2012-05-09 08:33:53

Supplica di Pompei. Mons. Fisichella: "Siamo in crisi perchè abbiamo messo da parte Dio"


“Siamo in una drammatica crisi di fede, una profonda e grave crisi di fede, che inizia proprio da noi, perché se il mondo non crede, probabilmente è anche perché la nostra testimonianza non è così forte e convinta come dovrebbe essere”. Lo ha detto, ieri mattina, a Pompei, mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, nell’omelia della messa che ha preceduto la supplica alla Beata Vergine del Rosario. Per il vescovo, “siamo caduti nella trappola della cultura di questo mondo, non riescono più a riconoscere i figli di Dio, e di questo dobbiamo assumerci la responsabilità”. Per mons. Fisichella, “se anche noi non crediamo, ad esempio, nell’amore del matrimonio, non crediamo più che veramente può esserci un futuro, che possiamo ancora ricercare e vivere nella Verità”, “se anche noi che abbiamo queste certezze non le viviamo nella nostra vita, la crisi di fede diventerà sempre più profonda”. Occorre “una nuova evangelizzazione, recuperare la nostra fede, convincerci che l’assenza di Dio è un dramma nell’uomo”. “Nessuno di noi - ha osservato - ha mai vissuto una crisi così profonda, una crisi economica, finanziaria, antropologica, economica. L’uomo è in crisi, ha paura, non ha più un futuro davanti a sé”. “Non abbiamo mai vissuto una crisi così profonda proprio perché abbiamo messo Dio in disparte nella nostra vita. Riprendiamo coraggio!”, è stato l’invito di mons. Fisichella. Ricordando le parole di un filosofo del 1800, Søren Kierkegaard – riferisce l’agenzia Sir - il presidente del Pontificio Consiglio ha evidenziato che “il martirio dei nostri giorni” è “il metterci in ridicolo, l’essere trattati come cittadini di serie B, noi che abbiamo portato con la nostra storia il progresso, il farci passare per quelli che non vogliono il progresso. Noi che abbiamo portato la scienza, siamo considerati come quelli che sono contro la conquista scientifica, mentre noi vogliamo solo che la conquista scientifica abbia ad essere regolata nell’uso che ne viene fatto, non nella conquista, ma nell’uso che non deve discriminare nessuno, perché davanti alla conquista della scienza non può esserci chi ne beneficia perché è ricco e chi rimane emarginato perché è povero”.

Ma qual è il significato storico della Supplica? Isabella Piro lo ha chiesto a mons. Carlo Liberati, arcivescovo prelato e delegato pontificio di Pompei:00:03:28:34

R. – La Supplica, che nasce nel 1883, dalla spiritualità di questo avvocato laico, Bartolo Longo, convertito alla fede dopo una giovinezza problematica e anche atea per qualche anno. Egli fonde praticamente nella preghiera, in questa invocazione accorata alla Madonna, non soltanto tutti i suoi problemi di uomo santo, ma di colui che, come tutti i Santi, rispecchia e vive la storia del suo tempo. Noi cristiani non dobbiamo essere spettatori di cronaca, ma dobbiamo essere costruttori di storia. Quindi, il significato storico della Supplica è avere interpretato la società e la Chiesa del suo tempo con una modernità di linguaggio sorprendente.

D. - Cosa ci insegna quindi questa preghiera a Maria?

R. – La mia sorpresa, in questo periodo di crisi economica e finanziaria, di mancanza di lavoro, di precariato, di incertezza sociale, è nel vedere che i pellegrini aumentano enormemente. Che cosa vengono a chiedere alla Madonna? Il coraggio, la forza di andare avanti, la sicurezza di trovare lavoro o chi, l’ha perduto, di ritrovarlo. La Supplica aiuta l’uomo, il credente del nostro tempo, a ritrovare la sua dimensione umana e come Bartolo Longo si abbandonava a Gesù per mezzo di Maria con una confidenza che ancora oggi ci sorprende per la sua freschezza spirituale, così fanno oggi i nostri fedeli. Quindi, la preghiera a Maria diventa il gesto di confidenza dei nostri contemporanei perché la Madonna ci ascolti e interpreti i problemi della nostra vita e ci indichi anche la strada per poterli superare. L’uomo oggi si sente solo, si sente anche abbandonato dalle istituzioni. La Supplica ci insegna che nella tenerezza dell’invocazione alla Madonna, noi la vogliamo coinvolgere assolutamente nei problemi della nostra vita.

D. – Come si collega la tradizione della Supplica alla pietà popolare?

R. - La pietà popolare è il nucleo non solo della storia della Chiesa, ma della Chiesa: non esiste la Chiesa senza pietà popolare. Cos’è la pietà popolare? È la folla dei fedeli che dicono di sì ogni giorno al Signore per mezzo di Maria e cercano di interpretare nella loro vita la volontà di Dio e di dire sì al Signore, che li chiama a portare avanti la vocazione di amore. La Supplica è dentro questa pietà popolare. Bartolo Longo scende nei problemi vivi della storia, della pietà popolare, e quindi diventa una "fotografia" dei credenti del nostro tempo. La Supplica fu anche chiamata dai Papi “l’Ora del mondo” perché in questa preghiera noi cogliamo la coscienza del nostro popolo, la pietà popolare. La Chiesa esiste perché c’è un popolo di Dio chiamato al Signore e dal Signore per mezzo di Maria che domanda il miracolo della fedeltà nei giorni difficili della vita.

D. – Molti pellegrini arrivano dall’estero: è segno che la Supplica alla Madonna di Pompei travalica i confini nazionali italiani?

R. – L’affetto alla Madonna di Pompei è universale, perché la Madonna di Pompei è il richiamo al Santo Rosario, quello che Bartolo Longo definisce nella Supplica “la catena dolce che ci unisce a Dio, il vincolo di amore che ci fa fratelli”. Attraverso il Rosario facciamo una somma, un riassunto di tutti i misteri della vita del Signore, e ci troviamo nelle braccia di Cristo - e lì ci ha condotti Maria - il Cristo vivente, vincente, capo della Chiesa, capo del Corpo mistico della Chiesa che siamo noi.







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