India: per i massacri in Gujarat del 2002 ancora lontana la verità
Vizi procedurali nell’inchiesta, testimoni non ascoltati e registrazioni telefoniche
non messe agli atti. Sono le accuse lanciate all'agenzia Asianews da padre Cedric
Prakash, direttore del centro gesuita per i diritti umani, giustizia e pace di Ahmedhabad
Prashant. Parole arrivate dopo la sentenza emessa oggi dalla corte indiana e che scagiona
Narendra Modi, ministro del Gujarat, da ogni accusa di coinvolgimento nei massacri
del 2002. Proprio nel febbraio di quell’anno un gruppo di musulmani diede fuoco ad
un treno sul quale viaggiavano indù di ritorno da un pellegrinaggio. Nell’assalto
morirono 58 persone ma subito dopo si scatenarono violenti disordini in tutta la regione;
il più grave fu quello contro un complesso residenziale, circa 70 i morti. I numeri
di quella violenza furono impressionanti: oltre mille i morti accertati - 790 erano
musulmani e 254 indù - almeno 253 persone furono dichiarate disperse; 523 luoghi di
culto, comprese tre chiese, vennero danneggiate; oltre 35mila persone arrestate.
In tanti puntarono il dito allora sul Partito ultranazionalista al governo reo di
aver cospirato nei disordini e di non aver saputo controllare la situazione, occultando
poi la verità. “E’ un verdetto molto amaro – ha detto padre Cedric Prakash – soprattutto
per i sopravvissuti e dopo un’intera inchiesta sospetta oltre ogni ragionevole dubbio”.(B.C.)