Petrolio. L’Argentina nazionalizza Ypf. Madrid: rotto lo spirito di amicizia
Tensione tra Argentina e Spagna per la decisione di Buenos Aires di nazionalizzare
il ramo sudamericano (Yacimientos Petrolíferos Fiscales) del gigante petrolifero spagnolo
Repsol. In sostanza, il governo argentino tornerà ad assumerne il controllo del 51%
delle azioni di Ypf. Madrid ha definito come “ostile” la decisione che di fatto “rompe
lo spirito di amicizia” tra i due Paesi e ha parlato di prossime “ritorsioni”. Massimiliano
Menichetti ne ha parlato con Ignacio Lara docente di Processi Politici
e Sviluppo Economico dell'America Latina alla Cattolica di Milano:
R. – Quello
che sta cercando di fare l’Argentina è riprendersi la sovranità energetica. Il Paese
infatti è uno dei pochi al mondo ad aver privatizzato l’intero settore negli anni
Novanta. Dal 2004, però, soffre di una specie di crisi energetica, soprattutto per
quanto riguarda il gas naturale. Il problema di questi ultimi anni riguarda soprattutto
la mancanza d’investimenti di Repsol-Ypf nel territorio argentino: motivo per cui
l’Argentina, che ha importanti riserve di petrolio e di gas naturale, si vede costretta
ad importare gas e petrolio.
D. – Alcuni definiscono questa manovra pericolosa,
perché dicono che l’azienda petrolifera è ormai un “gigante morto”…
R. – Non
del tutto. L’Argentina possiede – grazie alle nuove scoperte tecnologiche in materia
di estrazione di gas naturale – il 12% di gas naturale non convenzionale al mondo,
dietro a Cina e Stati Uniti, rappresentando con ciò la terza riserva planetaria. Potenzialmente,
quindi, questa azienda potrebbe avere delle possibilità per crescere e per aumentare
riserve e produzione di idrocarburi.
D. – Però, in questo momento per Repsol
si stratta di un duro colpo: infatti il titolo è crollato nelle Borse di New York
e Madrid…
R. – Sì, perché anche se l’Argentina vuole farsi carico dell’azienda,
il settore privato non vede il governo argentino come un governo di cui fidarsi.
D.
– Si può dire superata la crisi che si è verificata all’inizio degli anni Duemila?
R.
– Sì, quella crisi, grazie al default dichiarato e alla fine della convertibilità
tra il peso e il dollaro statunitense, è passata. Inoltre, l’ingresso della Cina nel
mercato internazionale è stato un fattore determinante nella ripresa. E’ vero che
l’Argentina ha un problema che si chiama inflazione – sebbene il governo argentino
continui a modificarne i dati ufficiali, che danno un’inflazione intorno all’8-9%,
mentre quella reale è intorno al 20% – ma anche se si tratta di un tasso molto elevato,
fino allo scorso anno il Paese è cresciuto a tassi cinesi, intorno all’11-12%. Da
quest’anno, comincia invece a risentire dell’impasse dell’economia globale,
soprattutto delle difficoltà che stanno vivendo le economie cinese e brasiliana, che
sono i principali partner dell’Argentina. A ogni modo, l’Argentina continuerà ad avere
tassi positivi di crescita per quest’anno e per i prossimi.
D. – Quindi, possiamo
dire che l’Argentina da una parte sta prendendo una posizione forte in un’ottica di
crescita e, dall’altra, la Spagna subisce un colpo in un momento di crisi globale?
R.
– L’ultima cosa della quale l’attuale governo spagnolo aveva bisogno era proprio quella
di aprire un nuovo fronte problematico, anche perché il governo spagnolo ha avuto
sempre una politica molto attiva: è stato uno dei principali investitori nella regione
e non soltanto in Argentina. Durante la famosa crisi argentina nel 2001-2002, il governo
spagnolo si è dimostrato fraterno nel cercare di aiutare il Paese. E penso anche che
questo cambiamento nella politica energetica argentina si sarebbe potuto attuare in
altro modo, senza creare un ulteriore aggravio ad un partner importante per il Paese.
Questa azione, però, risponde anche al tipo di politica interna, caratterizzata da
una notevole polverizzazione sociale e politica. Il governo di Cristina Fernández
de Kirchner sta cercando di dare dei segnali molto forti in un momento in cui il rallentamento
economico potrebbe minare la sua popolarità. Chiaramente, rinazionalizzare il settore
energetico è un segnale molto forte per la popolazione argentina, per aumentare –
diciamo così – il livello di patriottismo e di appartenenza alla nazionale. Così come
lo è anche tutto il discorso sulle Isole Malvinas, che rappresenta un altro fronte
molto importante in politica estera e che coinvolge un altro Paese dell’Unione Europea.
(mg)