addirittura ad un
intervento militare… Non credo che la questione possa essere risolta in questa maniera.
Io credo sostanzialmente che un dato sia acquisito e cioè l’uscita del mondo arabo
propriamente detto dallo scacchiere del Medio Oriente. Non che naturalmente gli arabi
siano scomparsi, ma certamente hanno perduto talmente tanta della loro possibile influenza;
le divisioni interne hanno dimostrato grande debolezza e ormai le decisioni che riguarderanno
i futuri assetti del Medio Oriente – almeno a medio termine – sono nelle mani di nazioni,
di potenze che sono completamente al di fuori dell’area.
D. – Poi rimane il
problema dei profughi e delle vittime: molte le denunce, ma non sembra che si prenda
in considerazione la creazione di un corridoio umanitario…
R. – Un fatto gravissimo!
Qui siamo attorno ai 10 mila morti e nessuno si muove, nessuno si scandalizza: non
c’è una presa di coscienza veramente forte, come è avvenuta invece in altri casi.
Mi ricorda un po’ la situazione dell’Algeria, dove siamo dovuti arrivare a 100 mila
morti prima che si muovesse qualcosa e anche lì non in maniera particolarmente decisa.
Insomma ai nostri confini praticamente, al di là del mare, abbiamo situazioni di vere
e proprie tragedie umanitarie, alcune delle quali - se non passano del tutto sotto
silenzio - sono minimizzate!