Pontificio Consiglio Giustizia e Pace: sostenere una rete mondiale per sconfiggere
la tratta
Prevenire, supportare, riabilitare le vittime della tratta. Sono i cardini della conferenza
internazionale sul traffico degli esseri umani che si è svolta a Roma presso il Pontificio
Consiglio Giustizia e Pace. Nel mondo, secondo i dati, sono circa 2,4 milioni le vittime.
Presenti ai lavori di oggi delegati provenienti da tutto il mondo. Lanciato anche
un appello affinché le prossime Olimpiadi di Londra 2012, non diventino un’occasione
per i trafficanti di corpi. La conferenza è stata co-organizzata dal Dicastero vaticano
e dall’Ufficio per le Politiche Migratorie (Omp) della Conferenza Episcopale Cattolica
di Inghilterra e Galles. Massimiliano Menichetti .
Lituania, Nigeria,
Thailandia, Sud Africa, Stati Uniti ed Europa: tutti insieme per lottare contro la
tratta di esseri umani, un abominio che non ha confini e che conta schiavi e schiave
in tutto il mondo. Il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio
Giustizia e Pace, che ha aperto la conferenza internazionale, ha ribadito: “Bisogna
combattere questa piaga, promuovendo i diritti fondamentali della persona e la conversione
del cuore”:
"La prima cosa che si può concludere é quanto sia diffuso questo
problema. E se il problema é mondiale, la soluzione dovrebbe essere condivisa, con
una specie di 'rete' tra la Chiesa, le forze dell'ordine e tutti quelli che possono
aiutarci. L'ONU ha già emanato dei regolamenti, ma perché questi non funzionano?
Non funzionano perché bisogna dar senso ai cambiamenti, sia a livello di cuore e sia
a livello di mente". L'anno dell'evangelizzazione da questo punto di vista rappresenta
un'opportunità.
Prostituzione, soggezione lavorativa, torture sono solo
alcune delle agghiaccianti forme che la tratta genera. La Conferenza ha puntato il
dito contro la povertà, “serbatoio di sfruttamento” ed ha auspicato una rete mondiale
tra Chiese, istituzioni e organizzazioni capace di contrastare il fenomeno. Tre le
linee tracciate: la prevenzione, il supporto pastorale e la riabilitazione delle vittime
(circa il 79% sono sottoposte a sfruttamento a scopo sessuale). Presente anche una
vittima, l’inglese Sophie Hayes, che raggirata dal fidanzato è stata costretta alla
strada dietro ricatti e minacce. Sophie ha raccontato la sua sofferenza e come sia
uscita dal tunnel degli orrori grazie anche all’intervento della Chiesa. Suor
Eugenia Bonetti, responsabile dell’Ufficio Tratta donne e minori dell’Unione superiori
maggiori d’Italia.
"Noi vogliamo poter coordinare la legalità - perché é
importantissima - con l'attenzione alla persona. Le vittime hanno bisogno di riprendere
un cammino, soprattutto quando sono state trafficate, umiliate, vendute e comprate.
La persona ha bisogno di riscoprire la bellezza di se stessa, il suo valore come essere
umano, la dignità. Deve uscire dall'idea che non si tratta soltanto della vendita
del proprio corpo, ma che lei é qualcosa di molto più grande e di molto più bello.
Il nostro servizio per recuperare queste persone, per riabilitarle e reintegrarle
nella società, quindi, deve tener presente che queste donne, anche se hanno vissuto
lo sfruttamento, hanno una grande voglia di tornare ad essere persone, con le proprie
capacità, per poter avere un futuro ed offrire il proprio contributo alla società,
alla famiglia e alla Chiesa".
Guardando alle prossime Olimpiadi di Londra
2012 il cardinale Turkson ha chiesto attenzione per la “presenza di questi
trafficanti e a non cadere nella loro trappola”. Difficile comunque uscire dalle spire
dei carnefici, molte le minacce, le violenze e l'incertezza. Spesso le vittime - ha
detto il porporato - non sanno di chi si possono fidare.
"A volte i trafficanti
si travestono da poliziotti o da guardie di frontiera. Le vittime spesso raggirate
non sanno da chi andare, hanno paura di denunciare. La Chiesa rappresenta un'opportunità,
un collegamento con la salvezza. In confessione o semplicemente parlando può iniziare
un cammino, come tante volte è successo, che porterà fuori della schiavitù".
Tutti
gli ospiti della Conferenza internazionale hanno evidenziato la necessità di un maggiore
impegno dei governi sul fronte interno ed internazionale per fermare questa drammatica,
multiforme realtà, presente anche in Nigeria. Netto il monito di mons. John Olorunfemi
Onaiyekan, arcivescovo di Abuja:
"Sciupare la vita di un'altra persona non
è soltanto un crimine. E' una cosa che va contro Dio stesso. Una persona che commette
una cosa di questo tipo, deve pensare anche ai suoi figli. La paura di essere portati
in tribunale non basta per fermare chi vuole fare del male. Si deve trovare un modo
per poter parlare alle coscienze.