Cristiani in Africa e Medio Oriente a un anno dalla "primavera araba". Intervista
con padre Pizzaballa
“I cristiani nel mondo arabo, un anno dopo la primavera araba”, questo il titolo del
Seminario di Studio svoltosi a Bruxelles e promosso, tra gli altri, dalla Comece.
Un importante momento di confronto, focalizzato sui riflessi che i sommovimenti politici
in atto in alcuni Paesi arabi stanno avendo sulle comunità cristiane locali. Durante
l’incontro, è intervenuto anche padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra
Santa, il quale ha sottolineato che “non bisogna generalizzare, mostrando paura o
gioia, né tantomeno attendersi un cambiamento istantaneo”. Salvatore Sabatino
lo ha intervistato:
R. – Il mondo
arabo per 40 anni ha vissuto in una sorta di "status quo" che è finito e adesso non
si può pretendere, dopo 40 anni di immobilismo, che ci siano passaggi veloci, rapidi,
a una nuova situazione. Richiederà molto tempo e anche situazioni difficili di incomprensione
e di tensione, questo è inevitabile. Detto questo, ci sono problemi, ci sono anche
molte possibilità di cooperazione e bisogna semplicemente, con molto realismo, guardare
alla realtà senza panico e rimboccarsi le maniche.
D. – La chiave di volta
di tutto questo è ovviamente il dialogo che, lei dice, non è solo sui temi di fede
ma anche sui temi di vita, che riguardano la quotidianità...
R. – Il dialogo
va impiantato soprattutto sui problemi di vita, perché sulla questione di fede, tra
noi e l’islam, ad esempio, non credo che ci sia molto da dire. Forse, tra qualche
tempo si potrà fare ma adesso no. Adesso bisogna puntare sul dialogo, soprattutto
tra le comunità religiose, che deve poi influire sull’aspetto civile, sugli aspetti
comuni, non solo per quanto riguarda la pace in maniera generica, ma anche sulla questione
diritto e lavoro, uguaglianza uomo-donna, la piena cittadinanza, la questione della
giustizia… Sono tutti temi che coinvolgono oggi la vita delle comunità che stavano
riscrivendo le costituzioni, è bene che il dialogo sia su queste cose concrete e non
su principi teorici che non toccano la vita di nessuno.
D. – Padre Pizzaballa,
lei ha anche sottolineato che non ci sono ovviamente solo persecuzioni, ma esempi
virtuosi di dialogo con i religiosi musulmani…
R. - E questo è il nostro punto
di partenza, non abbiamo alternative, dobbiamo essere in dialogo e costruire un dialogo,
soprattutto con i leader, in modo da influire sulla formazione anche del pensiero,
un poco alla volta.
D. – Rispetto a questa situazione estremamente fluida che
sta vivendo il Medio Oriente dopo la "primavera araba", qual è il rischio concreto
per i cristiani che vivono in quelle realtà?
R. – Il rischio è anche qui di
polarizzarsi, di rinchiudersi a riccio, dicendo: prima stavamo peggio, prima eravamo
più protetti, e quindi condannando tutti cambiamenti. Oppure, dire che va tutto bene
e che non ci sono problemi. E’ importante che la comunità cristiana partecipi alla
vita pubblica con un sereno spirito critico. Sereno ma anche critico: non fingere
cioè che non ci siano problemi, ma nemmeno lasciarsi spaventare dai problemi ed anzi
entrarci dentro.
D. – La terribile situazione che sta vivendo la Siria in questo
periodo, così come i sommovimenti che stanno avvenendo in Egitto, la situazione in
Libia che abbiamo visto negli scorsi mesi, hanno di fatto oscurato mediaticamente
la difficile situazione che si vive anche sul fronte israelo-palestinese, che poi
è la realtà che lei vive da oltre 20 anni. Qui qual è la situazione dei cristiani?
R.
- Paradossalmente, la Terra Santa, che è considerata il cuore del conflitto del Medio
Oriente, oggi è più calma. Non serena ma calma, perché il mondo attorno a noi sta
prendendo fuoco e invece in Terra Santa – Israele e Palestina – la situazione è ferma
e quindi si sta un po’ "incancrenendo". I cristiani vivono inseriti in un’attesa perenne
di un accordo che onestamente non si vede molto all’orizzonte.
D. – Il nuovo
governo israeliano potrà di fatto aiutare a sbloccare questa situazione?
R.
– Dubito. Credo che il nuovo governo abbia altre priorità, non questa. Abbiamo visto
che in questi anni questo governo è stato molto tiepido nel rapporto con i palestinesi
e non credo che sia nella loro agenda – spero di sbagliare! – un accordo con i palestinesi.
Credo che si dovrà attendere ancora un tempo molto lungo prima che la situazione si
sblocchi veramente.
D. - Vuole lanciare un appello, padre Pizzaballa?
R.
– Innanzitutto di non spaventarsi, di venire in Terra Santa, perché è importante venire
e vedere che tutto sommato la situazione non è così drammatica, soprattutto per la
sicurezza dei pellegrini. Poi, guardare sempre con attenzione a quello che avviene
nel Medio Oriente perché ci riguarda: l’Europa e il Medio Oriente sono sempre stati
storicamente, oltre che economicamente, anche culturalmente legati. Quindi, il mio
appello che è che l’attenzione verso il Medio Oriente non segua gli interessi mediatici,
ma sia continua nel tempo.