Malawi: la Chiesa sostiene la neopresidente Banda per riportare la democrazia nel
Paese
Joice Banda, prima donna capo di Stato nell’Africa australe, è alla guida del Malawi
dopo la morte per infarto, il 6 aprile scorso, del presidente Bingu wa Mutharika,
leader controverso al potere per due mandati, fortemente contestato negli ultimi tre
anni sia in ambito politico che civile, criticato anche dalla Chiesa, vicina alla
popolazione sempre più sofferente. Roberta Gisotti ha intervistato padre Piergiorgio
Gamba, missionario morfortamo, da 35 anni nel Paese africano:
R. – La richiesta
veniva dal Public affairs committee (Pac), ma in realtà era la voce della gente, era
la voce di un popolo che non ne poteva più della situazione economica in cui versava
il Paese, con la mancanza di carburante, la mancanza di energia elettrica e un’inflazione
infinita. Una situazione dovuta proprio a scelte economiche e politiche completamente
sbagliate per questo Paese africano, che dipende ancora per un 40 per cento da aiuti
esterni per quanto riguarda la finanziaria. Allora, questo Public affairs committee,
che è un gruppo che raduna tutte le Chiese principali, presenti in Malawi – la Chiesa
presbiteriana, la Chiesa anglicana e, a capo, dall’inizio, la Chiesa cattolica, che
è molto, molto presente – aveva chiesto proprio 60 giorni al presidente per dimettersi,
o in alternativa 90 giorni per indire un referendum a conferma del suo mandato. E
prima che questi giorni arrivassero alla fine, il Giovedì Santo, durante un incontro
il presidente è stato colto da un attacco cardiaco e poi è stato trasportato in Sudafrica,
quando ormai non c’era più nessuna speranza ed era solo un modo per guadagnare tempo,
da parte del partito di governo, che cercava di capire dove andare o come continuare
questa sua egemonia.
D. – Si dice che il presidente Mutharika stesse preparando
la successione per il fratello...
R. – Sì, era stato imposto suo fratello,
attualmente ministro degli Esteri, senza nemmeno una consultazione del partito. Questa
era la paura della gente, perché il cerchio andava restringendosi. Libertà è l’unica
parola che la gente del Malawi riesce a considerare preziosa, perché la povertà non
è cambiata con l’arrivo della democrazia. Quindi, il Paese teneva molto alla libertà,
questo vento di libertà che pure viene ora da quella primavera del Nord Africa, che
sta scendendo sempre più a sud, in questi Paesi democratici costituzionalmente, ma
dove la democrazia purtroppo è molto fragile e può essere trasformata in dittatura.
La paura che ci fosse un ritorno alla dittatura ha mosso la gente a dire: “Basta,
ne abbiamo abbastanza”. Il tema che questo Public affairs committee aveva messo all’ordine
del giorno era proprio “Riappropriarci del nostro futuro”, in cui si chiedeva conto
del domani e si diceva al presidente che quella strada era ormai impercorribile.
D.
– Ecco, il futuro. Chi è Joyce Banda? Ricordiamo che era vicepresidente al momento
della successione, ma che era stata espulsa dal Partito di governo nel 2010. Come
potrà conciliare la guida del Paese con una classe politica che ieri le era ostile?
R.
– E’ già un fatto di questi giorni: oltre 30 parlamentari del partito di governo si
sono presentati alle porte di Joyce Banda per dire “noi siamo dalla tua parte”. In
una settimana è avvenuto un cambiamento enorme e Joyce Banda rappresenta bene la voce
dell’Africa: ha combattuto molto per l’abolizione della violenza contro le donne,
per la promozione della donna nella società, per arrivare ad avere una migliore situazione
sanitaria, perché la mortalità infantile diminuisca. Lei è molto vicina alla gente
e la chiamano “la mamma dei poveri”. Ha dalla sua che è stata anche ministro degli
Esteri, ha viaggiato, ha studiato anche in Italia. La forte speranza risiede nel fatto
che è capace di ascoltare. Il marito era a capo della Giustizia in Malawi, quindi
ha un sostegno diretto in casa sua, così come ha un sostegno da tutte le Chiese, perché
dal 2010, quando è stata espulsa, sono state le Chiese ad accoglierla, quando non
aveva più dove andare, perché il governo le aveva tolto tutti i diritti e la possibilità
stessa di muoversi.
D. – Stasera, la Conferenza episcopale incontrerà la nuova
presidente: ci sarà una raccomandazione particolare, un auspicio speciale?
R.
– Certamente. Si chiederà che sia la Costituzione, siano i diritti umani, sia la libertà
a essere parte di questa transizione, perché ci sono scelte da fare immediatamente.
Già martedì prossimo, la presidente incontrerà il Fondo monetario internazionale (Fmi).
C’è una svalutazione da fare, che sarà pesantissima. Ha bisogno davvero, come in tutti
questi Paesi che incontrano difficoltà economiche, di fare scelte impopolari, ma importanti.
In questo senso, ha bisogno dell’appoggio di tutte le Chiese e delle organizzazioni
non governative. La Chiesa cattolica sente la sua responsabilità e non può stare a
guardare: in prima persona, con i suoi vescovi, preti e tutta la comunità cristiana,
si sente parte di questa transizione. (ap)