2012-04-19 13:48:01

Nuovo ospedale pediatrico a Betlemme intitolato a Benedetto XVI


Un ospedale pediatrico-chirurgico a Betlemme intitolato a Benedetto XVI. Questa l’iniziativa, presentata nei giorni scorsi al Papa, dal Patriarcato di Gerusalemme e dalla Fondazione Giovanni Paolo II, grazie anche all’apporto della Cei e della Regione Toscana. Il nosocomio, che vuole essere un dono al Pontefice in occasione delle recenti ricorrenze del compleanno e dell’anniversario del Pontificato, sarà operativo dal 2014 e costituisce un segno tangibile della vicinanza alle comunità e ai bambini di Terra Santa. Sui motivi dell’iniziativa, Giancarlo La Vella ha intervistato il presidente della Fondazione Giovanni Paolo II, mons. Luciano Giovannetti, vescovo emerito di Fiesole:RealAudioMP3

R. – Siamo una Fondazione, che dal 1997 opera in Terra Santa e che ha poi allargato il suo orizzonte a tutto il Medio Oriente. La nostra esperienza parte dai pellegrinaggi in Terra Santa: andando lì abbiamo riflettuto non soltanto sulla presenza del Signore Gesù, che è la cosa fondamentale, ma abbiamo visto anche i cristiani di Terra Santa e la gente che oggi vive lì con fatica e sofferenza. Sostando a Betlemme, abbiamo incontrato Gesù Bambino, ma abbiamo visto anche i bambini di oggi e abbiamo notato la carenza di un ospedale pediatrico chirurgico. A Betlemme c’è già un ospedale pediatrico – il Baby Hospital – ma manca un polo pediatrico chirurgico: abbiamo quindi pensato che fosse necessario realizzare una struttura del genere, indispensabile per la vita di tutti i bambini e specialmente dei bambini più poveri.

D. – L’ospedale sarà intitolato a Benedetto XVI: un modo, questo, per segnalare l’attenzione continua del Papa verso questa regione…

R. – Sì, proprio questo è il motivo. Lo abbiamo visto nel pellegrinaggio del Papa fatto in Terra Santa e nei suoi numerosi interventi. Per noi è stato importante presentare il progetto definitivo, che entro sei mesi dovrà entrare in esecuzione con l’inizio dei lavori, proprio al Santo Padre tra le due date del compleanno e del settimo anniversario del Pontificato di Benedetto XVI.

D. – Sono coinvolte nella realizzazione di questo progetto realtà religiose, ma anche laiche, come la Regione Toscana: un modo per vedere come, attraverso una fattiva unità di intenti, si possa realizzare qualcosa di positivo…

R. – Sì, l’Ospedale pediatrico chirurgico avrà circa 40 posti letto e per realizzare questa opera, oltre all’apporto necessario del Patriarcato, c’è il contributo della Fondazione, che ha attinto i fondi dell’8x1000 dalla Conferenza episcopale italiana, sia dalla Regione Toscana, ma anche da altre realtà, da altre Fondazioni, da enti religiosi e civili, ma anche da un gran numero di persone, che, attraverso donazioni, danno il loro contributo, affinché si possa realizzare questa opera. Bisogna collaborare ora per la costruzione, poi bisognerà collaborare affinché l’ospedale sia giustamente di alto livello: a questo contribuisce anche l’ospedale Mayer di Firenze per la formazione del personale e per dare anche i sussidi e le attrezzature necessarie. Dobbiamo essere anche attenti a non costruire cattedrali nel deserto: dobbiamo quindi progettare in modo tale che l’opera possa essere costruita bene, ma che poi possa anche funzionare! E’ chiaro che queste opere vengono affidate poi alle Chiese locali, ma con discrezione dobbiamo anche fare in modo che ci sia anche il nostro sostegno, affinché l’opera possa andare avanti: anche dopo l’ospedale avrà bisogno di trovare fondi per poter andare bene avanti e per poter avere anche un sostegno di ordine morale, perché l’opera possa adempiere alle sue finalità.

D. – In che modo i cattolici guardano alla Terra Santa: un luogo così lontano, ma allo stesso tempo così vicino a noi?

R. – Abbiamo ripreso un testo biblico e lo abbiamo fatto diventare il nostro slogan: “Là tutti siamo nati”. La nostra fede viene dalla Terra Santa, ma anche la nostra civiltà viene dalla Terra Santa e quindi ci sentiamo estremamente vicini ad essa. Questo avviene mediante il nostro affetto, ma anche mediante il nostro impegno concreto. Abbiamo coniato due avverbi: dobbiamo essere vicini alla Terra Santa “affettivamente” ed “effettivamente”. Questo vuol dire che il pellegrinaggio rappresenta un momento molto importante, perché, andando in Terra Santa, incontriamo la gente di quella regione e in modo particolare i cristiani, e poi perché permette di attuare quelle opere che sono necessarie affinché la comunità cristiana possa continuare ancora a vivere in Terra Santa, ma sempre con un’apertura grande anche al mondo arabo. Al riguardo faccio un esempio: l’Istituto realizzato da Paolo VI per i sordomuti ospita 140 bambini, di cui 139 sono musulmani. Riteniamo che questo sia un fatto di grande rilievo e di grande valore sotto l’aspetto umano e di dialogo.







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