2012-04-05 13:24:57

Riforma del lavoro: commenti di segno diverso. Per le Acli è un primo passo nella giusta direzione


Una riforma difficile da spiegare, ma vitale per un’Italia più moderna. Così il premier Monti definisce il disegno di legge sul lavoro messo a punto dal suo Governo. Il capo dello Stato Napolitano ha autorizzato la presetazione del provvedimento alle Camere: l’iter partirà al Senato. Servizio di Giampiero Guadagni: RealAudioMP3

Tutti parlano di compromesso: qualcuno lo definisce buono, altri sofferto, altri ancora inaccettabile. La riforma del mercato del lavoro approda all’esame del Parlamento, Monti spera in una approvazione rapida, ma deve fare i conti con i distinguo delle forze politiche anche di maggioranza, distinguo che potrebbero alimentarsi con l’avvicinarsi delle elezioni amministrative di maggio. Al Pdl ad esempio non piace l’ultimo ritocco all’articolo 18 e chiede allora maggiore flessibilità in entrata. Il Pd, al contrario, pressato dalla Cgil, tiene alta la guardia sul fronte precarietà. Sugli stessi temi Monti prova a rassicurare le parti sociali, con le quali si è confrontato sul tema nelle ultime settimane. Rispetto alle preoccupazioni delle imprese, Emma Marcegaglia ha definito pessimo il testo definitivo, il premier osserva: ”La possibilità del reintegro in caso di licenziamento dettato da motivi economici è riferita a fattispecie molto estreme e improbabili”. Quanto ai sindacati, perplessi sull’articolo 18 per motivi opposti, dice: con il tempo valuteranno che le tutele e gli ammortizzatori sono un passo avanti. La riforma è apprezzata invece da Bruxelles. Per la Commissione europea, il provvedimento infatti "ha l’ambizione di affrontare in modo completo rigidità e asimmetrie della legislazione sulla protezione del lavoro”.


Di segno diverso, dunque, i commenti del mondo politico e delle parti sociali all’indomani dalla presentazione del ddl sulla riforma del mercato del lavoro. Di “passo giusto nella direzione giusta” parla il presidente delle Acli Andrea Olivero. Paolo Ondarza lo ha intervistato:RealAudioMP3

R. – Nell’insieme l’opinione è positiva. Noi crediamo che i passi in avanti siano significativi e utili soprattutto perché per la prima volta dopo molti anni si riafferma la centralità del contratto a tempo indeterminato e si iniziano a mettere vincoli sulle tutele per i giovani lavoratori. Certamente non userei troppa enfasi perché purtroppo sappiamo che questo è solo un primo passo e c’è bisogno di ben altro per far ripartire il lavoro nel Paese. Però è un passo giusto, nella direzione giusta.

D. – L’accordo sembrava impossibile: un muro contro muro, invece poi il confronto ha dato i suoi frutti…

R. – Ci sembra anche questo un atteggiamento saggio perché non esistono solo il governo e il cittadino: esiste una società civile articolata che certamente non deve porre veti ma che ha una responsabilità importante anche nell’attuazione delle riforme. Noi crediamo che la concertazione sia un bene.

D. – A giudicare dai contenuti che sono emersi, ritiene che questa riforma vada verso gli obiettivi che si pone, ovvero quelli di realizzare un mercato di lavoro inclusivo e dinamico, in grado di contribuire alla creazione di occupazione in quantità e qualità e alla crescita sociale ed economica?

R. - Certamente, come dicevo, è un segnale nella direzione giusta. Da solo però non basta, lo diciamo con forza: va accompagnato da una profonda riforma del sistema dell’accesso al lavoro pubblico. Ad oggi meno del 5 per cento degli occupati ha trovato lavoro grazie alla intermediazione pubblica. Ci sono da fare passi in avanti perché quello che c’è scritto nella legge si possa tradurre in realtà grazie a servizi e a risposte precise da parte della pubblica amministrazione e di un sistema coerente sussidiario organizzato dallo Stato.

D. – Alcuni punti lasciano ben sperare come il rafforzamento dell’apprendistato o la stretta alla flessibilità in entrata... Possiamo parlare di un’inversione di tendenza dopo anni di precariato?

R. – Sì, questo è il segnale più interessante. Si capovolge la logica: non c’è più la necessità della flessibilità a tutti i costi, come valore in se stesso, ma la necessità di creare una sostenibilità vera che aiuti le persone, i cittadini, a potersi inserire nel mercato del lavoro, a cambiare anche più posti di lavoro ma all’interno della certezza di una continuità del lavoro stesso e quindi del reddito e della propria dignità.

D. – E’ una riforma che tiene conto anche della famiglia, visto che tutela le donne contrastando la pratica delle dimissioni in bianco o prevede l’obbligo di congedo per i padri…

R. – Sì, introduce alcuni elementi interessanti. Naturalmente anche qui siamo ai primi passi. Noi crediamo che sulla conciliazione si debba fare anche molto di più. Però è un primo passaggio utile perché sappiamo bene che l’occupazione femminile così come l’occupazione giovanile sono le grandi sfide per far ripartire il Paese.

D. – Quali le ombre di questo disegno di legge?

R. – Io credo che questo disegno di legge possa essere fragile soltanto nella misura in cui rimarrà solo, se cioè non verrà accompagnato da altri provvedimenti in particolare quelli relativi al rilancio dell’occupazione giovanile.

D. – Il ddl è stato accolto complessivamente in maniera positiva mentre resta un giudizio fortemente negativo da parte delle imprese…

R. – E’ vero. Le imprese chiedevano la flessibilità in uscita e questa viene fortemente ridimensionata, ma attenzione: chiedere la flessibilità in uscita in un momento di crisi come quella che stiamo attraversando e in un momento nel quale non abbiamo alcun servizio vero per quanti perdono il lavoro oltre i 50 anni e nessuna possibilità di un vero reimpiego, ci pare oggettivamente troppo. Credo che le imprese debbano andare a cogliere quello che c’ è di positivo e capire che in questo momento “altro” sarebbe stato “macelleria” sociale. (bf)







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