Nel giorno della festa della liberazione, richiamo di Napolitano all’unità
Nella giornata odierna si celebra la festa della liberazione e della riunificazione
dell’Italia. E’ quanto ha detto il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano,
partecipando stamani in piazza del Popolo, a Pesaro, alle celebrazioni del 25 aprile.
Si deve attingere – ha aggiunto il capo dello Stato - “alla lezione di unità nazionale”
impartita dalla Resistenza ed estirpare “il marcio dai partiti”. Il servizio di Amedeo
Lomonaco:
In questa delicata
fase – ha detto Giorgio Napolitano - non sono ammissibili ricadute in visioni
ristrette e in divisioni del passato:
“Dinanzi alla crisi che ha investito
l'Italia e l'Europa, nel quadro di un profondo cambiamento mondiale, abbiamo bisogno
di attingere alla lezione di unità nazionale che ci viene dalla Resistenza, e abbiamo
bisogno della politica come impegno inderogabile che nella Resistenza venne da tanti
riscoperto per essere poi quotidianamente praticato”.
Si deve combattere
il marcio, “non avere una cieca sfiducia verso i partiti” – ha aggiunto Napolitano
- e “non dar fiato ai demagoghi”. Durante la visita al Museo della Liberazione di
via Tasso a Roma, il premier Mario Monti, ha inoltre invocato una nuova unità
contro la crisi:
“Il nostro Paese è chiamato a superare nuove difficoltà,
a vincere sfide sempre più impegnative. Mi riferisco soprattutto alle gravi difficoltà
economiche e sociali. Riusciremo a superarle se tutti, forze sociali e produttive,
forze vive della cultura, istituzioni, singoli cittadini, lavoreremo nell’interesse
del Paese e del bene comune”.
Tracciando un parallelo tra gli eventi del
25 aprile del 1945 e l’attuale fase economica, il presidente del Consiglio ha poi
ricordato che occorre “rigenerare un’esperienza di liberazione”. L’odierna festa è
densa di significato anche per il mondo cattolico, come ricorda, al microfono di Luca
Collodi, il prof. Antonio Maria Baggio, docente di Filosofia politica all'Università
“Sophia” di Loppiano:
R. – Credo che dovrebbe stimolare la capacità che
i cattolici hanno per natura di creare comunità. Il 25 aprile ricorda una situazione
di guerra, di guerra civile, di divisione… Bisognerebbe, invece, applicare la nostra
capacità di memoria per rivivere quelle vicende e renderci conto che le nostre stesse
divisioni sono una storia comune: renderci conto che esiste un’unità del Paese. Noi
possiamo dare al nostro cuore le cose vissute, le divisioni del passato davanti ai
problemi di oggi, come un’occasione per riconoscere che questa storia è storia comune,
che siamo un Paese, che siamo un popolo. Quello che manca è proprio il senso del Paese,
di avere una prospettiva e un’idea per il futuro.