Nuovi Statuti per la Caritas Internationalis: i commenti di Michel Roy e Paolo Beccegato
Le nuove regole per la Caritas Internationalis “avranno l’effetto di integrare con
più forza l’organismo all’interno della Santa Sede”: è quanto afferma il segretario
generale, il francese Michel Roy, dopo la pubblicazione del Decreto Generale, a firma
del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, che rinnova il quadro giuridicoin cui opera la Confederazione delle organizzazioni caritative cattoliche. Il
Decreto stabilisce che il Pontificio Consiglio Cor Unum è il “dicastero competente
per l’intero ambito della sua attività istituzionale” e questo significherà, tra l’altro,
che “qualunque testo di contenuto o orientamento dottrinale o morale, emanato da Caritas
Internationalis” dovrà sempre “essere sottoposto alla preventiva approvazione”
del dicastero vaticano. Nell’intervista di Fausta Speranza, Michel Roy
spiega che le nuove regole sono frutto di un percorso:
R. - C’est l’aboutissement,
la remise de Décret hier, d’un long travail qu’a commencé…Questo è il risultato –
la presentazione ieri del Decreto - di un lungo lavoro, cominciato per iniziativa
della Santa Sede, quando Giovanni Paolo II ha conferito a Caritas Internationalis
“personalità giuridica pubblica”. Sono serviti poi diversi anni per riuscire a trasformare
in realtà questo dono del Santo Padre. Noi abbiamo una riunione del Comitato esecutivo
il 15-16 e il 17 maggio: una parte di questa riunione verrà dedicata allo studio del
Decreto e del nuovo Statuto. La Santa Sede ha modificato una parte, una piccola parte,
dello Statuto, che è stata approvata dal Comitato esecutivo lo scorso dicembre. Lo
Statuto è stato successivamente inviato alla Segreteria di Stato per un decreto di
approvazione del Santo Padre: approvazione che abbiamo ricevuto ieri. Noi viviamo
un atteggiamento positivo riguardo a questa evoluzione, perché Caritas ha sempre svolto
un servizio alla Chiesa universale per iniziativa di Pio XII, nel 1951, e il Decreto
che abbiamo ricevuto ieri precisa in modo chiaro – cosa che finora non avevamo – la
natura dell’azione tra Caritas internationalis e Cor Unum, che è il nostro dicastero
di riferimento, con la Segretaria di Stato, prima e seconda Sezione, e gli altri organi
della Curia, con i quali abbiamo già lavorato, lavoriamo e con i quali cominceremo
ora a lavorare in modo ancora più stretto. Senza dubbio quello che sta iniziando è
un momento di cambiamento - anche se piccolo cambiamento - necessario per adeguarsi
e adattarsi a questo nuovo Statuto previsto dalla Segreteria di Stato ed approvato
dal Santo Padre e a quello che ci si aspetta dalla Confederazione.
D. – Cosa
può cambiare nell’azione concreta della Caritas?
R. – Je crois que le cardinal
Sarah a clairement dit… Il cardinale Sarah, in un’intervista – al momento è in
Africa - ha chiaramente detto che la missione di Caritas Internationalis non è assolutamente
messa in discussione. La cosa fondamentale è quello che Caritas fa nel mondo per permettere
ai più poveri di uscire dalla povertà e di ritrovare la propria dignità; per promuovere
una maggiore giustizia in campo sociale; per rimettere la persona umana al centro
dei dibattiti politici ed economici internazionali. Tutto questo non viene in alcun
modo messo in discussione ma viene, al contrario, incoraggiato. I cambiamenti vengono
fatti riguardo ai metodi di “governance” della Confederazione. La riunione di metà
maggio ci permetterà di affrontare e di precisare – anche se è già precisato nel Decreto
– in modo concreto questi cambiamenti. Abbiamo un testo che è il piedistallo: si tratta
ora di far in modo che venga animato, che gli venga data la vita. Questo sarà uno
degli obiettivi della nostra riunione.
D. – Qual è l’incoraggiamento del presidente,
il cardinale Rodriguez Maradiaga? Come ha commentato il decreto?
R. – Le président
a dit – hier – que c’est un jour de joie e d’espérance. … Ieri il presidente ha
detto che questo è un giorno di gioia e di speranza per la Confederazione Caritas.
Noi siamo tutti – ed evidentemente lui in prima linea – contenti di vedere che il
lavoro di tutti questi anni per il rinnovamento dello Statuto, in base alla lettera
autografa di Giovanni Paolo II del 2004, si sia ora realizzato. In spirito ecclesiale,
penso che il cardinale è contento del fatto che Caritas sia maggiormente integrata
all’interno delle strutture della Santa Sede e che contribuisca quindi ulteriormente
ad essere espressione delle riflessioni che la Chiesa fa sul suo ruolo nella società
e nel mondo.
Ma quanto questa riorganizzazione giuridica può rafforzare e rendere
più efficace l'attività delle Caritas nazionali? Fabio Colagrande lo ha chiesto
a Paolo Beccegato, responsabile dell'area internazionale di Caritas italiana:
R. – Penso
che ci sia un equilibrio tra i vertici della Chiesa e la partecipazione dal basso
dalle Caritas parrocchiali, che sono le più vicine alla gente, e sino ai nostri pastori,
ai nostri vescovi. Quindi questi nuovi Statuti traducono una visione – diremmo all’inglese
– “top down bottom up”, quindi un equilibrio tra la testa e i piedi, tra le braccia
e il cuore, una sintesi… D’altro canto cercano di tradurre anche la visione di una
Caritas pastorale, attenta alle motivazioni, allo stile, all’esprimere la propria
fede: l’equilibrio di una Caritas in veritate con i grandi dettami dell’efficienza,
della trasparenza, dell’efficacia degli aiuti, della rendicontabilità degli aiuti.
Le visioni, quindi, che nella rete Caritas sono tutte presenti, cercano una sintesi
in questi Statuti che in qualche modo li comprendono.
D. - In questo contesto
quanto è importante che l’azione umanitaria e di carità della Caritas Internationalis,
e dunque delle varie Caritas nazionali, siano in sintonia con la Sede Apostolica e
con il magistero della Chiesa?
R. – Penso che da sempre, ma in particolare
la Deus caritas est, sottolinea una Chiesa che celebra, annuncia e vive praticamente
la carità e quindi la carità come dimensione costitutiva ed essenziale alla Chiesa
stessa: una carità organizzata, una carità capace di farsi vicina agli ultimi. Ecco,
io penso che questi elementi siano importanti e che facciano da retroscena, quindi
non è una questione di controllo, non è una questione di gerarchia: è una questione
di Chiesa, di espressione reale della Chiesa, che vuole vivere la carità come espressione
della verità. In questo senso direi che sono, in qualche modo, la traduzione di quello
che è già in essere, ma è messo ed espresso in forma chiara, in forma normata, in
forma strutturata, in forma consona ai tempi e ai momenti che stiamo vivendo.
D.
– Quindi una riorganizzazione che fa sempre di più delle Caritas uno strumento al
servizio della Chiesa?
R. – Direi di sì: la Caritas è un’espressione della
Chiesa, la Caritas cerca di essere vicina all’evolversi dei tempi e delle persone,
però è – appunto – Chiesa, una Chiesa in azione – ogni tanto si dice “in action” –
e che tiene quindi dentro di sé tutte le difficoltà della complessità del tempo presente
e penso ai temi della crisi oggi e quanto questi pongono delle questioni. D’altro
canto, però, non deve assolutamente perdere la sua identità, che è un’identità che
mette la persona al centro e mai i tecnicismi; un’identità che tiene alte le motivazioni,
che tiene alti i fini ultimi e che non si perde nei rivoli delle cose non importanti.
Tutte queste cose sono – penso – uno scenario che fanno da sponda a questi Statuti
e che poi dovranno trovare attualizzazione di giorno in giorno.