Amazzonia, triplicato il disboscamento. Mons. Giovenale: speriamo nel vertice di Rio
In Brasile, la foresta amazzonica resta il centro di molte preoccupazioni: secondo
i dati dei primi tre mesi di quest’anno, il ritmo della deforestazione è triplicato
rispetto allo stesso periodo del 2011. E il 5 aprile scorso, è stata uccisa un’attivista
locale, che aveva denunciato le segherie abusive e le occupazioni illegali di terre.
Di questo tragico episodio, ultimo di una serie che dura da anni, Davide Maggiore
ha parlato con il vescovo di Abaetetuba, mons. Flavio Giovenale:
R. – E’ una
questione storica, nel senso che per secoli l’Amazzonia è stata quasi abbandonata.
Ciò vuol dire che anche la presenza dello Stato, attraverso i suoi mezzi legali, è
sempre stata molto piccola. Questo si è aggravato negli ultimi 30 anni, con le grandi
scoperte minerali nella regione. Sono venute persone disposte a fare razzia delle
ricchezze naturali dell’Amazzonia, sia minerali che forestali. Perciò, in pratica,
l’Amazzonia sta vivendo adesso un’epoca di frontiera, che ha creato queste tragedie.
D.
– Che sforzi sono stati fatti per contrastare questo fenomeno?
R. – Anche a
livello legale, il Brasile ha fatto passi molto importanti e soprattutto i procuratori
della Repubblica sono molto attivi. Si è passati poi dalla mentalità di 30-40 anni
fa – in cui si diceva "pagheremo il progresso con il fumo delle ciminiere, con il
fumo dei boschi bruciati per fare allevamenti" – ad un'altra mentalità per cui la
vera ricchezza dell’Amazzonia è uno sviluppo attraverso il rispetto della natura,
in modo che queste ricchezze non vengano a mancare. Poi si è passati a quella che
si chiama la coscienza ecologica umana, cioè il rispetto non solo per gli alberi,
ma per le persone che vivono in questa regione, specialmente dei popoli tradizionali.
D.
– Su questi popoli potrebbero avere un impatto anche i progetti idroelettrici in corso
di realizzazione in varie parti della regione amazzonica?
R. – Uno dei problemi
maggiori adesso è quello dell’energia. In molte parti, anche in Europa, quando si
parla di energia pulita si parla anche di energia idroelettrica. Invece, in Amazzonia
sarebbe uno dei peggiori mezzi per creare energia elettrica, perché l’Amazzonia è
un’enorme pianura. Per fare una diga, quindi, che abbia un livello d’acqua per poi
far girare le turbine bisogna fare dei laghi immensi, e questi laghi prendono aree
sia indigene che della popolazione. La più grande sfida adesso è quella di Bello Monte,
nella città di Altamira, nello Xingù, che dovrà obbligare allo spostamento di 23 mila
persone, secondo il governo. Molti di loro, però, non hanno documenti e quindi non
avranno nemmeno i diritti all’indennizzo, ad avere la possibilità di essere spostati
da un’altra parte.
D. – A breve, proprio in Brasile, a Rio de Janeiro, si terrà
il vertice delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile. Può essere questa la sede
per affrontare, con attenzione alla dignità della persona, anche i molti problemi
della regione amazzonica che abbiamo citato?
R. – Assieme al vertice di specialisti
e di politici, ci sarà anche il vertice parallelo delle organizzazioni: sia Caritas
Internationalis che la Caritas nazionale del Brasile, come anche varie altre Caritas
nazionali, hanno confermato la partecipazione a questo vertice parallelo, per far
sì che lo sviluppo abbia come centro l’essere umano. Un vertice mondiale non potrà
restringersi all’Amazzonia. Essendo però in Brasile, l’Amazzonia sarà uno dei punti
principali ad essere discusso, perché si possa dare forza anche al vertice ufficiale
che si terrà il prossimo giugno. (ap)