Cambogia: la Chiesa fa memoria dei martiri, patrimonio di fede da custodire
La memoria dei martiri cambogiani è un’eredità e un prezioso patrimonio di fede che
i fedeli cambogiani sono chiamati a custodire “orgogliosi e onorati di essere discepoli
di Gesù Cristo”: è quanto afferma mons. Olivier Schmitthaeusler, vicario apostolico
di Phonm Penh, invitando i fedeli a celebrare la memoria dei martiri cambogiani in
una solenne veglia di preghiera che si terrà il prossimo 5 maggio a Tangkok. In una
Lettera pastorale, inviata dal vescovo all’agenzia Fides, mons. Schmitthaeusler, ricordando
l’annuncio della Resurrezione, esorta i fedeli a “diventare testimoni di questa speranza
che ha cambiato la faccia della terra”, e ribadisce: “Dobbiamo essere orgogliosi e
onorati perché siamo figli e figlie di Dio, perché Dio ha stretto un’alleanza con
ognuno di noi, perché Dio ha risuscitato Gesù, e ci ha donato la vita eterna. Gesù
ci ha insegnato a servire, a occupare l'ultimo posto e a portare la nostra croce”,
nota il vescovo, soffermandosi sulla condizione della Chiesa in Cambogia, ricordando
il contributo dei martiri: “Gli eventi del genocidio di Pol Pot hanno dimostrato come
i germi della fede deposti dai nostri antenati fossero vivi. La Chiesa è stata decimata:
il sangue dei nostri vescovi, dei nostri sacerdoti, dei nostri fratelli e sorelle,
di centinaia di battezzati, è stato versato per fecondare i nostri campi di riso.
La Chiesa vive grazie a quanti hanno dato la vita per amore”. Per questo, nota mons.
Schmitthaeusler, i fedeli possono essere “orgogliosi e onorati” di essere membri della
Chiesa in Cambogia, “perché il sangue dei nostri martiri anima le nostre comunità”.
Il vicario invita i fedeli a partecipare attivamente alle celebrazioni e alle attività
delle parrocchie, dando “testimonianza dell’amore e della misericordia di Dio per
tutti gli uomini”. Circa due milioni di cambogiani sono stati uccisi tra il 1975 e
il 1979, sotto il regime di terrore instaurato dai Khmer rossi di Pol Pot. Molte comunità
cristiane che vivevano in fiorenti villaggi, organizzati con chiese, scuole e dispensari,
furono deportate e decimate. Fra i martiri cambogiani ci sono il vescovo Paul Tep
Im Sotha, primo Prefetto apostolico di Battambang, e padre Jean Badre, brutalmente
assassinati nel 1975. (R.P.)