Messaggio di Benedetto XVI per il pellegrinaggio alla Sacra Tunica nel Duomo di Trier
Pubblichiamo una traduzione di lavoro a cura di Radio Vaticana del messaggio di Benedetto
XVI al vescovo di Treviri mons. Stephan Ackermann, letto questo pomeriggio dal card.
Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi e Inviato Speciale del Papa,
che ha presieduto la celebrazione di apertura del Pellegrinaggio alla Sacra Tunica
nel Duomo di Trier, in Germania. Il pellegrinaggio si svolge da oggi fino al
13 maggio, per il V centenario dell’ostensione pubblica della Sacra Tunica.
Al
Reverendo Fratello, vescovo di Treviri
In questi giorni, nel grande Duomo
di Treviri, ha luogo l’ostensione della Sacra Tunica, esattamente cinquecento anni
dopo la sua prima comparsa in pubblico a opera dell’ Arcivescovo Richard von Greiffenklau,
secondo il desiderio dell’ Imperatore Massimiliano I, al momento di inaugurare l’altare
maggiore. In questa speciale occasione anch’io mi faccio, nel pensiero, pellegrino
nell’antica e venerabile città episcopale di Treviri, per unirmi alla schiera dei
fedeli che, nelle prossime settimane, prendono parte al pellegrinaggio alla Sacra
Tunica. A lei, Eccellenza, ai Confratelli nel servizio episcopale, ivi presenti, ai
sacerdoti e ai diaconi, ai religiosi e religiose e a tutti coloro che si sono riuniti
nel Duomo di Treviri per l’apertura del pellegrinaggio, desidero assicurare la vicinanza
fraterna del Successore di Pietro. Fin dalla prima ostensione nell’anno 1512 la
Sacra Tunica attira a sè i fedeli; questa reliquia rende presente i drammatici momenti
della vita terrena di Gesù, la sua morte in croce. Il dividersi, fra i soldati, le
vesti del crocifisso potrebbe sembrare soltanto un episodio marginale, a cui i Vangeli
sinottici alludono solo di passaggio. L’evangelista Giovanni sviluppa tuttavia questo
episodio con una certa solennità. E‘ il solo a parlare della tunica „che era tessuta
da capo a fondo, senza cuciture“ (19,23). Ci rende esplicito l’evento e ci aiuta,
grazie alla reliquia, a guardare con fede al Mistero della salvezza. La tunica,
così di dice Giovanni, è tutta di un solo pezzo. I soldati che, secondo l’uso romano,
si dividono come un bottino le povere cose del crocifisso, non vogliono strappare
la tunica. La tirano a sorte e in tal modo essa rimane intera. I Padri della Chiesa
vedono in questo passo l’unità della Chiesa; essa è fondata come unica e indivisa
comunità dall’amore di Cristo. La Sacra Tunica intende rendercelo visibile. L’amore
del Salvatore rimette insieme ciò che è diviso. La Chiesa è l’unità di molti. Cristo
non abolisce la pluralità degli uomini, ma la collega insieme nell’essere, i Cristiani,
gli uni per gli altri e con gli altri, tanto da poter diventare, nella loro stessa
diversità, mediatori verso Dio. La Tunica di Cristo è „tessuta interamente da
capo a fondo“ (Gv 19, 23). Anche questa è un‘ immagine della Chiesa, che vive non
grazie alle proprie forze, ma per l’azione di Dio. Come unica e indivisa comunità
essa è opera di Dio, non il prodotto degli uomini e delle loro capacità. La Sacra
Tunica vuole, nello stesso tempo, essere un ammonimento alla Chiesa perchè rimanga
fedele alle sue origini, si renda consapevole che la sua unità, il suo consenso, la
sua efficacia, la sua testimonianza, che è finalmente un‘opera dall‘alto, possono
essere solo un dono di Dio. Soltanto quando Pietro ha confessato: „Tu sei il Cristo“
(cf Mat 16,16), riceve il potere di legare e di sciogliere, quindi il servizio a pro
dell’unità della Chiesa. E per concludere, la Sacra Tunica non è una toga, un
vestito elegante, che esprime un ruolo sociale. E‘ un modesto capo di vestito, che
serve a coprire e proteggere chi lo porta, custodendone la riservatezza. Questo abito
è il dono indiviso del Crocifisso alla Chiesa, che egli ha santificato con il suo
sangue. Per questo la Sacra Tunica ricorda alla Chiesa la sua dignità. Ma quanto spesso
vediamo in quali fragili vasi (cf 2 Cor 4,7) noi portiamo il tesoro che il Signore
ci ha affidato nella sua Chiesa, e come, a causa del nostro egoismo, delle nostre
debolezze ed errori, viene ferita l’integrità del Corpo di Cristo. Vi è bisogno di
una costante disposizione alla conversione e all’umiltà, per essere discepoli del
Signore con amore e con verità. Nello stesso tempo, la particolare dignità e integrità
della Chiesa non può venire svenduta e abbandonata al chiasso di un giudizio sommario
da parte della pubblica opinione. Il pellegrinaggio giubilare ha come motto, che
è poi un’invocazione al Signore, „Riconduci all’unità ciò che è diviso“. Non vogliamo
rimanere bloccati nell’isolamento. Vogliamo chiedere al Signore di guidarci nel cammino
comune della fede, e di rendere nuovamente vivi i suoi contenuti. Potremo così, crescendo
insieme come cristiani nella fede, nella preghiera e nella testimonianza, nel mezzo
delle prove del nostro tempo, confessare la sua magnificenza e la sua bontà. Per questo,
a Lei e a tutti coloro che in queste settimane di festa si recano in pellegrinaggio
alla Sacra Tunica, impartisco di cuore l’apostolica benedizione. Dal Vaticano,
Venerdì Santo, 6 aprile 2012
Benedictus XVI PP.