Bce: contro la crisi nell'Ue, serve maggiore integrazione finanziaria tra gli Stati
Integrazione finanziaria e stabilità verso un mercato europeo più solido: presentato
oggi a Francoforte, alla Banca Centrale Europea, il rapporto sull’integrazione finanziaria
2012 dell’Eurozona. Il servizio da Francoforte di Claudia Stamerra:
L’integrazione
finanziaria europea è stata deteriorata dalla crisi economica, ma occorre sottolineare
che si tratta comunque di un processo temporaneo. Ha commentato così il governatore
dell’Istituto di Francoforte, Mario Draghi, all’apertura della giornata di studio
e dibattito, che ha visto la partecipazione di esperti globali del settore finanziario
e di Michel Barnier, commissario europeo per il Mercato interno. Tema fondamentale,
la relazione tra crisi e integrazione finanziaria in Europa, alla luce anche del rapporto
Bce, presentato a margine dell’incontro, e che ha messo in evidenza le carenze di
struttura di Eurolandia, già nella fase pre-crisi, nonché la "cura" proposta dalla
Banca Centrale. Rilancia Mario Draghi il “fiscal compact”, il nuovo patto di bilancio
europeo, e l’Osm, il fondo di salvataggio, che dovrebbe entrare in vigore a breve,
quali mezzi per fornire un momento di input in direzione anticrisi. Ma anche la creazione
di un sistema di ristrutturazione e di salvataggio delle banche europee, nonché di
uno integrato di controllo e supervisione dell’universo bancario e creditizio dell’Eurozona,
per mettere d’accordo i 27 membri, in merito alla gestione di un sistema che necessita
di armonizzazione. La manovra senz’altro è articolata, ma non impossibile, e si trova
in testa alle agende di Bruxelles e Francoforte.
Il presidente della Bce, Mario
Draghi, continua ad insistere sulla necessità di puntare sulla crescita, a fronte
di politiche economiche, approntate dai singoli Stati fondamentalmente sul rigore
e sui tagli. Salvatore Sabatino ne ha parlato con l’economista Francesco
Carlà:
R. - Da due
anni a questa parte, ormai, la questione è sempre la stessa: trovare un equilibrio
fra le varie politiche dei vari governi europei, che sono molto diverse perché diverse
sono le condizioni di ogni singolo governo, sia da un punto di vista economico e sia
finanziario. E’ la ‘questione delle questioni’. Dato che abbiamo anche uno sfasamento
dei cicli elettorali, la faccenda diventa ancora più complicata. Lo vediamo proprio
in questi giorni, con l’esito del primo turno delle elezioni presidenziali francesi.
D. - Il fatto di avere una Banca Centrale Europea, che va ad impattare sulle
politiche economiche dei singoli Stati, non è un’anomalia?
R. - E’ una delle
tante anomalie. Cercare di risolvere, il più velocemente possibile, queste varie anomalie
- tra cui, appunto, questa della Banca Centrale Europea, che ha pochi poteri ma, al
contempo, molti compiti e molte questioni da risolvere - e riuscirci in un tempo compatibile
con la pazienza dei mercati è, in questo momento, uno degli obiettivi fondamentali
della politica economica e finanziaria europea.
D. - Dall’altra parte, si continua
ad insistere, come ha detto il premier italiano Monti, ieri, sul rigore. Non si rischia,
con troppo rigore, di deprimere ancora di più la crescita?
R. - Fondamentalmente
l’Europa, dal mio punto di vista, è come un’azienda che non va bene da molto tempo
- almeno per una grossa parte dei suoi prodotti, che possiamo vedere come una grossa
parte delle sue nazioni - e che deve ristrutturarsi. Quando si ristruttura una grande
azienda, normalmente ci si concentra sul ‘core business’, si cercano di controllare
i costi, che provengono anche dagli altri comparti e settori e si cerca di investire
su quelle cose che, invece, funzionano meglio. Questo è quello che, secondo me, dovrebbe
fare l’Europa, e lo avrebbe dovuto fare da molto tempo a questa parte. Il problema
è che gli interessi configgenti dei singoli Paesi impediscono un’unità di visione,
anche da un punto di vista economico e non solo politico.
D. - L’asse franco-tedesco,
intanto, potrebbe rompersi con la possibile vittoria, alle presidenziali francesi,
di François Hollande. Quest’ultimo, proprio ieri, ha annunciato che non ratificherà
il patto di bilancio europeo, a meno che non venga integrato con la dimensione della
crescita. E’ un segnale importante ma, al tempo stesso, anche preoccupante…
R.
- Un segnale importante e preoccupante. Ma, allo stesso tempo, anche l’altro candidato,
Sarkozy da questo punto di vista - a parte l’asse con la Merkel - non è che abbia
dato delle indicazioni molto più confortanti su quelle che possono essere le intenzioni
della Francia per il prossimo futuro. Anche la Francia, ormai, è un partner debole
dell’Europa, perché sa bene di avere a rischio tutta una serie di parametri che potrebbero
complicare i costi del suo debito pubblico. Già ha perso la tripla ‘A’ da parte di
una delle tre agenzie di rating, e potrebbe succedere la stessa cosa anche con le
altre due. Il problema, alla fine, è solamente uno: i produttori di ricchezza europei
non riescono a lavorare bene, ad espandersi e ad investire bene - forse lo possiamo
notare meglio soprattutto in Italia - essendo incompatibili ed in concorrenza con
queste politiche di rigore così estremo. Tagliare la spesa pubblica è facile a dirsi
ma molto meno a farsi, e quindi siamo nuovamente in una situazione di stallo e potrebbe
prospettarsi un’estate come quella del 2011.
D. - E’ possibile, a questo punto,
immaginare altre alleanze che potrebbero effettivamente puntare sullo sviluppo, nel
prossimo futuro?
R. - Onestamente non mi sembra ci siano, all’orizzonte, altre
alleanze politiche a livello europeo. Per la Germania, continuare in questo modo,
tutto sommato, non è un problema, perché continua a trarre vantaggio dalla situazione,
a rendere più competitive le proprie esportazioni, così come il proprio sistema economico
e finanziario. E’ molto più complicato, invece, per Italia e Spagna e, probabilmente,
anche per la Francia, in cerca di altri tre componenti ‘core’ del sistema europeo.