Bufera giudiziaria sulla Lega. Napolitano: sui fondi ai partiti occorre trasparenza
Lo scandalo dei fondi della Lega. Sentita in procura a Milano dai magistrati di Napoli
Daniela Cantamessa, segretaria di Bossi, convocata come testimone. Nell'inchiesta
– ricordiamo- il tesoriere del Carroccio, Francesco Belsito, subito dimessosi, è
indagato con altre persone per riciclaggio. ''Chi ha tradito la fiducia dei militanti
deve essere cacciato”, commenta Maroni. Intanto è stata sequestrata la documentazione
nella cassaforte di Belsito. Secondo i magistrati, i documenti sono utili per l'
indagine. In una nota il presidente Napolitano esprime preoccupazione per l’emergere
di diversi casi di notevole gravità sulla gestione dei fondi dei partiti. Il Capo
dello Stato invoca iniziative parlamentari per favorire la trasparenza. Dopo gli scandali
che hanno investito esponenti del Pdl, Pd ed ex Margherita, la “bufera giudiziaria
che si è abbattuta sulla Lega” – scrive l’Avvenire - “è un drammatico campanello
d’allarme sullo stato di salute dei partiti italiani”. Adriana Masotti ha raccolto
il commento di Gian Enrico Rusconi, docente di scienze politiche all’Università
di Torino:
R. – E’ qualcosa
di più che un campanello d’allarme. In realtà è la conferma esplicita, di quello che
si sospettava, si diceva: la casta è corrotta – ma in modo generico – adesso vengono
fuori degli episodi circostanziati, anche se, ovviamente, tutti sotto le garanzie
della giustizia che farà il suo corso. E’ semplicemente la stupefacente conferma del
sospetto che circolava da tanto tempo: staremo a vedere, certo, praticamente nessun
partito è al di fuori di un sospetto di abuso, di varia natura e poi c’è questa cosa
patetica dei tesorieri, come se gli altri non si fossero accorti di niente…
D.
– C’è quindi una richiesta di trasparenza, di chiarificazione, c’è urgenza di riforme.
Ma si sta muovendo qualcosa in questo senso, a parte qualche accenno su una nuova
legge elettorale?
R. – L’aspetto che più ha a che vedere con i fatti di corruzione,
spostano il discorso sulle leggi che c’erano - in particolare sui finanziamenti ai
partiti – che sono state eluse. E’ stato un errore colossale il principio del finanziamento,
c’è stato persino un referendum contro, per poi essere in parte non rispettato. Rimane
un problema: se vogliamo mantenere, in qualche modo, il finanziamento pubblico dei
partiti – per ragioni anche ideali – occorre, evidentemente, mettere in moto dei meccanismi
di controllo, che sono stati o insufficienti o elusi. E questa questione è rimasta
fuori da questi contatti che sono in atto da parte dei leader politici, mentre si
tratta di una richiesta essenziale. Non so se dipenda da loro tecnicamente ma dovrebbero
metterla – se non al primo –tra i primi posti dell’ordine del giorno. L’altro problema
è il carattere, un po’ limitato, della riforma politico-partitica; io sono d’accordo
con lei: si pensa che tutto possa essere risolto con una modifica della legge elettorale,
dando più spazio alle rappresentanze dei cittadini, che scelgono i loro rappresentanti
in modo diretto, in modo da non essere più dipendenti dalle costrizioni delle segreterie.
Questa è una cosa sacrosanta, ma secondo me c’è un limite, se non un vizio: come se
il difetto principale sia la mancanza di rappresentatività, ovvero, che una maggiore
rappresentatività risolva il problema; mentre – qui dico una cosa forse politicamente
scorretta - una maggiore rappresentatività complica il meccanismo decisionale. Quello
che manca – nella riforma di cui si sta parlando – è il principio del rafforzamento
di chi deve decidere. Parliamo di questo governo: un governo particolare, un governo
strano, un governo tecnico, aggrega perché decide. Lo dico con molta chiarezza: occorre
anche porre l’accento sul momento esecutivo, sul momento decisionale. Quindi rappresentanza
sì - correggere questa norma che è troppo in mano alle segreterie - ma, ad un certo
punto, ci deve essere il momento decisionale. Su questo c’è un’elusione, perché non
c’è la cultura politica della decisione, perché si teme sempre la manipolazione dell’altro
– per esempio, guai a parlare di presidenzialismo – poi in realtà, abbiamo un governo
che è il governo del presidente.
D. –In poche parole meno partiti e più politica?
R.
– Sì, più politica, che non vuol dire però quella cattiva politica, fatta di soldi
buttati, di corruzione, di sprechi ...
D. – Cosa auspica possa succedere nei
prossimi mesi, visto che saremo comunque chiamati a votare dei partiti?
R.
– La situazione di incertezza, gli ultimi scandali, hanno un effetto deprimente sull’elettorato:
quello che io temo è che ci sia un forte assenteismo, malamente compensato dal moltiplicarsi
delle grandi liste. Ogni città ha tante liste, perché ciascuno vuole la sua rappresentanza
- ecco il discorso che facevo prima - allora, la combinazione tra il moltiplicarsi
di liste particolari e l’assenteismo, è la peggiore delle soluzioni in vista delle
grandi elezioni dell’anno prossimo.
D. – Mi riferivo a quelle in particolare
...
R. – Sì, ma c’è di mezzo questa strettoia delle amministrative, un campanello
di prova: se per caso i due fenomeni patologici, che ho indicato, dovessero diventare
il carattere dominante di queste elezioni, allora dobbiamo darci da fare. Occorre
riportare gli elettori ad amare la politica, amare i propri partiti – una cosa impressionante
– ecco perché è molto importante l’appuntamento del prossimo mese, però, il tempo
che abbiamo davanti per la scadenza di questo strano governo, è abbastanza lungo.
Non dimentichiamo poi i vincoli esterni - tutte le sere guardiamo lo spread, guardiamo
i mercati – cioè non dimentichiamo il contesto internazionale in cui siamo dentro.
(cp)