Myanmar: Aung San Suu Kyi parteciperà ai lavori del parlamento
Aung San Suu Kyi e gli altri membri della Lega nazionale per la Democrazia eletti
nelle elezioni dello scorso primo aprile parteciperanno ai lavori del parlamento birmano,
nonostante il precedente rifiuto per protesta contro la formula di giuramento. Una
decisione importante, la sua, che è un ulteriore tassello verso quella normalizzazione
tanto sperata. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Francesco Montessoro,
docente di Storia dell’Asia presso l’Università Statale di Milano:
R. – La normalizzazione
è in corso e si è aperta una fase in cui si ha una dialettica relativamente normale.
Il dato di fondo è che Aung San Suu Kyi partecipa alla vita politica nazionale e può
incidere in vario modo nel suo corso.
D. – Il segretario generale dell’Onu,
Ban Ki-moon, in visita in Myanmar, ha esortato il presidente birmano, Thein Sein,
e la leader dell’opposizione, Aung San Suu Kyi, a lavorare insieme per portare avanti
i cambiamenti necessari al Paese. Sarà possibile una collaborazione, secondo lei?
R.
– Secondo me, è probabile che si giunga ad una collaborazione, nel senso che vi sono
molte forze interne, intanto, e poi anche internazionali, che fanno pressioni in questa
direzione: non soltanto le Nazioni Unite, ma anche la Cina, e non solo gli Stati Uniti,
naturalmente.
D. – Quali possono essere gli argomenti su cui sarà possibile
poi costruire una discussione?
R. – Intanto la partecipazione al potere, quello
che sta accadendo in Birmania o Myanmar, è precisamente questo: l’accoglimento del
ruolo, dello spazio politico di quella che era l’opposizione, un accoglimento che
i generali birmani hanno accettato nel corso degli ultimi anni. Ciò che è accaduto
con la costituzione del 2008, con le elezioni del 2010 è una sorta di apertura programmata
all’opposizione, naturalmente entro certi limiti.
D. – Il Myanmar ha pagato
un prezzo altissimo, in seguito alle sanzioni imposte in questi anni dall’Occidente.
Ora che anche questo scoglio sta per essere superato ce la farà ad emergere economicamente?
Ricordiamo che, comunque, è uno dei Paesi più poveri al mondo...
R. – E’ uno
dei Paesi più poveri al mondo, ma è anche un Paese dotato di risorse e di una posizione
strategica ragguardevole e, dunque, probabilmente riuscirà ad inserirsi in un’area,
quella dell’Asia orientale, in generale, che è in rapida ascesa.
D. – Proprio
su questo fronte, ora che il Myanmar si sta aprendo al mondo, quanto conterà sullo
scacchiere asiatico?
R. – In un certo senso, conta relativamente poco e conterà
ancora relativamente poco, poiché non è un Paese che abbia una posizione strategica
così rilevante da condizionare la politica dei propri vicini. Non bisogna esagerare
con il riconoscere al Myanmar un ruolo notevole, sarà sempre un Paese di secondo ordine.
Però, è un Paese che ha un suo profilo interessante, soprattutto perché riesce a giocare
– e lo ha fatto negli ultimi decenni – con i propri vicini abbastanza bene. Non è
mai stato il Myanmar un Paese nelle mani di Pechino, come spesso in maniera propagandistica
si è sostenuto. Si tratta piuttosto di un Paese che ha saputo equilibrare il rapporto
con la Cina, con l’India e con la Thailandia e, dunque, questo ruolo probabilmente
continuerà ad essere svolto.