Italia, aumenta export delle armi italiane (3 miliardi euro), raddoppia import (760
milioni euro)
Aumentano in Italia le esportazioni e le importazioni di armi. Alle tante parole spese
per il disarmo seguono i fatti di ben altro contenuto. Nel 2011, l’export di armi
italiane è stato pari a 3 miliardi e 59 milioni di euro, contro i 2 miliardi e 906
milioni del 2010, con un rialzo di 5%. Quasi raddoppiato l'import, che ha toccato
quota 760 milioni di euro rispetto a 432 milioni dell’anno precedente. Dati drammatici
che emergono dal Rapporto, reso noto dal governo, in materia di esportazione, importazione
e transito dei materiali d'armamento. Le autorizzazioni alle esportazioni sono state
1.615 contro 1.492 nel 2010. L'incremento - segnala il Rapporto - è dovuto alla ripresa
di alcuni programmi intergovernativi di cooperazione, parola che in questo caso non
ha una valenza pacifica. Fra le aziende esportatrici primeggia Agusta (756 milioni
di euro); seguono Iveco (416 milioni), Alenia Aermacchi (252 milioni), Alenia Aeronautica
(226 milioni), Oto Melara (139 milioni), Elettronica (122 milioni). Tra i Paesi destinatari
delle armi "made in Italy", il principale acquirente è l'Algeria, con 477 milioni
di euro, seguito da Singapore (395 milioni), Turchia (170 milioni), Arabia Saudita
(166 milioni), Francia (160 milioni), Messico (135 milioni), Stati Uniti (134 milioni),
Germania (133 milioni). Per quanto riguarda le importazioni, gli Stati Uniti sono
stati i primi fornitori di armamenti all’Italia, seguiti da Francia, Regno Unito e
Germania. Il comparto dei materiali d'armamento – spiega il Rapporto – ''sebbene di
dimensioni inferiori rispetto a quelli dei Paesi europei, tradizionali partner nel
settore (Regno Unito, Francia, Germania), rappresenta un patrimonio tecnologico, produttivo
ed occupazionale importante per l'economia del Paese''. E’ per questo che le politiche
in materia di armamenti per il 2012 ''stante il particolare contesto internazionale
– osserva il Rapporto – caratterizzato dall'aggravarsi di conflitti, da cambiamenti
cruenti di leadership e da molteplici forme di minaccia legate per lo più alle attività
terroristiche'', puntano ad esercitare ''un sempre più efficace controllo delle movimentazioni
dei prodotti per la difesa'', ma cercano, contemporaneamente, ''di consentire la presenza
competitiva dell'industria nazionale sul mercato internazionale''. Più chiaro di così!
(A cura di Roberta Gisotti)