Domani il Papa ordina nove diaconi romani. Interviste con mons. Occhipinti e mons.
Dal Molin
Benedetto XVI celebrerà domani la Santa Messa in San Pietro con l’ordinazione di nove
seminaristi della diocesi di Roma. Concelebra con il Papa il cardinale vicario generale
per la Diocesi di Roma, Agostino Vallini. Al microfono di Alessandro Gisotti,
il rettore del Seminario Romano Maggiore, mons. Concetto Occhipinti, racconta
come gli ordinandi si stanno preparando a questo momento fondamentale della loro vita:
R. – Il primo
pensiero va ai sette anni di seminario, tutti orientati a questo momento dell’ordinazione
sacerdotale. In questi giorni di immediata preparazione, gli ordinandi stanno vivendo
gli esercizi spirituali che li accompagnano alla vigilia dell’ordinazione stessa,
quasi come suggello e come completamento di questo lungo percorso di formazione degli
anni del seminario. Sono radunati insieme al cardinale vicario Agostino Vallini, che
cura la predicazione degli esercizi, esprimendo loro un dono bello e di paternità.
D. – Quali sono i suoi sentimenti nell’attesa che questi suoi seminaristi
vengano ordinati dal Papa?
R. – Sono sentimenti di trepidazione e di grande
gioia insieme. C’è la consapevolezza che questo dono prezioso viene posto in vasi
di creta, cogliendo la suggestione dell’immagine paolina, e in quanto tale ha bisogno
di essere custodito dalla preghiera e dalla carità della comunità cristiana. La gioia
è poi grande pensando alla grazia, alla consolazione, alla speranza che attraverso
i loro gesti sacerdotali potrà raggiungere tanti cuori.
D. – Benedetto XVI
ha mostrato fin dall’inizio del suo Pontificato, e anche ultimamente nell’udienza
ai seminaristi romani, una grande attenzione per i sacerdoti. Quanto è sentita questa
vicinanza del Santo Padre dagli ordinandi?
R. – Un seminarista che vive autenticamente
il suo cammino formativo non può che maturare un grande amore per la figura, per la
missione e per la persona del Santo Padre. I nostri seminaristi romani, ovviamente,
hanno il dono di vivere una particolare vicinanza del Santo Padre, proprio in quanto
loro vescovo, che è espressa concretamente, in modo particolare, nella visita al Seminario
Romano, il suo seminario: il Santo Padre annualmente ci fa il dono di vivere questo
momento nell’occasione della Festa della Madonna della Fiducia. Nella visita dello
scorso 15 febbraio, durante il momento conviviale della cena, uno degli ordinandi
– proprio don Alfredo – rivolgendo delle parole di saluto al Santo Padre, ricordava
come l’inizio del loro cammino in seminario coincidesse con l’inizio del suo Pontificato,
nel 2005: esprimendo così, attraverso anche questo particolare, la gioia di un legame
importante.
D. – Cosa augura a questi giovani, a questi ordinandi che si apprestano
a consacrare totalmente la propria vita al Signore?
R. – L’augurio che, nella
loro vita sacerdotale, preghiera e servizio possano essere due poli che si illuminano
e si arricchiscono vicendevolmente nella circolarità della carità. Che abbiano l’umiltà
e il coraggio di custodire quotidianamente il primato della preghiera, vissuta come
spazio di intimità e di amicizia con il Signore, ricordando che Gesù chiamò i Dodici
anzitutto perché stessero con Lui. E che possano vivere il nuovo ministero come esperienza
ecclesiale ricca e coinvolgente, capace di accogliere i carismi dei fedeli loro affidati
e di animare costantemente la comunione in una relazione serena ed aperta verso tutti.
Proprio
una riflessione sui giovani e l’amore verso la Chiesa è offerta da mons.Domenico
Dal Molin, direttore del Centro nazionale vocazioni della Conferenza episcopale
italiana, intervistato da Federico Piana:
R. – La via
che il Papa ci ha indicato è riscoprire la bellezza del dono dell’amore. Nel suo messaggio,
il Papa cita Sant’Agostino: “Tardi ti amai bellezza, così antica e così nuova.
Tardi ti amai…”.Queste parole stupende di Sant’Agostino sono, in realtà, una
via straordinaria perché oggi riscoprire l’amore vuol dire mettersi fuori da una logica
di individualismo, di relativismo e anche di narcisismo, ormai così diffusa. Credo
che i giovani, di fronte al tema dell’amore, rimangano sempre affascinati.
D.
– Secondo lei, come mai tanti giovani pur sentendo la chiamata, non la corrispondono?
Hanno timore, hanno paura?
R. – Io credo che il coraggio di seguire il Signore
ci sia ancora nel cuore dei giovani: basta vedere le Gmg, anche l’ultima di Madrid,
che rappresentano sempre una specie di impennata nei cammini vocazionali, che vengono
poi proposti. Credo quindi che nel cuore del giovane la disponibilità ci sia: il famoso
“duc in altum” di Giovanni Paolo II. Secondo me, c’è una cultura che evidentemente
è come l’aria che noi respiriamo e che rende difficile ogni tipo di scelta. I giovani
oggi faticano a vivere quel “per sempre”, quell’impegno duraturo, radicale, fedele,
perché anche questo nella cultura viene molto relativizzato. Pur rimanendo l’attrazione,
rimangono anche il dubbio e la paura di farcela.