2012-04-19 20:07:45

Un problema reale e serio quello dei matrimoni forzati in Italia


Un progetto sperimentale volto alla comprensione, all’analisi e alla sensibilizzazione sul tema dei matrimoni forzati in Italia, a tutela della libertà delle ragazze immigrate di “seconda generazione ” di autodeterminare le proprie scelte di vita. Questo è “Se mi sposo è per amore” presentato oggi a Roma e gestito da "Action Aid", Organizazzione non governativa attiva nel mondo in difesa dei diritti umani e dall’associazione interculturale "Trama di Terre". Ce ne parla Gabriella Ceraso: RealAudioMP3

E’ invisibile, non esiste una statistica che ne quantifichi l’incidenza, ma la pratica dei matrimoni forzati in Italia è un problema reale e serio. L’indagine più recente si ferma al 2008, raccoglie 33 testimonianze nella sola Emilia Romagna tra giovani marocchine, pakistane, indiane e a firmarla è “Trame di Terre”, e la prassi si ripete. Sono ragazze destinate a parenti, per motivi per lo più patrimoniali, portate via per un matrimonio forzato con l’inganno, violentate fisicamente e ricattate emotivamente e culturalmente, e se prive di cittadinanza, anche impossibilitate a tornare in Italia. La prospettiva è di un aumento del fenomeno nel tempo, anche se è sbagliato criminalizzare culture, comunità e tradizioni, come spiega Tiziana del Pra, presidente dell’associazione “Trame di Terre”:

“Certo che non è la norma! Ci sono famiglie meravigliose che portano le figlie a scuola, che le lasceranno vivere la loro vita. Però c’è una fetta rilevante di alcune nazionalità che hanno questo tipo di problema di controllo della vita delle donne. In questo momento abbiamo solo i casi che incontriamo o che, sfortunatamente, arrivano alla cronaca. C’è, però, tutto questo sommerso, per cui bisognerebbe lavorare tantissimo nelle scuole, nei consultori, nei luoghi di aggregazione e poi nei Protocolli di intesa”.

A tutto ciò mira il progetto presentato oggi e articolato in tre assi portanti: l’informazione – dunque la sensibilizzazione –, il dialogo politico e la nascita di un network, come spiega Sofia Maroudia, portavoce “Action Aid Italia”:

“Quello che vogliamo fare, sia a livello nazionale sia a livello internazionale è creare una rete di persone che si occupino di questo tema in modo tale che possano condividere le loro ‘best practices’ e anche creare nuovi tipi di formazione e approcci per risolvere questo problema”.

A dare,per ora, l’allarme sul territorio sono le scuole o i centri di formazione in cui le ragazze improvvisamente non fanno ritorno; o ancora sindaci particolarmente sensibili, che hanno fatto dell’integrazione un'effettiva priorità. E’ il caso di Raol Douli, primo cittadino di Novellara (Reggio Emilia), 14 mila abitanti, in cui convivono 50 nazionalità, e che è diventato punto di riferimento per molte giovani immigrate:

“E’ proprio quella prima fase, il confronto culturale, che poi fa in modo che anche queste ragazze possano avere fiducia nel sindaco, nelle istituzioni nel momento del bisogno!”.







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