2012-05-09 14:38:43

Siria: esplode ordigno al passaggio del convoglio Onu


In Siria, un ordigno è esploso nel villaggio di Atman, nella provincia di Daraa, nel Sud del Paese al passaggio del convoglio della missione di osservatori Onu. Illeso il capo della missione, il generale norvegese Robert Mood che ha ribadito: "Così non si esce dalla crisi". Il Consiglio Nazionale Siriano, il principale blocco dell'opposizione anti-Assad ha accusato il regime di Damasco di aver organizzato l'esplosione, che ha ferito 8 militari. Nel convoglio anche un’auto di giornalisti sulla quale viaggiava il freelance Cristiano Tinazzi. Massimiliano Menichetti lo ha raggiunto telefonicamente subito dopo l’attentato:RealAudioMP3

R. – Ci stavamo dirigendo verso Daraa, con il convoglio delle Nazioni Unite, c’era anche il generale Mood: a pochi chilometri dall’entrata nel centro abitato, abbiamo superato un camion militare che si stava dirigendo – anch’esso – verso la città ed è esploso un ordigno - probabilmente un ordigno esplosivo improvvisato – che era sul ciglio della strada e che ha investito il camion militare, che poi ci ha superato a tutta velocità per portare i feriti in città. Fortunatamente non ci sono stati feriti gravi e tutti i giornalisti sono illesi.

D. – A quanti metri eravate dall’esplosione?

R. – Cinquanta metri dal camion e fisicamente anche la macchina si è alzata…

D. – Si è capito l’attentato contro chi era rivolto? Contro i militari? Contro il convoglio dell’Onu?

R. – Quasi sicuramente contro i militari, però chi ha detonato la bomba sapeva benissimo che in quel momento stava passando anche il convoglio e sapeva benissimo che c’erano anche tante altre macchine di civili che si stavano dirigendo verso Daraa e verso la frontiera con la Giordania. Questa è una zona molto trafficata.

D. – Perché stavate andando a Dara?

R. – Come ogni giorno, le Nazioni Unite vanno in diverse città dove sono dislocati gli osservatori per fare briefing e controllare la situazione sul terreno. Ieri siamo stati a Homs ed anche lì c’è una situazione tremenda: la città è disabitata, sembra una città fantasma, in alcuni quartieri si combatte ancora; anche mentre eravamo lì si sentivano colpi di mitra. Il generale Mood è voluto venire qui, perché voleva verificare sul terreno la situazione e voleva parlare con i suoi uomini.

D. – Il generale Mood ha tenuto la conferenza stampa subito dopo l’attentato: quali sono i tratti essenziali di questa informativa?

R. – Ha iniziato parlando della missione e ricordando che al momento sono 70 gli osservatori Onu presenti sul territorio siriano, ma che già da domani saranno 100. Ha detto che stanno facendo del loro meglio, di muoversi consultando la popolazione, l’esercito siriano, ma anche gli oppositori per cercare di far rispettare la tregua, perché non viene rispettata da ambo le parti. Ha dato poi un messaggio chiaro, ricordando che il destino del Paese è in mano ai siriani stessi e che chiunque – sia all’interno sia all’esterno del Paese – voglia risolvere la questione con bombe, con violenza e con attentati, ha sbagliato strada! Non è questa la via giusta per risolvere la situazione, ha detto. Ha ricordato anche che c’è ancora una possibilità per portare il Paese fuori da questa situazione. Ha ricordato infine che quello che è successo oggi è quello che vivono i siriani tutti i giorni.

In questo scenario, il Paese aspetta i risultati ufficiali delle elezioni parlamentari di lunedì. Consultazioni salutate con favore da Damasco e giudicate una farsa dall’opposizione. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Alberto Ventura, docente di Storia dei Paesi Islamici all'Università di Cosenza:RealAudioMP3

R. – E’ chiaro che, in questo clima, le elezioni hanno dei significati che non possono essere considerati come nelle situazioni di normale democrazia. I dati sull’affluenza sono incerti: da una parte abbiamo visto la rappresentazione tipica del regime, che ci ha mostrato file e code piuttosto sostenute davanti ai seggi elettorali; dall’altra l’opposizione ribadisce che - soprattutto nelle città ribelli e martoriate dalla repressione del governo – i seggi sono andati praticamente deserti. Naturalmente non lo sapremo ancora per qualche giorno e poi dovremo verificare se i dati elettorali che ci verranno forniti saranno effettivi, credibili o meno. Questo per quanto riguarda la situazione interna del Paese. Direi però che, ancor di più, le elezioni siriane si presentano in realtà come un puzzle internazionale: al di là dell’esito di questi seggi, di chi sarà eletto con queste elezioni, la situazione è sempre più in mano a forze internazionali.

D. – Sulla situazione incideranno anche le elezioni russe e quelle francesi?

R. – Le elezioni presidenziali in Francia o la riconferma di Putin in Russia possono influire notevolmente sulla situazione e sembrerebbero rafforzare, in un certo senso, anche il regime che aveva – da una parte – in Putin un amico e – dall’altra – in Sarkozy un nemico e che quindi potrebbe giovarsi di questa situazione.

D. – Poi c’è il ruolo che hanno Iran e Turchia?

R. – Sono i due nuovi attori emergenti nell’ambito del Medio Oriente, che stanno sostituendo ormai un mondo arabo completamente in crisi, una Lega Araba che non ha più nessun potere. La Siria, in questo scacchiere, è uno degli elementi più importanti per il futuro Medio Oriente.

D. – Kofi Annan ribadisce: i trecento osservatori arriveranno entro fine mese. Secondo lei è verosimile un intervento armato nella regione? Quali saranno gli scenari che si apriranno?

R. – Io credo che si confermi un po’ la situazione attuale. La Siria, come sappiamo, non dispone di risorse petrolifere o di altro tipo di risorse tali che possano spingere la Comunità internazionale a interventi decisi. Rimane in una situazione di stallo, in cui si fa un gioco diplomatico abbastanza logorante e nel quale sembra che nessun attore – finora – abbia voluto prendere una posizione decisa. E’ vero che si dice – anche se credo non sia reale – che la Turchia si preparerebbe addirittura ad un intervento militare… Non credo che la questione possa essere risolta in questa maniera. Io credo sostanzialmente che un dato sia acquisito e cioè l’uscita del mondo arabo propriamente detto dallo scacchiere del Medio Oriente. Non che naturalmente gli arabi siano scomparsi, ma certamente hanno perduto talmente tanta della loro possibile influenza; le divisioni interne hanno dimostrato grande debolezza e ormai le decisioni che riguarderanno i futuri assetti del Medio Oriente – almeno a medio termine – sono nelle mani di nazioni, di potenze che sono completamente al di fuori dell’area.

D. – Poi rimane il problema dei profughi e delle vittime: molte le denunce, ma non sembra che si prenda in considerazione la creazione di un corridoio umanitario…

R. – Un fatto gravissimo! Qui siamo attorno ai 10 mila morti e nessuno si muove, nessuno si scandalizza: non c’è una presa di coscienza veramente forte, come è avvenuta invece in altri casi. Mi ricorda un po’ la situazione dell’Algeria, dove siamo dovuti arrivare a 100 mila morti prima che si muovesse qualcosa e anche lì non in maniera particolarmente decisa. Insomma ai nostri confini praticamente, al di là del mare, abbiamo situazioni di vere e proprie tragedie umanitarie, alcune delle quali - se non passano del tutto sotto silenzio - sono minimizzate!







All the contents on this site are copyrighted ©.