2012-05-05 12:22:43

Problema casa a Torino: "Mai più alloggi sfitti", l'appello dell'arcivescovo


“Mai più alloggi sfitti” : è l’appello che l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, rivolge ai cristiani della sua città e che domani raggiungerà tutte le parrocchie. L’invito è a rendere concreto il valore evangelico della fraternità e della condivisione a partire dalla questione cruciale della casa. No, dunque, ad alloggi che rimangono vuoti, ma disponibilità ad affittarli a costi contenuti, sapendo che la casa è indispensabile per dare dignità alle persone. Adriana Masotti ne ha parlato con il direttore della Caritas diocesana, Pierluigi Dovis, impegnata su questo fronte con un progetto specifico:RealAudioMP3

R. - Negli ultimi dieci anni, soprattutto nel contesto urbano della prima cintura di Torino, la questione casa è cresciuta in modo esponenziale. Se dieci anni fa, avevamo una presenza di persone senza dimora, in cerca costante di un’abitazione, e una fascia di povertà che aveva bisogno soprattutto della casa di natura popolare, nel giro di questi ultimi cinque, sei anni, a queste categorie si è aggiunta la categoria dei cosiddetti “nuovi poveri”, che hanno appunto perso il lavoro, piuttosto che visto il lavoro ridimensionato, e che dunque non ce la fanno più. Vengono sfrattati proprio perché non riescono più a mantenere l’affitto che precedentemente era stato pattuito. È dentro a questo livello di difficoltà, che si pone l’appello dell’arcivescovo.

D. - A fronte di una richiesta così forte di case a determinate condizioni, c’è anche un grande patrimonio di alloggi a Torino, e molti di questi alloggi sono vuoti.

R. - Siamo nell’ordine di alcune migliaia di alloggi che non sono occupati, dunque sarebbero occupabili. La domanda che ci siamo posti con l’arcivescovo è stata: “Perché non vengono ceduti in affitto?” I motivi possono essere tanti: dalla paura di affidare un proprio bene a qualcuno che poi non sia in grado di custodirlo, alla paura di non venire pagati, alla paura che nel momento in cui la casa serva, non si riesca a mandare via l’inquilino che si è ospitato, fino a un ragionamento un po’ perverso, che dice: “È bene investire nel mattone. Il mattone in quanto tale rende”. Per cui l’invito dell’arcivescovo vorrebbe mettere insieme le due dimensioni, quella solidaristica con quella della convenienza economica. Per poter far questo è chiaro che c’è bisogno di mettere a disposizione dei proprietari alcune condizioni favorenti. Noi le abbiamo già sperimentate da una decina d’anni, attraverso un progetto ecclesiale che si chiama ”Insieme per la casa”, che offre a ogni padrone di casa che decide di affittare con un canone un po’ più calmierato, delle possibilità, delle opportunità, delle coperture finanziarie, fino alla certezza che degli operatori, di tanto in tanto, vanno a visitare la famiglia ospitata in modo da aiutarla a fare le scelte giuste per pagare in tempo e nel modo più adeguato. Fino ad ora, questo progetto è riuscito ad inserire in casa più di 1500 famiglie.

D. - La diocesi di Torino ha stabilito anche una buona collaborazione con il Comune per aiutare i proprietari di case a decidersi per l’affitto. Ma in che modo, il problema della casa chiama in causa in particolare i cristiani? Mi sembra di capire dal messaggio, che la casa ha un “di più” di valore nell’ottica cristiana.

R. - Certamente. Non è solo una questione di natura sociale o di solidarietà. Dentro c’è un valore forte di condivisione, perché la casa è il luogo in cui la vita nasce, cresce, impara a essere relazione vera, profonda e feconda. Non è il luogo in cui appartarsi, ma è il luogo in cui, entrando dentro di sé, e insieme a coloro con i quali si realizza un cammino di vita, ci può essere l’apertura del cuore verso l’altro, e dove si può fare davvero una piccola esperienza di chiesa, cioè di comunità raccolta intorno alla Parola e ai valori che la Parola porta nella nostra vita. Dunque, insistere sulla casa, ha un senso in qualche modo di natura pastorale -e se vogliamo- con qualche aggancio di natura teologica, perché è un po’ il luogo nel quale quell’amore, che viene dalla Santa Trinità, diventa vita di ogni giorno. In questo modo può essere tradotto in linguaggio umano e trasportato, attraverso le relazioni di coloro che compongono la famiglia dentro la casa, al territorio, alle persone che incontrano. Ed è quindi un’occasione di evangelizzazione. Certo, va aiutato a capirlo. Il messaggio dell’arcivescovo parte proprio da considerazioni di natura pastorale, teologica, etica, per giungere poi alle conclusioni più pratiche ed operative.







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