Riforma del lavoro: commenti di segno diverso. Per le Acli è un primo passo nella
giusta direzione
Una riforma difficile da spiegare, ma vitale per un’Italia più moderna. Così il premier
Monti definisce il disegno di legge sul lavoro messo a punto dal suo Governo. Il capo
dello Stato Napolitano ha autorizzato la presetazione del provvedimento alle Camere:
l’iter partirà al Senato. Servizio di Giampiero Guadagni:
Tutti parlano
di compromesso: qualcuno lo definisce buono, altri sofferto, altri ancora inaccettabile.
La riforma del mercato del lavoro approda all’esame del Parlamento, Monti spera in
una approvazione rapida, ma deve fare i conti con i distinguo delle forze politiche
anche di maggioranza, distinguo che potrebbero alimentarsi con l’avvicinarsi delle
elezioni amministrative di maggio. Al Pdl ad esempio non piace l’ultimo ritocco all’articolo
18 e chiede allora maggiore flessibilità in entrata. Il Pd, al contrario, pressato
dalla Cgil, tiene alta la guardia sul fronte precarietà. Sugli stessi temi Monti prova
a rassicurare le parti sociali, con le quali si è confrontato sul tema nelle ultime
settimane. Rispetto alle preoccupazioni delle imprese, Emma Marcegaglia ha definito
pessimo il testo definitivo, il premier osserva: ”La possibilità del reintegro in
caso di licenziamento dettato da motivi economici è riferita a fattispecie molto estreme
e improbabili”. Quanto ai sindacati, perplessi sull’articolo 18 per motivi opposti,
dice: con il tempo valuteranno che le tutele e gli ammortizzatori sono un passo avanti.
La riforma è apprezzata invece da Bruxelles. Per la Commissione europea, il provvedimento
infatti "ha l’ambizione di affrontare in modo completo rigidità e asimmetrie della
legislazione sulla protezione del lavoro”.
Di segno diverso, dunque, i
commenti del mondo politico e delle parti sociali all’indomani dalla presentazione
del ddl sulla riforma del mercato del lavoro. Di “passo giusto nella direzione giusta”
parla il presidente delle Acli Andrea Olivero. Paolo Ondarza lo ha intervistato:
R. – Nell’insieme
l’opinione è positiva. Noi crediamo che i passi in avanti siano significativi e utili
soprattutto perché per la prima volta dopo molti anni si riafferma la centralità del
contratto a tempo indeterminato e si iniziano a mettere vincoli sulle tutele per i
giovani lavoratori. Certamente non userei troppa enfasi perché purtroppo sappiamo
che questo è solo un primo passo e c’è bisogno di ben altro per far ripartire il lavoro
nel Paese. Però è un passo giusto, nella direzione giusta.
D. – L’accordo sembrava
impossibile: un muro contro muro, invece poi il confronto ha dato i suoi frutti…
R.
– Ci sembra anche questo un atteggiamento saggio perché non esistono solo il governo
e il cittadino: esiste una società civile articolata che certamente non deve porre
veti ma che ha una responsabilità importante anche nell’attuazione delle riforme.
Noi crediamo che la concertazione sia un bene.
D. – A giudicare dai contenuti
che sono emersi, ritiene che questa riforma vada verso gli obiettivi che si pone,
ovvero quelli di realizzare un mercato di lavoro inclusivo e dinamico, in grado di
contribuire alla creazione di occupazione in quantità e qualità e alla crescita sociale
ed economica?
R. - Certamente, come dicevo, è un segnale nella direzione giusta.
Da solo però non basta, lo diciamo con forza: va accompagnato da una profonda riforma
del sistema dell’accesso al lavoro pubblico. Ad oggi meno del 5 per cento degli occupati
ha trovato lavoro grazie alla intermediazione pubblica. Ci sono da fare passi in avanti
perché quello che c’è scritto nella legge si possa tradurre in realtà grazie a servizi
e a risposte precise da parte della pubblica amministrazione e di un sistema coerente
sussidiario organizzato dallo Stato.
D. – Alcuni punti lasciano ben sperare
come il rafforzamento dell’apprendistato o la stretta alla flessibilità in entrata...
Possiamo parlare di un’inversione di tendenza dopo anni di precariato?
R. –
Sì, questo è il segnale più interessante. Si capovolge la logica: non c’è più la necessità
della flessibilità a tutti i costi, come valore in se stesso, ma la necessità di creare
una sostenibilità vera che aiuti le persone, i cittadini, a potersi inserire nel mercato
del lavoro, a cambiare anche più posti di lavoro ma all’interno della certezza di
una continuità del lavoro stesso e quindi del reddito e della propria dignità.
D.
– E’ una riforma che tiene conto anche della famiglia, visto che tutela le donne contrastando
la pratica delle dimissioni in bianco o prevede l’obbligo di congedo per i padri…
R.
– Sì, introduce alcuni elementi interessanti. Naturalmente anche qui siamo ai primi
passi. Noi crediamo che sulla conciliazione si debba fare anche molto di più. Però
è un primo passaggio utile perché sappiamo bene che l’occupazione femminile così come
l’occupazione giovanile sono le grandi sfide per far ripartire il Paese.
D.
– Quali le ombre di questo disegno di legge?
R. – Io credo che questo disegno
di legge possa essere fragile soltanto nella misura in cui rimarrà solo, se cioè non
verrà accompagnato da altri provvedimenti in particolare quelli relativi al rilancio
dell’occupazione giovanile.
D. – Il ddl è stato accolto complessivamente in
maniera positiva mentre resta un giudizio fortemente negativo da parte delle imprese…
R.
– E’ vero. Le imprese chiedevano la flessibilità in uscita e questa viene fortemente
ridimensionata, ma attenzione: chiedere la flessibilità in uscita in un momento di
crisi come quella che stiamo attraversando e in un momento nel quale non abbiamo alcun
servizio vero per quanti perdono il lavoro oltre i 50 anni e nessuna possibilità di
un vero reimpiego, ci pare oggettivamente troppo. Credo che le imprese debbano andare
a cogliere quello che c’ è di positivo e capire che in questo momento “altro” sarebbe
stato “macelleria” sociale. (bf)