2012-04-25 14:33:44

In Libia, nuova legge sui partiti in vista delle elezioni a giugno


Il Consiglio nazionale di transizione libico (Cnt) ha approvato ieri sera una legge sui partiti che vieta le formazioni politiche basate su considerazioni religiose o tribali. La legge prevede inoltre un minimo di 250 membri fondatori per la nascita di un partito politico e di un centinaio per la costituzione di tutte le altre "entità politiche". Si tratta della prima legge in materia di partiti dal lontano 1964. La legge è in funzione delle elezioni per l'Assemblea costituente, previste in giugno. Dopo mesi di rivolte e di conflitto, la morte a ottobre scorso di Muammar Gheddafi che aveva guidato la Libia per oltre 40 anni ha aperto una fase nuova di difficile transizione. Della situazione sociale e della nuova legge, Fausta Speranza ha parlato con Arturo Varvelli, ricercatore dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, Ispi:RealAudioMP3

R. - Ci sono delle forze contrapposte all’interno del Paese: alcune forze sono centripete ed altre sono centrifughe. Alcune tendono allo sgretolamento e alla divisione del Paese: parliamo, in particolare, delle svariate forze politiche che si sono instaurate a base regionale. Per esempio, abbiamo visto la rivendicazione di autonomia della Cirenaica, i localismi delle milizie, che rappresentano il fattore più disgregativo in assoluto. E poi ci sono invece quanti cercano di coagulare, di tenere insieme il Paese intorno a diversi fattori: uno è l’islam. Un altro fattore è la caratterizzazione dell’economia, cioè un’economia basata sulla rendita del petrolio e del gas. Questo, in qualche maniera, favorisce un’unitarietà del Paese perché è necessario che prima di tutto ci siano le industrie estrattive e produttive efficienti, che ci sia un governo unico che vende all’estero e che ci sia un governo unico che ridistribuisce la rendita all’interno del Paese. La ridistribuzione della rendita, in qualche modo, favorisce l’autorità centrale che, in questo modo, acquista legittimità agli occhi dei cittadini. Ora il governo nazionale transitorio gode di una scarsa legittimità proprio perché non è mai stato eletto, ma si è quasi autoimposto, autonominato.

D. - In tutta questa situazione la nuova legge che governa la formazione delle organizzazioni politiche esclude i partiti religiosi, regionali e tribali…che significato ha?

R. - Questo è il tentativo di arginare queste forze centrifughe di cui dicevamo. Ogni milizia, ogni singola cittadina si stava costituendo come partito politico e si sarebbe presentato alle elezioni. Questo avrebbe comportato, naturalmente, una difficoltà nel governare il Paese. Ogni piccola città si sarebbe trovata rappresentata da una piccola coalizione politica e partitica… Bisognerà vedere come verrà interpretata, naturalmente. È il tentativo di aggregare alcuni gruppi, innanzitutto tagliando localismi e regionalismi. Penso sia indirizzato soprattutto verso i gruppi localistici, più che verso i partiti che hanno riferimenti islamici, perché tutti i partiti, dal primo all’ultimo anche quelli più liberali, in queste settimane si sono spesi a favore di un ruolo dell’islam nella società civile. In un Paese dove non esiste più nulla, e dove non esiste più nessun riferimento culturale, sembra quasi naturale individuare nell’islam un riferimento culturale che è comunque molto forte.

D. - Ci sono delle perplessità?

R. - Sicuramente ci sono delle perplessità. Bisognerà vedere innanzitutto le ripercussioni per quei partiti che si rifanno alla “fratellanza musulmana”. Mi sembrerebbe particolarmente irrazionale che partiti rilevanti come questi che si rifanno alla “fratellanza musulmana” - che sono già presenti e di fatto si accingono a governare o già governano per esempio in Tunisia e in Egitto - siano esclusi dalla Libia. Mi sembra una situazione impossibile da gestire. Ma io penso che non sia questo il caso; penso che questa legge non si rivolga tanto contro il partito della Fratellanza musulmana, ma magari contro i partiti salafiti. E questo è successo anche in altri Paesi come l’Egitto, dove al candidato salafita è stato proibito di presentarsi alle elezioni.

D. - Poi c’è un altro elemento nella legislazione: il divieto di finanziamenti esteri…

R. - Questo è un altro punto molto interessante. Bisogna rendersi conto che la crisi libica, l’evoluzione libica dell’ultimo anno, la caduta di Gheddafi, non ha avuto naturalmente e solamente delle origini endogene, cioè interne al Paese, ma il ruolo delle potenze esterne è stato essenziale e molto forte. In particolare non mi riferisco tanto alla Francia, alla Gran Bretagna, all’Italia e agli Stati Uniti che comunque hanno supportato il Cnt e quindi le forze contro Gheddafi, quanto al ruolo del Qatar, degli Emirati Arabi ecc.. che sono molto più influenti e danarosi di noi, che hanno fatto molto di più durante il conflitto per aiutare i ribelli e che stanno facendo molto anche ora per formare e supportare alcune forze politiche. Quindi di fatto, è una legge contro di loro. Io penso sia soprattutto contro il Qatar in particolare.







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