Pakistan: appello dei vescovi per una istruzione senza pregiudizi
Rifiuto del fanatismo nelle scuole e dell’imposizione degli studi islamici agli studenti
non musulmani: è l’appello lanciato dalla Commissione “Giustizia e Pace” della Conferenza
episcopale del Pakistan che torna a focalizzare la sua attenzione su una delle questioni
cruciali per il futuro del Paese, l’istruzione delle giovani generazioni. In un messaggio
inviato all’agenzia Fides, il direttore della Commissione, il laico cattolico Peter
Jacob, nota che, per garantire realmente il diritto all’istruzione sancito nella costituzione
del Pakistan, il Paese deve estirpare odio, fanatismo, pregiudizi dai curriculum di
istruzione e garantire il rispetto dei diritti umani nelle politiche educative. “Vari
piani di budget negli ultimi 30 anni hanno fallito perché hanno ignorato il piano
fondamentale dei diritti. Inoltre – spiega - iniziative di alfabetizzazione sono state
funestate da corruzione e inefficienze”. La Commissione segnala lo status delle minoranze
religiose, ricordando che l'articolo 20 della Costituzione garantisce libertà di religione
e l'articolo 22 rimarca che “nessuno è tenuto a ricevere istruzione religiosa di un
credo diverso dal suo”. Questo articolo - afferma ancora Jacob - viene ignorato nel
caso di centinaia di migliaia di studenti non musulmani che frequentano le scuole
della provincia del Punjab: gli studi islamici sono materia obbligatoria in scuole
e università e gli studenti non musulmani sono costretti a seguirli per paura di essere
discriminati o per non incontrare altre difficoltà o ostacoli nello studio. Inoltre
“le religioni diverse dall'islam sono trattate con disprezzo e pregiudizi”: organizzazioni
della società civile hanno censito lezioni e passi di testi scolastici che riflettono
l'odio religioso e distorcono la storia. Per queste ragioni la Commissione ha chiesto
al governo “la sospensione di lezioni e pratiche che contraddicono i diritti umani
universali, che sono discriminatorie e diffamatorie verso le minoranze religiose”,
e di non imporre gli studi islamici ai non musulmani, proponendo altre opzioni a studenti
cristiani, indù e sikh. (E.B.)