Il Kenya verso le elezioni. Appello della Chiesa: prevalgano la giustizia, il perdono
e la pace
Centinaia di vittime e di sfollati: è la drammatica eredità che hanno lasciato, in
Kenya, le elezioni del 2008, cui seguirono scontri e violenze. Ora il Paese africano
si prepara a tornare alle urne per le consultazioni generali; si tratta di un appuntamento
di notevole importanza, considerato che si tratterà delle prime elezioni dopo l’approvazione
della nuova Costituzione. Le consultazioni si terranno il 4 marzo 2013, ma la Chiesa
ha già lanciato numerosi appelli affinché la nazione non riviva mai più le tragedie
del passato. Ed è di ieri l’ultimo invito, in ordine di tempo, che la Conferenza episcopale
del Kenya (Kec) ha rivolto all’intero Paese – fedeli, governanti, religiosi e laici
– perché alle prossime elezioni prevalgano la giustizia, il perdono, la riconciliazione
e la pace. In una lunga lettera pastorale, la Kec ricorda innanzitutto l’importanza
di attuare la nuova Costituzione anche attraverso la partecipazione dei cittadini
e la tutela dei principi democratici, poiché essi, insieme al “rispetto della vita
umana e di un organismo elettorale indipendente, sono vitali per la difesa della pace
prima, durante e dopo le elezioni”. Per questo, si legge nella lettera pastorale,
“tutti i cittadini hanno il diritto, ma anche il dovere di partecipare alla vita economica,
politica e culturale del Paese” e tale diritto-dovere “deve essere garantito” ad ognuno.
La Chiesa keniota, poi, chiama i partiti e gli elettori a restare lontani dalle divisioni
tribali e a pensare nell’ottica del bene comune: “I partiti – scrivono i vescovi –
sono chiamati a farsi interpreti delle aspirazioni della società civile, offrendo
ai cittadini l’effettiva possibilità di contribuire alla formulazione di scelte politiche”.
Ma oltre a riforme prettamente tecniche – come la creazione di una carta nazionale
di identificazione da consegnare ad ogni persona avente diritto al voto – i vescovi
del Kenya sottolineano che il Paese ha bisogno di una “conversione” che porti “al
perdono e alla riconciliazione dei cuori e delle menti”, poiché “non c’è pace senza
giustizia e non c’è riconciliazione senza perdono”. Tra gli altri punti affrontati
nella lettera pastorale, i presuli non dimenticano la questione degli sfollati e chiedono
alle autorità locali di “compiere i passi necessari” per permettere ai rifugiati di
tornare nelle proprie terre. Un paragrafo del messaggio viene inoltre dedicato alle
violenze interetniche che vengono condannate con fermezza e delle quali si chiede
la cessazione immediata, poiché, ricorda la Chiesa, “le diverse etnie devono essere
la forza del Paese”. E un pensiero la Kec lo rivolge anche ai giovani, in particolare
al ruolo che essi possono avere nella promozione della pace e dello sviluppo: per
questo, la lettera pastorale sottolinea che essi “non devono essere usati come oggetti
di violenza per interessi politici, economici, religiosi o sociali”, ma devono avere
“l’opportunità di contribuire allo sviluppo del Kenya” in tutti i suoi ambiti. Per
la Kec è, inoltre, fondamentale che “lo Stato vari delle leggi che tutelino e promuovano
la dignità umana, assicurino a tutti i cittadini l’accesso al cibo, all’acqua potabile,
ai servizi sanitari di base, all’educazione e alla sicurezza”. In questo senso, forte
è l’appello ad “un’economia che sia a servizio dei poveri” e che non finisca per “perpetuare
la violenza”. Centrale anche l’invito agli elettori affinché votino candidati “che
rispettano la vita e sui quali si possa contare nel momento in cui bisogna tutelare
i bambini non ancora nati”, poiché “la Chiesa cattolica crede che la vita ha inizio
sin dal concepimento e termina con la morte naturale”. Sulla stessa linea, i vescovi
pongono la tutela dell’ambiente, della donna - condannando ogni violenza contro di
essa - e della dignità della persona umana, creata “ad immagine e somiglianza di Dio”.
“Tale dignità “è un dono di Dio – si legge nella Lettera – ed è pertanto inviolabile;
essa non dipende dalla cultura, dalla società, dalla comunità o dall’individuo; non
può essere scippata da nessuno ma, al contrario, deve essere rispettata, protetta
ed onorata”. Un ulteriore appello viene lanciato ai sacerdoti, ai religiosi e alle
religiose, affinché siano esempi di promozione della pace e dell’armonia, dando prova,
ciascuno nella propria comunità, di accettare tutti, “a prescindere dalle origini
etniche, sociali o religiose”. Guardando poi indietro, alle violenze perpetrate nel
2008, la Kec afferma che il Paese ha scritto “una storia vergognosa” e che “non bisogna
permettere che il sangue di cittadini innocenti venga versato ancora sul suolo della
nazione”, poiché “onore e rispetto sono dovuti a tutti i kenioti”. In quest’ottica,
“le prossime elezioni generali saranno un momento storico” e tutti saranno chiamati
a “costruire una nazione migliore”. L’invito finale è, quindi, a votazioni “trasparenti,
libere, corrette e giuste”, affinché il Kenya possa vivere in “unità, pace e libertà”.
(A cura di Isabella Piro)