2012-04-09 10:09:40

La Pasqua dei marittimi: nei racconti dell'incaricato della pastorale marittima ed aerea


Per una festa universale come la Pasqua, anche il mare può diventare un luogo di celebrazione grazie all’impegno di molti sacerdoti e di altrettanti volontari. Lo spiega mons. Giacomo Martino, incaricato nazionale per la pastorale degli addetti alla navigazione marittima ed aerea, intervistato da Emanuela Campanile:RealAudioMP3

R. – Ci sono due grosse presenze: i centri di accoglienza dei marittimi, che si chiamano “Centri Stella Maris”, e i cappellani di bordo, che sono sacerdoti che accompagnano le migliaia di persone e l’equipaggio normalmente sulle navi da crociera, anche se sono dedicati all’equipaggio e non tanto ai passeggeri.

D. – Cosa significa per questa gente rimanere comunque isolati in mezzo al mare per così tanto tempo?

R. – Sono intere comunità di persone di nazionalità diverse, di fedi, culture diverse, che vivono veramente gli uni a contatto con gli altri. Spesso penso a profeti di quella che sarà, speriamo, la società del futuro, cioè una società che, davvero multietnica, vive un rispetto attivo, quindi non solo in una tolleranza, ma veramente in una festa, e gode delle feste degli altri, per cui la Pasqua è occasione di festa anche per chi non crede in Gesù.

D. – Chi è che affronta il mare? Chi è che si dedica al mare? Immaginiamo l’anziano pescatore che sistema le reti, ma forse c’è altro, direi...

R. – Ci sono persone che, appunto, una volta, venivano catalogate nella categoria dei migranti, invece oggi si è compreso, grazie al Motu Proprio di Giovanni Paolo II “Stella Maris” proprio sull’apostolato del mare, che questo essere atipici è il fatto che si stia lontani tanto da casa, ma poi si ritorni a casa e quindi si riparta. C’è un luogo di partenza, ma non c’è mai un luogo di arrivo: è una sorta appunto di nomadismo del mare, fatto di persone molto giovani, cioè papà e mamme di famiglia, molto spesso. Parlo di mamme, perché il numero è estremamente elevato, ma anche di donne che vanno per otto, dodici mesi per mare, in modo da portare il pane a casa. Questa è la prima vera motivazione per la quale uno va per mare oggi.

D. – Quindi, la rete d’intervento qual è? Faccio riferimento ovviamente alla rete d’intervento della Federazione Stella Maris...

R. – I marittimi l’hanno voluta chiamare “la casa lontano da casa”. Ci sentiamo un poco la loro famiglia in quelle pochissime ore e soprattutto cerchiamo di far sì che loro abbiano contatto con la famiglia per telefono o tramite Skype, oggi, in questo modo è anche possibile vedersi. A volte vedo mariti fermi davanti al monitor del computer e dico: “Mah, si sarà rovinato il computer, non funzionerà”; poi sbirciando un po’ vedo che sul monitor c’è l’immagine della moglie con il bimbo, che loro magari non hanno ancora visto da quando è nato. Sono immagini rapite, rubate, che però fanno sentire - grazie a queste piccole e grandi storie - immediatamente ampiamente ripagato il sacrificio di tanti volontari.

D. – Cosa insegna il mare, quindi?

R. – Il mare insegna e insegna tanto: insegna soprattutto la comunione tra i popoli. Durante il conflitto tra Serbia e Croazia, ero cappellano a Genova e ho trovato una nave da carico sulla quale lavoravano serbi e croati assieme, mentre a terra si ammazzavano crudelmente. A bordo la gente, forse perché obbligata, perché costretta, perché “o così o nulla”, impara a riconoscere le cose belle dell’altro e questo, anche a me, come uomo prima di tutto, mi ha insegnato a guardare nell’altro le cose belle, le cose che ci uniscono. Spesso si pensa al mare come l’acqua che divide le nazioni. Per i marittimi, invece, il mare unisce: unisce le genti e i popoli diversi.

D. – Un augurio per questa Pasqua alla sua gente di mare, perché credo che lei abbia nel cuore l’acqua del mare e questi volti...

R. – L’augurio è proprio quello, che non si sentano soli. Gesù ce l’ha detto: “Io sarò con voi fino alla fine del mondo”. Questo Gesù rimane con noi ed è davvero rappresentato dalle migliaia di volontari che ogni giorno vanno sulle navi, che salutano, che portano le registrazioni dei vostri notiziari, perché davvero anche loro si sentano amati e cercati da una Chiesa che non possono frequentare. (ap)







All the contents on this site are copyrighted ©.