2012-04-08 10:56:00

Veglia Pasquale. Il Papa: la luce della Risurrezione vince il buio della morte e dell’odio


Ieri sera, Benedetto XVI ha presieduto, in San Pietro, la Veglia pasquale. Nella sua omelia, il Papa ha sottolineato come la fede, che ci mostra la luce di Dio, renda possibile la libertà e il progresso. Al contrario, il buio su Dio e sui valori sono una minaccia per l’uomo ed il mondo. Durante la celebrazione, il Santo Padre ha amministrato i sacramenti di battesimo, cresima e prima comunione ad otto adulti – cinque donne e tre uomini – provenienti da Albania. Italia, Germania, Slovacchia, Turkmenistan, Camerun e Stati Uniti. Il servizio di Isabella Piro:RealAudioMP3

Buio e silenzio: la Veglia pasquale inizia così. La Basilica Vaticana tace immersa nell’ombra, ma quel buio e quel silenzio portano in sé una luce ed una certezza: Cristo risorge. E dopo l’Annunzio pasquale, quando la Basilica improvvisamente si illumina, il cuore dei tantissimi fedeli presenti si scalda e si rinfranca, perché Cristo è ieri e oggi, principio e fine. “Pasqua è la festa della nuova creazione”, dice il Papa nella sua omelia, quella creazione che esiste come “spazio di risposta alla grande gloria di Dio, un incontro di amore e di libertà”. Uno spazio in cui c’è la luce di Dio, ribadisce Benedetto XVI, “espressione del bene” che “rende possibile la vita, la comunicazione, la conoscenza, l’accesso alla realtà, alla verità”, rende possibile “la libertà e il progresso”:

"Il fatto che Dio abbia creato la luce significa che Dio ha creato il mondo come spazio di conoscenza e di verità, spazio di incontro e di libertà, spazio del bene e dell’amore. La materia prima del mondo è buona, l’essere stesso è buono. E il male non proviene dall’essere che è creato da Dio, ma esiste in virtù della negazione. È il 'no'”.

Nella “creazione tutta nuova” che ricomincia con la Pasqua, continua il Papa, Gesù risorge e “ci attira nella nuova vita della risurrezione”, vincendo “ogni forma di buio”, perché “Egli è il nuovo giorno di Dio, che vale per tutti noi”:

"La vita è più forte della morte. Il bene è più forte del male. L’amore è più forte dell’odio. La verità è più forte della menzogna. Il buio dei giorni passati è dissipato nel momento in cui Gesù risorge dal sepolcro e diventa, Egli stesso, pura luce di Dio".

Ma come può avvenire tutto questo? Come può tutto questo non essere solo parola, ma diventare realtà? La risposta, dice Benedetto XVI, è nei Sacramenti:

"Mediante il Sacramento del Battesimo e la professione della fede, il Signore ha costruito un ponte verso di noi, attraverso il quale il nuovo giorno viene a noi. (…) Il nuovo giorno, il giorno della vita indistruttibile viene anche a noi. Cristo ti prende per mano. D’ora in poi sarai sostenuto da Lui e entrerai così nella luce, nella vita vera".

Ed è per questo, ribadisce il Papa, che la Chiesa antica chiama il Battesimo “illuminazione”, perché l’uomo di oggi, se è senza Dio, vede solo le cose “tangibili, materiali, ma non vede dove vanno né da dove vengono il mondo e la vita, non vede la differenza tra il bene ed il male:

"Il buio su Dio e il buio sui valori sono la vera minaccia per la nostra esistenza e per il mondo in generale. Se Dio e i valori, la differenza tra il bene e il male restano nel buio, allora tutte le altre illuminazioni, che ci danno un potere così incredibile, non sono solo progressi, ma al contempo sono anche minacce che mettono in pericolo noi e il mondo".

“Oggi illuminiamo le nostre città in modo così abbagliante che le stelle del cielo non sono più visibili”, continua Benedetto XVI: un’immagine emblematica dell’uomo di oggi, che nelle cose materiali “sa e può incredibilmente tanto”, ma non riesce più a vedere Dio e il bene. In questo senso, la fede che “ci mostra la luce di Dio, è un’apertura dei nostri occhi per la vera luce”.

Infine, il Papa si sofferma sul cero pasquale, simbolo della Veglia dal quale tutti ricevono la luce. Ma il cero è anche simbolo di Cristo, perché come Lui si consuma, si sacrifica per dare luce e vita al mondo, e dona quel calore che deriva dalla bontà di Dio. Così, in quel cero dovuto al “lungo lavoro delle api”, c’è anche un riferimento alla Chiesa:

"La cooperazione della comunità viva dei fedeli nella Chiesa è quasi come l’operare delle api. Costruisce la comunità della luce. Possiamo così vedere nel cero anche un richiamo a noi stessi e alla nostra comunione nella comunità della Chiesa, che esiste affinché la luce di Cristo possa illuminare il mondo".







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