Irlanda: Lettera pastorale dei vescovi su penitenza e conversione
Un richiamo all’importanza centrale della penitenza e della conversione nella vita
di ogni cristiano. Questo il senso della lettera pastorale dei vescovi irlandesi
“Pèntiti e credi la Buona Novella” (Mc, 1,15) pubblicata per la Settimana Santa. Il
documento è un’articolata riflessione di 12 pagine sul significato della penitenza
cristiana alla luce dell’invito alla purificazione interiore e al rinnovamento spirituale
rivolto dal Santo Padre nella Lettera ai cattolici d’Irlanda e del recente documento
vaticano sui risultati della visita apostolica nelle diocesi, istituti religiosi
e seminari del Paese in seguito allo scandalo degli abusi. L’analisi parte dal concetto
di “pentimento”, che - ricordano i presuli irlandesi - non è solo “cercare il perdono
per i nostri peccati, ma implica una conversione dei nostri atteggiamenti e delle
nostre vite”, quella metanoia per incontrare Cristo di cui ci parla il Nuovo Testamento.
Ed è questo il senso della penitenza: con i nostri atti penitenziali (il digiuno,
la preghiera e le opere di carità), sottolinea la lettera, “riconosciamo che abbiamo
pensato solo a perseguire i nostri interessi, ad affermare la nostra posizione e
influenza come se questo fosse il fine ultimo della nostra esistenza”, dimenticando
che “tutto quello che abbiamo è un dono di Dio”. Un Dio – osservano i presuli facendo
eco alle parole di Benedetto XVI – che “sembra silente” e di cui “non sembra sentirsi
la mancanza” nella cultura europea contemporanea. In questa prospettiva quindi la
penitenza è la condizione per ricevere la Buona Novella di Cristo che ci fa capire
che l’unica “speranza durevole, l’unica guarigione completa per ognuno di noi viene
dall’amore di Dio”. Una parte essenziale di questo cammino di conversione personale
– sottolineano i vescovi irlandesi - è cercare di sapere ‘chi siamo’ attraverso il
riconoscimento dei doni che abbiamo ricevuto e delle nostre mancanze. Tale processo
è orientato in due direzioni: da un lato, vi è il riconoscimento dell’infinita bontà
di Dio e, dall’altro, quello dei nostri peccati quando li confessiamo. Ed è questo
il significato del Sacramento della penitenza e della riconciliazione nella tradizione
cristiana: “non un modo per ottenere i favori di Dio, ma un atto di gratitudine e
apprezzamento per quell’’amore e quella grazia che non potremmo mai guadagnarci da
soli”. Chi invece “cede alle tentazioni – osserva la lettera - considera il possesso,
la fama e il potere come fini da raggiungere, non come doni da accettare”. Dalla consapevolezza
che “tutto è un dono”, discende anche quella che “siamo tutti creati ad immagine di
Dio e invitati ad entrare in relazione con Lui. Questo è il significato fondamentale
della solidarietà che ci invita a considerare l’altro come nostro simile ‘da rendere
partecipe, al pari di noi, del banchetto della vita, a cui tutti gli uomini sono egualmente
invitati da Dio’”. Queste due dimensioni del pentimento, insistono i vescovi irlandesi,
sono inscindibili: convertirsi “significa cercare la comunione con Cristo e tra di
noi”. Ecco perché la penitenza comprende opere di carità: “non possiamo essere pronti
ad entrare nella pace di Dio se abbiamo trascurato l’ultimo dei fratelli e sorelle
di Cristo”. Solo chi ha capito questo autentico significato della penitenza cristiana
potrà comprendere appieno la portata delle parole di Benedetto XVI alle vittime degli
abusi e alle loro famiglie. “Il nostro compito in Irlanda – afferma in conclusione
la lettera pastorale - è il compito permanente di ogni cristiano: resistere alla tentazione
di mettere la convenienza personale, la fama, il dominio, la cecità, la disonestà,
l’orgoglio e qualsiasi altra ambizione, desiderio o piacere al posto di Dio. Si tratta
di una strada esigente, ma - sottolineano i vescovi - è quella che ci porta alla verità
che ci rende liberi”. (A cura di Lisa Zengarini)