Benedetto XVI in visita all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma
L’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma ha accolto questa mattina il Papa,
in visita all’Ateneo in occasione del 50° anniversario della nascita della Facoltà
di Medicina e Chirurgia intitolata al suo fondatore “Agostino Gemelli”. Per la quinta
volta Benedetto XVI ritorna ad incontrare la comunità della Cattolica, in concomitanza
con la Giornata per la Ricerca, promossa dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia sul
tema “Una vita per la ricerca, la Ricerca per la vita”. Il Papa è stato accolto dal
cardinale vicario Agostino Vallini, dal ministro per i Beni e le Attività Culturali
Lorenzo Ornaghi insieme ad autorità ecclesiali ed accademiche. L’incontro con la comunità
dell’Università si svolge nel piazzale antistante l’Auditorium del Policlinico. Il
Pontefice rivolge il suo discorso dopo i saluti del cardinale Angelo Scola, presidente
dell’Istituto Toniolo, e del prof. Franco Anelli, pro-rettore dell’Università. Quindi
alle 12 la partenza per il rientro in Vaticano. Luca Collodi ha intervistato
la storica Maria Bocci, sulla figura di padre Gemelli:
R. - Fondare
la Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica di Roma era “Il sogno dell’anima
sua”, come diceva lui spessissimo. Ma come mai questo fascino per la medicina? Gemelli
è un laureato in medicina, bisogna ricordarlo, ed è cresciuto a Pavia, all’Università
della città, alla scuola di un medico e scienziato molto famoso, premio Nobel della
medicina, che si chiamava Camillo Golgi. Nel suo percorso esistenziale, oltre a questo
fascino per il progresso della medicina contemporanea, come lui dice spesso, rivolgendosi
ai medici cattolici: “c’è il ruolo molto importante che ha rivesto la pratica medica”.
D.
- Padre Gemelli ebbe un primo contatto con la medicina da un punto di vista di sanità
militare..
R. - Sanità militare e anche all’Ospedale Maggiore di Milano, dove
ha fatto il suo tirocinio. Quindi, io vedo un notevolissimo salto nella sua esperienza,
dal laboratorio alla corsia di ospedale, perché è stato qui che si è accorto che non
esiste tanto la malattia, ma esiste l’uomo malato. E qui salta fuori, secondo me,
proprio la sua idea di medicina. Ma cosa vuol dire che l’esercizio della medicina
è anche un sacerdozio? Il problema è che Gemelli attraverso l’incontro con questi
malati, è passato appunto dal considerare la malattia astrattamente, al considerare
gli uomini malati in carne ed ossa. E si è accorto grazie a questo incontro, che il
malato, come poi lo chiamerà lui, è un uomo globale fatto di tanti bisogni, di tante
esigenze incolmabili, per cui curare solo il corpo e non tener conto delle esigenze
dell’anima, come dirà poi lui ad un certo punto, è controproducente persino dal punto
di vista terapeutico. Tra l’altro, Gemelli diventa poi anche psicologo. Quindi è sempre
portato a concepire la medicina, la malattia, e soprattutto l’uomo malato, come un
insieme di esigenze materiali, psichiche, organiche, spirituali di cui il medico deve
sempre tener conto.
D. - Come padre Gemelli risolse il problema del diritto
alla salute e alla distribuzione delle risorse, oggi diremmo dei costi della sanità..
R.
- Credo che non si possa parlare tanto per Gemelli di diritto alla salute, però invece,
credo che si possa parlare moltissimo di dovere della società civile di tenere conto
della necessità dei suoi membri. E quindi, così come la società civile ha il dovere,
dice lui spessissimo, di occuparsi di rendere più giusti i rapporti sociali, di fare
in modo di riformare i rapporti economici, perché non rispondono solo al principio
del tornaconto individuale, allo stesso modo la società civile, lo Stato, ha il compito
di interessarsi del benessere e della salute dei cittadini.
D. - Padre Gemelli
volle fortemente una Facoltà di Medicina, di cui oggi si celebrano i 50 anni..
Certamente
sì. La volle fortemente ed io credo tra l’altro, che la volle da subito, da quando
si è convertito nel 1903, ben capendo la valenza della pratica medica non solo per
la salute, ma anche - direi - per la salvezza delle persone. Ci sono delle pagine
molto belle dove Gemelli descrive quale dovrebbe essere il clima che si respira in
una facoltà o in un policlinico cattolico. Professori, studenti, assistenti che vivono
quotidianamente insieme, per i quali ogni problema scientifico, ogni problema umano,
ogni malato è occasione di riflessione. Così come è occasione di riflessione, dice
lui ad un certo punto, l’analisi di un cadavere. Non si può analizzare un cadavere
come se fosse semplicemente un corpo, perché in quel corpo, è stata effusa l’anima.
Quel corpo ha un destino eterno e bisogna trattarlo come tale.