Supplica di Pompei. Mons. Fisichella: "Siamo in crisi perchè abbiamo messo da parte
Dio"
“Siamo in una drammatica crisi di fede, una profonda e grave crisi di fede, che inizia
proprio da noi, perché se il mondo non crede, probabilmente è anche perché la nostra
testimonianza non è così forte e convinta come dovrebbe essere”. Lo ha detto, ieri
mattina, a Pompei, mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per
la promozione della nuova evangelizzazione, nell’omelia della messa che ha preceduto
la supplica alla Beata Vergine del Rosario. Per il vescovo, “siamo caduti nella trappola
della cultura di questo mondo, non riescono più a riconoscere i figli di Dio, e di
questo dobbiamo assumerci la responsabilità”. Per mons. Fisichella, “se anche noi
non crediamo, ad esempio, nell’amore del matrimonio, non crediamo più che veramente
può esserci un futuro, che possiamo ancora ricercare e vivere nella Verità”, “se anche
noi che abbiamo queste certezze non le viviamo nella nostra vita, la crisi di fede
diventerà sempre più profonda”. Occorre “una nuova evangelizzazione, recuperare la
nostra fede, convincerci che l’assenza di Dio è un dramma nell’uomo”. “Nessuno di
noi - ha osservato - ha mai vissuto una crisi così profonda, una crisi economica,
finanziaria, antropologica, economica. L’uomo è in crisi, ha paura, non ha più un
futuro davanti a sé”. “Non abbiamo mai vissuto una crisi così profonda proprio perché
abbiamo messo Dio in disparte nella nostra vita. Riprendiamo coraggio!”, è stato l’invito
di mons. Fisichella. Ricordando le parole di un filosofo del 1800, Søren Kierkegaard
– riferisce l’agenzia Sir - il presidente del Pontificio Consiglio ha evidenziato
che “il martirio dei nostri giorni” è “il metterci in ridicolo, l’essere trattati
come cittadini di serie B, noi che abbiamo portato con la nostra storia il progresso,
il farci passare per quelli che non vogliono il progresso. Noi che abbiamo portato
la scienza, siamo considerati come quelli che sono contro la conquista scientifica,
mentre noi vogliamo solo che la conquista scientifica abbia ad essere regolata nell’uso
che ne viene fatto, non nella conquista, ma nell’uso che non deve discriminare nessuno,
perché davanti alla conquista della scienza non può esserci chi ne beneficia perché
è ricco e chi rimane emarginato perché è povero”.
Ma qual è il significato
storico della Supplica? Isabella Piro lo ha chiesto a mons. Carlo Liberati, arcivescovo
prelato e delegato pontificio di Pompei:00:03:28:34
R. – La Supplica,
che nasce nel 1883, dalla spiritualità di questo avvocato laico, Bartolo Longo, convertito
alla fede dopo una giovinezza problematica e anche atea per qualche anno. Egli fonde
praticamente nella preghiera, in questa invocazione accorata alla Madonna, non soltanto
tutti i suoi problemi di uomo santo, ma di colui che, come tutti i Santi, rispecchia
e vive la storia del suo tempo. Noi cristiani non dobbiamo essere spettatori di cronaca,
ma dobbiamo essere costruttori di storia. Quindi, il significato storico della Supplica
è avere interpretato la società e la Chiesa del suo tempo con una modernità di linguaggio
sorprendente.
D. - Cosa ci insegna quindi questa preghiera a Maria?
R.
– La mia sorpresa, in questo periodo di crisi economica e finanziaria, di mancanza
di lavoro, di precariato, di incertezza sociale, è nel vedere che i pellegrini aumentano
enormemente. Che cosa vengono a chiedere alla Madonna? Il coraggio, la forza di andare
avanti, la sicurezza di trovare lavoro o chi, l’ha perduto, di ritrovarlo. La Supplica
aiuta l’uomo, il credente del nostro tempo, a ritrovare la sua dimensione umana e
come Bartolo Longo si abbandonava a Gesù per mezzo di Maria con una confidenza che
ancora oggi ci sorprende per la sua freschezza spirituale, così fanno oggi i nostri
fedeli. Quindi, la preghiera a Maria diventa il gesto di confidenza dei nostri contemporanei
perché la Madonna ci ascolti e interpreti i problemi della nostra vita e ci indichi
anche la strada per poterli superare. L’uomo oggi si sente solo, si sente anche abbandonato
dalle istituzioni. La Supplica ci insegna che nella tenerezza dell’invocazione alla
Madonna, noi la vogliamo coinvolgere assolutamente nei problemi della nostra vita.
D.
– Come si collega la tradizione della Supplica alla pietà popolare?
R. - La
pietà popolare è il nucleo non solo della storia della Chiesa, ma della Chiesa: non
esiste la Chiesa senza pietà popolare. Cos’è la pietà popolare? È la folla dei fedeli
che dicono di sì ogni giorno al Signore per mezzo di Maria e cercano di interpretare
nella loro vita la volontà di Dio e di dire sì al Signore, che li chiama a portare
avanti la vocazione di amore. La Supplica è dentro questa pietà popolare. Bartolo
Longo scende nei problemi vivi della storia, della pietà popolare, e quindi diventa
una "fotografia" dei credenti del nostro tempo. La Supplica fu anche chiamata dai
Papi “l’Ora del mondo” perché in questa preghiera noi cogliamo la coscienza del nostro
popolo, la pietà popolare. La Chiesa esiste perché c’è un popolo di Dio chiamato al
Signore e dal Signore per mezzo di Maria che domanda il miracolo della fedeltà nei
giorni difficili della vita.
D. – Molti pellegrini arrivano dall’estero: è
segno che la Supplica alla Madonna di Pompei travalica i confini nazionali italiani?
R.
– L’affetto alla Madonna di Pompei è universale, perché la Madonna di Pompei è il
richiamo al Santo Rosario, quello che Bartolo Longo definisce nella Supplica “la catena
dolce che ci unisce a Dio, il vincolo di amore che ci fa fratelli”. Attraverso il
Rosario facciamo una somma, un riassunto di tutti i misteri della vita del Signore,
e ci troviamo nelle braccia di Cristo - e lì ci ha condotti Maria - il Cristo vivente,
vincente, capo della Chiesa, capo del Corpo mistico della Chiesa che siamo noi.