2012-04-14 14:17:34

Turchia: primi risultati della restituzione dei beni ecclesiastici


In Turchia il processo di restituzione alle comunità religiose non musulmane dei beni confiscati dallo Stato turco tra il 1920 e il 1940 comincia a dare i suoi primi risultati concreti. Dopo la decisione, presa a febbraio da una commissione del Governo di Ankara, di restituire 57 proprietà a 19 istituzioni non musulmane, una settimana fa - come riporta, fra gli altri, il quotidiano “Today’s Zaman” ripreso dall’”Osservatore Romano” - sei storici cimiteri sono tornati alle comunità ebraica, greca e armena di Istanbul. Il decreto — firmato dalla Direzione generale per le fondazioni e in linea con le direttive varate dall’Esecutivo lo scorso settembre — ha consentito il ritorno di due cimiteri alla Beyoğlu Yüksek Kaldirim Ashkenazi Jewish Synagogue Foundation e di uno ciascuno alla Beyoğlu Greek Orthodox Churches and Schools Foundation, alla Balat Surp Hreştegabet Armenian Church and School Foundation, alla Kadiköy Hemdat Israel Synagogue Foundation e alla Kuzguncuk Beit Yaakov Ashkenazi Synagogue Foundation. Intanto, il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli è già rientrato in possesso di due importanti proprietà confiscate dal regime repubblicano di Kemal Ataturk: l’ex orfanatrofio Büyükada, sito sull’Isola dei Principi, e la Scuola di Galata a Istanbul, nazionalizzata nel 1924. L’orfanatrofio di Büyükada – riferisce l’agenzia Apic - ospiterà la sede di una fondazione internazionale per la difesa del Creato sotto l’alto patrocinio del Patriarca Bartolomeo I. Il Patriarcato di Costantinopoli ha inoltre avviato le procedure legali per ottenere la restituzione di tre chiese storiche di Istanbul, tra le quali la celebre "Panagia Kafatiani" (Nostra Signora di Caffa) di Galata. Le tre chiese erano state concesse alla cosiddetta “Chiesa nazionale turca” creata dal regime kemalista in contrapposizione al Patriarcato ecumenico. La restituzione dei beni confiscati alle comunità non musulmane si inserisce nel nuovo clima di collaborazione e dialogo stabilito tra il Governo di Erdogan e le minoranze religiose del Paese, tra le quali appunto la Chiesa ortodossa di Costantinopoli. Un’ulteriore conferma di questa apertura è venuta dalla visita, il 3 marzo scorso, del Ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu al Patriarcato ecumenico per discutere della necessità di creare un clima di "armonia" e di "fiducia reciproca tra i gruppi religiosi presenti nel Paese". Un incontro valutato positivamente anche dal Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc). Secondo quanto riportato dal “Today’s Zaman”, a fronte di una popolazione musulmana di circa 75 milioni di persone, in Turchia vivono oggi 65.000 cristiani armeno-ortodossi, 20.000 ebrei, 15.000 assiri e 3.500 cristiani greco-ortodossi. La comunità greca conta 75 tra fondazioni e istituzioni, quella armena 52, quella ebraica 17; tra le proprietà a esse sequestrate nei passati decenni figurano scuole e appunto cimiteri. (A cura di Lisa Zengarini)







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