2012-04-19 14:39:00

Tessera dei giornalisti "ad honorem" a padre Gamba, missionario in Malawi


Ha ricevuto ieri la tessera ad honorem dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia padre Piergiorgio Gamba, missionario monfortano bergamasco, da 38 anni in Malawi. Qui ha creato un gruppo editoriale, la “Monfort Media”, che comprende giornali e riviste in lingua locale e in inglese, oltre a una emittente televisiva. Nell’intervista di Gina Maradei, padre Gamba parla di “grande responsabilità” riferendosi al suo impegno in favore della libertà di informazione, in un Paese in cui fa fatica a emergere una coscienza civile:RealAudioMP3

R. – È stata una scoperta anche per noi la forza dei mezzi di comunicazione sociali. Mettere in comunicazione e in comunione lo spirito del dialogo e della partecipazione africana con i mezzi di comunicazione sociali diventa la sfida di questi anni. La capanna più umile e più persa nella foresta ha spesso un cellulare. I media riescono a cambiare la realtà sociale. In questo senso, non sarebbe un’"invasione" dell’Africa, ma un dare forza alla partecipazione africana.

D. – Mi racconta com’è nato il gruppo editoriale “Montfort Media” e soprattutto a chi si rivolge? In Malawi il tasso di analfabetismo è elevato…

R. – È cresciuto passo a passo. Dall’esperienza della dittatura, da questo desiderio comunque di una libertà che potesse crescere, lentamente ha preso forma ciò che è diventata ora la “Montfort Media”, che è arrivata ad avere una tipografia con quaranta persone che vi lavorano, dei giornalisti, fino alla produzione, fino alla stampa a colori. Dal foglio stampato con il ciclostile, a un giornale in lingua locale, a delle riviste che vengono stampate in inglese proprio per raggiungere chi, nella società, fa le scelte più importanti. Poi, la nostra ultima produzione: abbiamo una televisione che raggiunge oltre la metà del Paese e tenta di espandersi all’intero Paese, un Paese dove l’analfabetismo è ancora molto alto, si cerca di raggiungere ognuno con i vari mezzi.

D. – Immagino ci sia ancora tanto da fare…

R. – Con tanto entusiasmo. Ci rendiamo veramente conto che siamo in Africa per imparare, per ascoltare. L’Africa ha qualcosa da insegnarci, perché sta vivendo l’esperienza di aver ricevuto una democrazia che non è africana. Perché l’Africa parla di violenza, perché l’Africa parla di colpi di Stato? Perché questa democrazia che abbiamo esportato con la pretesa di imporla, deve diventare “africana”, deve diventare un prodotto locale, deve assumere non solo la parvenza, i colori, ma proprio l’anima locale. Allora si potrà parlare di una vera democrazia. Ciò che l’Africa sta vivendo, può essere una vera lezione anche per le democrazie stanche, per chi si sente quasi di dire: “Basta!Non ne possiamo più... Adesso poi con le tasse…”. Abbiamo tanta ricchezza da apprendere, da imparare, come vivere insieme, come il valore della comunità sia il valore primo. Prendere in positivo questo approccio, questa apertura grande alla comunità, al vissuto comune, è un messaggio valido. La primavera africana può diventare anche la primavera per l’Europa, per l’Occidente, per tutto il mondo.

D. – Dunque, vi aspettate cambiamenti in termini positivi dopo l’elezione della nuova presidente. Lei ha parlato di democrazia, di apertura: c’è un’aspettativa in questo senso?

R. – Un’aspettativa grandissima. “Siamo ritornati nel mondo”, dice la gente del Malawi. Eravamo esiliati, e il presidente di prima ci ha portato a essere chiusi in noi stessi. Attualmente, la speranza è nell'avere una donna che ha lavorato con i poveri, tanto che la chiamano “la madre dei poveri”, e che si è fatta voce di questa crescita del Paese dal basso. Adesso che si trova ad essere la presidente del Paese, le speranze sono proprio tante. (bi)







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