Si celebra oggi la Giornata per le vittime delle armi chimiche. Commento di Emanuele
Schibotto
Si celebra oggi la Giornata della Memoria in onore di tutte le vittime delle guerre
chimiche. Un’occasione – scrive in un messaggio il segretario generale dell’Onu Ban
Ki Moon - per ricordare coloro che sono stati colpiti da queste armi disumane e rinnovare
la nostra determinazione ad eliminarle dal nostro mondo. Il servizio è di Salvatore
Sabatino:
Sono trascorsi
15 anni dall’entrata in vigore della Convenzione sulle Armi Chimiche; un documento
importante, che coinvolge 188 Stati membri, pari al 98% della popolazione mondiale.
Solo 8, invece, i Paesi che hanno scelto di rimanere fuori; a loro si rivolge il segretario
generale dell’Onu, Ban Ki Moon, che in un messaggio per l’odierna Giornata della Memoria
in onore di tutte le vittime delle guerre chimiche, li invita a diventarne membri.
“Quando ricordiamo al mondo l’agonia inflitta dagli ordigni chimici – scrive il numero
uno del Palazzo di Vetro - offriamo l’argomento più convincente per mettere al bando
permanente queste armi e per istituire e tenere sotto controllo, un divieto completo
e giuridicamente vincolante”. Un appello vibrante, che non manca di sottolineare la
necessità di liberare il nostro pianeta da questi strumenti di sofferenza e morte,
anche per debellare la minaccia terroristica. La proroga del termine ultimo per gli
Stati Membri, entro cui completare la distruzione degli ordigni chimici, è fissata
per oggi. Quasi tre quarti di tutte le riserve dichiarate sono state eliminate, eppure
sono molte le armi chimiche in circolazione, sfuggendo spesso al controllo delle istituzioni
internazionali: Emanuele Schibotto, esperto di terrorismo:
R. – Il
problema delle armi chimiche è un problema che viene affrontato spesso sottotraccia,
ma che riguarda molti Paesi e soprattutto i Paesi che vengono considerati in Occidente
“Paesi a rischio”, con regimi autoritari o semiautoritari. Balza soprattutto all’attenzione
la Siria; Paesi come la Corea del Nord; Paesi come la Libia, durante il regime di
Gheddafi: sono Paesi che creano dei collegamenti, dei network paralleli che non riescono
ad essere monitorati dalla Comunità internazionale. C’è quindi uno scambio di informazioni,
di tecnologie nucleari, di armi chimiche e di tecnologie di laboratorio che sfuggono
ai controlli e alle sanzioni imposte magari dalle Nazioni Unite o dai singoli Paesi
- come gli Stati Uniti - in maniera unilaterale.