Siria: esplode ordigno al passaggio del convoglio Onu
In Siria, un ordigno è esploso nel villaggio di Atman, nella provincia di Daraa, nel
Sud del Paese al passaggio del convoglio della missione di osservatori Onu. Illeso
il capo della missione, il generale norvegese Robert Mood che ha ribadito: "Così non
si esce dalla crisi". Il Consiglio Nazionale Siriano, il principale blocco dell'opposizione
anti-Assad ha accusato il regime di Damasco di aver organizzato l'esplosione, che
ha ferito 8 militari. Nel convoglio anche un’auto di giornalisti sulla quale viaggiava
il freelanceCristiano Tinazzi. Massimiliano Menichetti lo ha
raggiunto telefonicamente subito dopo l’attentato:
R. – Ci stavamo
dirigendo verso Daraa, con il convoglio delle Nazioni Unite, c’era anche il generale
Mood: a pochi chilometri dall’entrata nel centro abitato, abbiamo superato un camion
militare che si stava dirigendo – anch’esso – verso la città ed è esploso un ordigno
- probabilmente un ordigno esplosivo improvvisato – che era sul ciglio della strada
e che ha investito il camion militare, che poi ci ha superato a tutta velocità per
portare i feriti in città. Fortunatamente non ci sono stati feriti gravi e tutti i
giornalisti sono illesi.
D. – A quanti metri eravate dall’esplosione?
R.
– Cinquanta metri dal camion e fisicamente anche la macchina si è alzata…
D.
– Si è capito l’attentato contro chi era rivolto? Contro i militari? Contro il convoglio
dell’Onu?
R. – Quasi sicuramente contro i militari, però chi ha detonato la
bomba sapeva benissimo che in quel momento stava passando anche il convoglio e sapeva
benissimo che c’erano anche tante altre macchine di civili che si stavano dirigendo
verso Daraa e verso la frontiera con la Giordania. Questa è una zona molto trafficata.
D. – Perché stavate andando a Dara?
R. – Come ogni giorno, le Nazioni
Unite vanno in diverse città dove sono dislocati gli osservatori per fare briefing
e controllare la situazione sul terreno. Ieri siamo stati a Homs ed anche lì c’è una
situazione tremenda: la città è disabitata, sembra una città fantasma, in alcuni quartieri
si combatte ancora; anche mentre eravamo lì si sentivano colpi di mitra. Il generale
Mood è voluto venire qui, perché voleva verificare sul terreno la situazione e voleva
parlare con i suoi uomini.
D. – Il generale Mood ha tenuto la conferenza stampa
subito dopo l’attentato: quali sono i tratti essenziali di questa informativa?
R.
– Ha iniziato parlando della missione e ricordando che al momento sono 70 gli osservatori
Onu presenti sul territorio siriano, ma che già da domani saranno 100. Ha detto che
stanno facendo del loro meglio, di muoversi consultando la popolazione, l’esercito
siriano, ma anche gli oppositori per cercare di far rispettare la tregua, perché non
viene rispettata da ambo le parti. Ha dato poi un messaggio chiaro, ricordando che
il destino del Paese è in mano ai siriani stessi e che chiunque – sia all’interno
sia all’esterno del Paese – voglia risolvere la questione con bombe, con violenza
e con attentati, ha sbagliato strada! Non è questa la via giusta per risolvere la
situazione, ha detto. Ha ricordato anche che c’è ancora una possibilità per portare
il Paese fuori da questa situazione. Ha ricordato infine che quello che è successo
oggi è quello che vivono i siriani tutti i giorni.
In questo scenario, il Paese
aspetta i risultati ufficiali delle elezioni parlamentari di lunedì. Consultazioni
salutate con favore da Damasco e giudicate una farsa dall’opposizione. Massimiliano
Menichetti ha raccolto il commento di Alberto Ventura, docente di Storia
dei Paesi Islamici all'Università di Cosenza:
R. – E’ chiaro
che, in questo clima, le elezioni hanno dei significati che non possono essere considerati
come nelle situazioni di normale democrazia. I dati sull’affluenza sono incerti: da
una parte abbiamo visto la rappresentazione tipica del regime, che ci ha mostrato
file e code piuttosto sostenute davanti ai seggi elettorali; dall’altra l’opposizione
ribadisce che - soprattutto nelle città ribelli e martoriate dalla repressione del
governo – i seggi sono andati praticamente deserti. Naturalmente non lo sapremo ancora
per qualche giorno e poi dovremo verificare se i dati elettorali che ci verranno forniti
saranno effettivi, credibili o meno. Questo per quanto riguarda la situazione interna
del Paese. Direi però che, ancor di più, le elezioni siriane si presentano in realtà
come un puzzle internazionale: al di là dell’esito di questi seggi, di chi sarà eletto
con queste elezioni, la situazione è sempre più in mano a forze internazionali.
D.
– Sulla situazione incideranno anche le elezioni russe e quelle francesi?
R.
– Le elezioni presidenziali in Francia o la riconferma di Putin in Russia possono
influire notevolmente sulla situazione e sembrerebbero rafforzare, in un certo senso,
anche il regime che aveva – da una parte – in Putin un amico e – dall’altra – in Sarkozy
un nemico e che quindi potrebbe giovarsi di questa situazione.
D. – Poi c’è
il ruolo che hanno Iran e Turchia?
R. – Sono i due nuovi attori emergenti nell’ambito
del Medio Oriente, che stanno sostituendo ormai un mondo arabo completamente in crisi,
una Lega Araba che non ha più nessun potere. La Siria, in questo scacchiere, è uno
degli elementi più importanti per il futuro Medio Oriente.
D. – Kofi Annan
ribadisce: i trecento osservatori arriveranno entro fine mese. Secondo lei è verosimile
un intervento armato nella regione? Quali saranno gli scenari che si apriranno?
R.
– Io credo che si confermi un po’ la situazione attuale. La Siria, come sappiamo,
non dispone di risorse petrolifere o di altro tipo di risorse tali che possano spingere
la Comunità internazionale a interventi decisi. Rimane in una situazione di stallo,
in cui si fa un gioco diplomatico abbastanza logorante e nel quale sembra che nessun
attore – finora – abbia voluto prendere una posizione decisa. E’ vero che si dice
– anche se credo non sia reale – che la Turchia si preparerebbe addirittura ad un
intervento militare… Non credo che la questione possa essere risolta in questa maniera.
Io credo sostanzialmente che un dato sia acquisito e cioè l’uscita del mondo arabo
propriamente detto dallo scacchiere del Medio Oriente. Non che naturalmente gli arabi
siano scomparsi, ma certamente hanno perduto talmente tanta della loro possibile influenza;
le divisioni interne hanno dimostrato grande debolezza e ormai le decisioni che riguarderanno
i futuri assetti del Medio Oriente – almeno a medio termine – sono nelle mani di nazioni,
di potenze che sono completamente al di fuori dell’area.
D. – Poi rimane il
problema dei profughi e delle vittime: molte le denunce, ma non sembra che si prenda
in considerazione la creazione di un corridoio umanitario…
R. – Un fatto gravissimo!
Qui siamo attorno ai 10 mila morti e nessuno si muove, nessuno si scandalizza: non
c’è una presa di coscienza veramente forte, come è avvenuta invece in altri casi.
Mi ricorda un po’ la situazione dell’Algeria, dove siamo dovuti arrivare a 100 mila
morti prima che si muovesse qualcosa e anche lì non in maniera particolarmente decisa.
Insomma ai nostri confini praticamente, al di là del mare, abbiamo situazioni di vere
e proprie tragedie umanitarie, alcune delle quali - se non passano del tutto sotto
silenzio - sono minimizzate!