In Libia, nuova legge sui partiti in vista delle elezioni a giugno
Il Consiglio nazionale di transizione libico (Cnt) ha approvato ieri sera una legge
sui partiti che vieta le formazioni politiche basate su considerazioni religiose o
tribali. La legge prevede inoltre un minimo di 250 membri fondatori per la nascita
di un partito politico e di un centinaio per la costituzione di tutte le altre "entità
politiche". Si tratta della prima legge in materia di partiti dal lontano 1964. La
legge è in funzione delle elezioni per l'Assemblea costituente, previste in giugno.
Dopo mesi di rivolte e di conflitto, la morte a ottobre scorso di Muammar Gheddafi
che aveva guidato la Libia per oltre 40 anni ha aperto una fase nuova di difficile
transizione. Della situazione sociale e della nuova legge, Fausta Speranza
ha parlato con Arturo Varvelli, ricercatore dell’Istituto per gli Studi di
Politica Internazionale, Ispi:
R. - Ci sono
delle forze contrapposte all’interno del Paese: alcune forze sono centripete ed altre
sono centrifughe. Alcune tendono allo sgretolamento e alla divisione del Paese: parliamo,
in particolare, delle svariate forze politiche che si sono instaurate a base regionale.
Per esempio, abbiamo visto la rivendicazione di autonomia della Cirenaica, i localismi
delle milizie, che rappresentano il fattore più disgregativo in assoluto. E poi ci
sono invece quanti cercano di coagulare, di tenere insieme il Paese intorno a diversi
fattori: uno è l’islam. Un altro fattore è la caratterizzazione dell’economia, cioè
un’economia basata sulla rendita del petrolio e del gas. Questo, in qualche maniera,
favorisce un’unitarietà del Paese perché è necessario che prima di tutto ci siano
le industrie estrattive e produttive efficienti, che ci sia un governo unico che vende
all’estero e che ci sia un governo unico che ridistribuisce la rendita all’interno
del Paese. La ridistribuzione della rendita, in qualche modo, favorisce l’autorità
centrale che, in questo modo, acquista legittimità agli occhi dei cittadini. Ora il
governo nazionale transitorio gode di una scarsa legittimità proprio perché non è
mai stato eletto, ma si è quasi autoimposto, autonominato.
D. - In tutta questa
situazione la nuova legge che governa la formazione delle organizzazioni politiche
esclude i partiti religiosi, regionali e tribali…che significato ha?
R. - Questo
è il tentativo di arginare queste forze centrifughe di cui dicevamo. Ogni milizia,
ogni singola cittadina si stava costituendo come partito politico e si sarebbe presentato
alle elezioni. Questo avrebbe comportato, naturalmente, una difficoltà nel governare
il Paese. Ogni piccola città si sarebbe trovata rappresentata da una piccola coalizione
politica e partitica… Bisognerà vedere come verrà interpretata, naturalmente. È il
tentativo di aggregare alcuni gruppi, innanzitutto tagliando localismi e regionalismi.
Penso sia indirizzato soprattutto verso i gruppi localistici, più che verso i partiti
che hanno riferimenti islamici, perché tutti i partiti, dal primo all’ultimo anche
quelli più liberali, in queste settimane si sono spesi a favore di un ruolo dell’islam
nella società civile. In un Paese dove non esiste più nulla, e dove non esiste più
nessun riferimento culturale, sembra quasi naturale individuare nell’islam un riferimento
culturale che è comunque molto forte.
D. - Ci sono delle perplessità?
R.
- Sicuramente ci sono delle perplessità. Bisognerà vedere innanzitutto le ripercussioni
per quei partiti che si rifanno alla “fratellanza musulmana”. Mi sembrerebbe particolarmente
irrazionale che partiti rilevanti come questi che si rifanno alla “fratellanza musulmana”
- che sono già presenti e di fatto si accingono a governare o già governano per esempio
in Tunisia e in Egitto - siano esclusi dalla Libia. Mi sembra una situazione impossibile
da gestire. Ma io penso che non sia questo il caso; penso che questa legge non si
rivolga tanto contro il partito della Fratellanza musulmana, ma magari contro i partiti
salafiti. E questo è successo anche in altri Paesi come l’Egitto, dove al candidato
salafita è stato proibito di presentarsi alle elezioni.
D. - Poi c’è un altro
elemento nella legislazione: il divieto di finanziamenti esteri…
R. - Questo
è un altro punto molto interessante. Bisogna rendersi conto che la crisi libica, l’evoluzione
libica dell’ultimo anno, la caduta di Gheddafi, non ha avuto naturalmente e solamente
delle origini endogene, cioè interne al Paese, ma il ruolo delle potenze esterne è
stato essenziale e molto forte. In particolare non mi riferisco tanto alla Francia,
alla Gran Bretagna, all’Italia e agli Stati Uniti che comunque hanno supportato il
Cnt e quindi le forze contro Gheddafi, quanto al ruolo del Qatar, degli Emirati Arabi
ecc.. che sono molto più influenti e danarosi di noi, che hanno fatto molto di più
durante il conflitto per aiutare i ribelli e che stanno facendo molto anche ora per
formare e supportare alcune forze politiche. Quindi di fatto, è una legge contro di
loro. Io penso sia soprattutto contro il Qatar in particolare.