2012-04-18 14:06:35

Mali, appello dell’Unesco: salviamo i documenti antichi di Timbuctu da traffici illeciti


La direttrice generale dell’Unesco, Irina Bokova, ha lanciato un allarme che riguarda Timbuctu, storica località situata nella parte centro-settentrionale del Mali. È un appello agli Stati confinanti col Paese africano per impedire il traffico di “tesori di documenti e manoscritti” dall’Istituto di alti studi e di ricerche islamiche Ahmed Baba e da altri centri culturali di Timbuctu. Questi enti ospitano antichi documenti, originali o in copia manoscritta, del Maghreb e dell’Africa subsahariana, risalenti all’epoca d’oro di Timbuctu, tra il XII e il XV secolo, e riguardanti la teologia, la matematica, la medicina, l’astronomia e la musica, perlopiù in lingua araba ma anche in lingue locali, come il "songhai" e l’"hausa". Mentre il nord del Mali è da settimane sotto il controllo delle milizie Tuareg e di gruppi estremisti e criminali, le informazioni giunte all’Unesco – che ha proclamato Timbuctu patrimonio dell’umanità – riferiscono che i ribelli islamici del movimento armato Ansar Dine, vicini ad Al Qaeda, sono entrati nel centro Ahmed Baba, prendendone il controllo e portando via sacchi di documenti. Sui tesori di Timbuctu, Giada Aquilino ha intervistato l’archeologo Marco Di Branco, ricercatore presso l’Istituto storico germanico di Roma e organizzatore di diversi viaggi in Mali col Fondo ambiente italiano (Fai):RealAudioMP3

R. – Timbuctu è stata importantissima nel commercio transahariano medievale, essendo poi stata capitale di due grandi imperi: l’impero del Mali e l’impero Songhai. A Timbuctu confluivano gigantesche carovane provenienti dal nord dell’Africa, dal Marocco, dall’odierna Mauritania, che - oltre a materiali di vario genere, come spezie e metalli preziosi - portavano anche manoscritti. A Timbuctu, infatti, aveva sede una classe dirigente molto raffinata, arabizzata, che era in contatto con le grandi capitali del mondo islamico, quindi con Il Cairo, con Damasco, con le città dello Yemen. Infatti, i manoscritti che sono stati trovati a Timbuctu provengono da molte aree del mondo islamico e sono più di 700 mila. Sono manoscritti medievali, ma arrivano anche alle soglie dell’epoca moderna, perché la tradizione di copiare i testi si è mantenuta fino ad oggi in quest’area. Si tratta di manoscritti di vario genere, per esempio storie, cronache, ma riguardano anche l’astronomia, opere scientifiche che venivano copiate nei grandi centri della cultura islamica mondiale e che poi i mercanti di Timbuctu importavano in questa città. La cosa veramente interessante è che esistono più di 80 biblioteche familiari a Timbuctu: ogni famiglia aveva la sua biblioteca. Quindi, il senso del progetto dell’Unesco, oltre a salvare i manoscritti presenti, è anche quello di impedire la dispersione di questo patrimonio librario diffuso in città.

D. – Perché Timbuctu, che era soprannominata “la perla del deserto”, è stata così importante e ora rischia un isolamento che potrebbe farla cadere nell’oblio, forse?

R. – Timbuctu è stata importantissima fino al momento in cui, per usare un’efficace espressione di uno storico portoghese, le carovane sono state sostituite dalle caravelle, cioè i grandi traffici del mondo mediterraneo, con la scoperta dell’America, si sono spostati altrove. Per cui, possiamo dire che l’isolamento di Timbuctu comincia nel 1492 e prosegue ancora oggi. Al momento, Timbuctu è una città in declino: chi la raggiunge si trova veramente in un luogo isolato, fuori dal mondo, e questo è anche, forse, un elemento di grande bellezza e di grande interesse per il viaggiatore odierno.

D. – Dopo il colpo di Stato militare del 22 marzo scorso, nelle ultime ore in Mali è stato nominato un nuovo premier - lo scienziato Cheick Modibo Diarra - e nel nord i Tuareg avrebbero deciso un cessate-il-fuoco. Nei giorni scorsi però, secondo le informazioni diffuse dall’Unesco, gruppi di ribelli islamici avrebbero depredato il centro Ahmed Baba. E’ un sito facilmente accessibile?

R. – Sì, il centro Ahmad Baba è la grande biblioteca di Timbuctu. E’ un grande centro pubblico, a differenza delle altre biblioteche che sono invece private e che si trovano nelle case private. E’ un centro accessibile, aperto a tutti. Ed è facilmente raggiungibile, trovandosi nel centro della città. È quindi del tutto plausibile la notizia. Naturalmente, ci sarà anche gente tra i ribelli che è conscia del valore, anche commerciale purtroppo, di questi oggetti. Com’è successo altrove, alla guerra spesso si unisce questo ennesimo sfregio che riguarda la cultura. Per esempio, dal museo di Baghdad, in Iraq, sono stati asportati molti oggetti e, anche durante i recenti fatti in Egitto, dal Museo del Cairo sono scomparsi dei reperti. Anche questo fa parte della guerra.

D. – Come tutelare allora tali opere?

R. – Credo che la prima cosa da fare sarebbe tutelare le persone, quindi evitare queste guerre terribili. Sono delle offese che si fanno all’umanità. Penso, quindi, che alle ferite fisiche, alle ferite dei corpi, si poi uniscano le ferite al patrimonio culturale, che sono più o meno due facce della stessa medaglia. Allora, forse, l’unico modo per tutelare il patrimonio culturale è fermare queste guerre. (ap)







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