Il Papa per i suoi 85 anni: mi affido a Dio, la sua bontà e la sua luce sono la mia
sicurezza
Una Messa celebrata in privato nella Cappella Paolina del Palazzo apostolico, alla
presenza di vescovi tedeschi e di personalità della Baviera. È iniziata così la giornata
di Benedetto XVI, attorniato dagli amici e da coloro che sono giunti a Roma dalla
sua terra natale per festeggiare il suo 85.mo compleanno. Alla celebrazione eucaristica
che ha aperto la serie di incontri, il Papa ha riflettuto sui “segni indicatori” del
16 aprile, giorno della sua nascita e del suo Battesimo. Il servizio di Alessandro
De Carolis:
Santa Bernadette,
la veggente di Lourdes, e San Benedetto Giuseppe Labre, un Santo del Settecento conosciuto
come il “pellegrino mendicante”. Sono le due figure di riferimento che fin da giovane
Joseph Ratzinger ha considerato alla stregua di una “segnaletica” inviatagli dalla
Provvidenza rispetto alla strada della sua vita. Loro e il Sabato Santo – perché tale
era quel 16 aprile 1927 che lo vide arrivare alla luce – ovvero il "giorno del silenzio
di Dio, dell’apparente assenza”, che invece è preludio dell’annuncio di Risurrezione.
Una “lettura” della propria esistenza rimasta immutata fino e oltre il Soglio pontificio,
come ha tenuto a sottolineare Benedetto XVI. Di Bernadette Soubirous, il Papa ha detto
di essere rimasto sempre colpito dal suo cuore “capace di vedere la Madre di Dio e
in lei il riflesso della bellezza e della bontà di Dio”. A lei, con quel suo “cuore
puro e incontaminato”, Maria – ha detto – poteva mostrarsi e attraverso lei parlare
al secolo e oltre il secolo stesso”:
“So ist dieser Tag, diese kleine Heilige
für mich immer ein Zeichen ... Ecco che questo giorno, questa
piccola Santa sono sempre stati per me un segno (…) di come dovremmo essere. Del fatto
che con tutto il sapere e il fare, che pure sono necessari, non dobbiamo perdere il
cuore semplice, lo sguardo semplice del cuore, capace di vedere l’essenziale”.
Bernadette, ha soggiunto Benedetto XVI, “sapeva vedere” quel che la Madonna
le indicava: la “sorgente di acqua viva, pura”. Acqua, ha spiegato, che è immagine
“della verità che ci viene incontro dalla fede, della verità non dissimulata e incontaminata”.
Perché “per poter vivere, per poter diventare puri – ha affermato il Pontefice – abbiamo
bisogno che in noi nasca la nostalgia della vita pura, della verità vera, dell’incontaminato
dalla corruzione, dell’essere umani senza peccato”:
“In dieser unseren Zeit,
in der wir die Welt in so vielen Nöten sehen, ... In questo
nostro tempo, in cui vediamo il mondo in tanto affanno, e in cui erompe la necessità
dell’acqua, dell’acqua pura, questo segno è tanto più grande. Da Maria, dalla Madre
del Signore, dal cuore puro, viene anche l’acqua pura, incontaminata, che dà la vita,
l’acqua che in questo secolo – e nei secoli che possano venire – ci purifica e ci
guarisce”.
Di Benedetto Giuseppe Labre, il Papa ha ricordato il suo peregrinare
attraverso tutta l’Europa e i suoi santuari del continente. Un Santo “europeo”, dunque,
che ha la sua particolarità nel fatto che, ha notato, “non vuole fare altro che pregare
e rendere testimonianza a ciò che conta” nella vita: Dio. Non “un esempio da emulare”,
ma come “un dito che indica l’essenziale”: che Dio da solo “basta” e che chi “si apre
a Dio non si estranea dal mondo e dagli uomini…
“... dass er Geschwister
findet, dass von Gott her die Grenzen fallen, ... …perché trova fratelli,
perché in Dio cadono le frontiere, perché solo Dio può eliminare le frontiere perché
per quanto riguarda Dio, siamo tutti solo fratelli, facciamo parte gli uni degli altri;
che l’unicità di Dio significa al contempo la fratellanza e la riconciliazione degli
uomini, lo smantellamento delle frontiere che ci unisce e ci guarisce”.
Soffermandosi
poi sul Sabato Santo della sua nascita, Benedetto XVI ha ringraziato i suoi genitori
per averlo “fatto rinascere” in quello stesso giorno attraverso l’acqua del Battesimo
e, ovviamente, per il dono della vita. Tuttavia, si è chiesto in modo provocatorio:
in che modo il dono della vita è realmente tale? “E’ giusto dare la vita così, semplicemente?
E’ responsabile o troppo imprevedibile?”. La “vita biologica di per sé è un dono,
eppure – ha obiettato – è circondata da una grande domanda”:
“Zur wirklichen
Gabe wird es erst dann, wenn mit ihm mitgegeben ... La vita diventa un vero
dono se insieme a essa si può donare anche una promessa che è più forte di qualunque
sventura che ci possa minacciare, se essa viene immersa in una forza che garantisce
che sia un bene essere un uomo (...) Così, alla nascita va associata la rinascita,
la certezza che in verità è un bene esserci, perché la promessa è più forte delle
minacce”.
Ecco dunque spiegato il senso del Battesimo, un appartenere
alla “grande, nuova famiglia di Dio che – ha ribadito Benedetto XVI – è più forte”
di “tutte le forze negative che ci minacciano”. E dopo una breve riflessione sul senso
del Sabato Santo, che ha riecheggiato da vicino le sue meditazioni prima della Pasqua,
il Papa – che all’inizio aveva ricevuto un affettuoso saluto dal cardinale decano,
Angelo Sodano, e che altrettanto affettuosamente ha ringraziato – ha poi concluso
con un atto di consapevolezza e affidamento a Dio:
“Ich stehe vor der letzten
Wegstrecke meines Lebens, ... Mi trovo di fronte all’ultimo tratto del percorso
della mia vita e non so cosa mi aspetta. So, però, che la luce di Dio c’è, che Egli
è risorto, che la sua luce è più forte di ogni oscurità, che la bontà di Dio è più
forte di ogni male di questo mondo. E questo mi aiuta a procedere con sicurezza. Questo
aiuta noi ad andare avanti, e in questa ora ringrazio di cuore
tutti coloro che continuamente mi fanno percepire il ‘sì’ di Dio attraverso la loro
fede”.