Myanmar: la Chiesa cerca un mediatore di pace fra esercito birmano e Kachin
La Chiesa birmana cerca un "mediatore" in grado di raggiungere un "accordo di pace
duraturo" fra l'esercito birmano e le milizie ribelli nello Stato settentrionale Kachin,
al confine con la Cina, teatro da mesi di una guerra civile fra i due fronti. La Nobel
per la pace Aung San Suu Kyi o una personalità di primo piano della comunità internazionale
sarebbero "le figure ideali", secondo quanto riferisce all'agenzia AsiaNews mons.
Francis, vescovo di Myitkyina. Il prelato conferma l'escalation di tensione e non
esclude l'ipotesi di una "importante offensiva" dei militari, che finirebbe per colpire
ancor più la popolazione civile, già martoriata da mesi di violenze. Intanto sacerdoti,
suore e volontari cattolici si adoperano per portate soccorso ai profughi - oltre
60mila secondo stime Onu, mentre migliaia hanno varcato il confine direzione Cina
- fornendo loro riparo, cibo e generi di conforto. Ieri un alto ufficiale del Kachin
Indipendence Army (Kia) ha lanciato l'allarme: l'esercito birmano starebbe preparando
una "imponente offensiva" contro una roccaforte delle milizie etniche ribelli. Obiettivo
dei militari la città di Laiza, nel nord del Myanmar, dove si sono concentrate circa
2mila truppe e armi pesanti in attesa dell'ordine di attacco. Le forze ribelli sarebbero
circa 3mila, ma la loro forza è inferiore rispetto al potenziale di fuoco a disposizione
dell'esercito birmano. Di recente il governo centrale ha raggiunto accordi di pace
con diversi gruppi etnici, nel quadro di un cammino di democratizzazione che dovrebbe
interessare le diverse componenti che formano l'Unione del Myanmar. Tuttavia, nel
giugno scorso la ripresa dei combattimenti ha spazzato via un fragile cessate il fuoco
che durava da 17 anni; a nulla sono serviti, finora, gli ordini del presidente Thein
Sein all'esercito di fermare l'offensiva e sei round di colloqui fra governo e leader
Kachin. Interpellato da AsiaNews mons. Francis, vescovo di Myitkyina, auspica l'intervento
della comunità internazionale, perché possa "affrontare le due parti e mediare una
soluzione". La situazione rischia di precipitare perché "l'esercito invia sempre più
truppe", mentre le milizie etniche "cercano di rispondere" con i mezzi a disposizione.
"Queste nuove violenze - spiega il prelato - portano ulteriori sofferenze alla popolazione".
Al riguardo, egli propone nuovi dialoghi in cui "si faccia parlare la gente" e che
vi sia una personalità di primo piano per favorire la pace. Intanto la Chiesa cattolica
birmana ha avviato una serie di iniziative per rispondere ai problemi degli sfollati.
Nella sola Myitkyina sono aperti tre centri di accoglienza, che "offrono rifugio,
cibo, beni di prima necessità" e, sottolinea mons. Francis ad AsiaNews, "anche asili
e scuole elementari, perché i bambini possano continuare il cammino educativo. Facciamo
quello che possiamo per rispondere alle necessità". Il vescovo non esclude l'ipotesi
di una pesante offensiva dell'esercito, ma prega perché possano prevalere pace e dialogo.
Egli denuncia anche l'uso di armi pesanti, granate e chimiche, che "fanno sanguinare
o vomitare" le vittime. Invece di garantire la sicurezza, soprattutto nei villaggi
più remoti, i soldati compiono crimini e violenze. "Basta violazioni - conclude mons.
Francis - perché è la popolazione civile la vera vittima di questa situazione di tensione
fra le parti". (R.P.)