La Merkel ribadisce: "no" agli eurbond. L'opinione di Alberto Quadrio Curzio
Si continua a parlare in Europa della necessità di crescita. Assieme al risanamento
dei conti pubblici, bisogna incrementare la crescita nell'area dell'euro attuando
riforme strutturali incisive, dice la Banca centrale europea (Bce). Per l’economia
dell’eurozona è previsto un graduale recupero, ma resta incertezza e la disoccupazione
continuerà a peggiorare. Oggi, poi, il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha ribadito
il “no” agli eurobond e di volere una crescita ma non finanziata con i prestiti. Anche
il premier italiano, Mario Monti, parla di necessità di crescita perché altrimenti
non si riuscirà a mantenere la stabilità della finanza. Perché questa crescita stenta
a decollare? Debora Donnini lo ha chiesto ad Alberto Quadrio Curzio,
professore di Economia all’Università cattolica di Milano:
R. - Non si
riesce a fare per la ragione primaria che l’Europa è priva di un indirizzo di politica
economica unitario, espressione, quantomeno, dei 17 Paesi dell’area euro. Questo rende
l’Europa molto esposta all’operatività dei mercati finanziari e rende ancor più fragili
i Paesi con un debito pubblico sul reddito nazionale alto, come l’Italia, che continua
a essere in difficoltà, avendo un differenziale di tasso di interesse sui titoli tedeschi
di quattro punti percentuali. Crescita sì, bisogna farla, è essenzial. Ma bisogna
anche valutare bene quale crescita fare, perché altrimenti non si uscirà da questa
situazione.
D. - La Merkel ha ribadito il "no" agli eurobond. Una misura, invece,
caldeggiata da molti, fra cui il neopresidente francese Hollande. Questa misura aiuterebbe
l’Europa?
R. - A mio avviso, è essenziale un intervento a scala europea per
favorire i grandi investimenti. Quando una recessione è così marcata - e soprattutto
è basata sulla scarsezza di fiducia che gli operatori hanno e in giro per il mondo
si ha nei confronti dell’Europa - non si esce rilanciando semplicemente la domanda
di consumo. Quando non c’è fiducia, bisogna rilanciare l’occupazione e con l’occupazione
i redditi, e con essi i consumi.
D. - Gli eurobond in che senso potrebbero
aiutare, darebbero stabilità?
R. - Gli eurobond dovrebbero servire a due finalità.
Da un lato, raccogliere su scala mondiale risparmio - e ce n’è tantissimo - che va
in prevalenza verso gli Stati Uniti e la Germania. Lo scopo degli eurobond sarebbe
raccogliere risparmio su scala mondiale in modo tale da rilevare una parte dei debiti
pubblici nazionali. Sarebbe a dire: comunitarizzare una parte dei debiti pubblici
nazionali. Questo ridurrebbe enormemente l’aggressività dei mercati finanziari contro
singoli Stati. In secondo luogo, una parte di questo risparmio, raccolto con l’emissione
di eurobond - che sono obbligazioni europee - dovrebbe andare a finanziare progetti
di investimento europei, in particolare le grandi reti infrastrutturali che hanno
una forte capacità moltiplicativa sull’occupazione.
D. - Monti ha proposto
che, per i prossimi tre anni, gli investimenti per la "broad band" o l’agenda digitale
non vengano contati ai fini del "fiscal compact". Questo può aiutare la crescita?
R.
- Qualche effetto positivo può certamente averlo. Difficile calcolare l’effetto occupazionale
che tutto ciò possa generare. Personalmente, credo che se si riuscisse a ottenere
una qualche deroga al "fiscal compact" sarebbe meglio andare a individuare dei beneficiari
di queste deroghe, che siano più diffusi sul territorio, in modo tale da rilanciare
un po’ la crescita. Faccio un esempio: quando, nel 1997, fu opportuno rilanciare un
po’ la crescita e far emergere il sommerso e l’evasione, fu presa una misura molto
opportuna che rimane tutt’ora - anche se molto attenuata - che è quella del credito
d’imposta, o meglio della detrazione sui lavori di ristrutturazione edilizia. Quelle
sono delle misure che hanno degli effetti più istantanei e che, in un contesto come
quello italiano, che inizia a soffrire la disoccupazione, soprattutto quella giovanile,
potrebbero avere dei buoni risultati.