Chiese europee: la libertà religiosa sia più tutelata
“Il rispetto della libertà religiosa è davvero il cuore della convivenza in Europa
ed è ciò che permette la promozione dell’unità nella diversità”: è quanto si legge
in una dichiarazione congiunta della Commissione degli episcopati della Comunità europea
(Comece) e della Conferenza delle Chiese europee (Kek), rilasciata al termine di un
seminario sulla libertà religiosa. L’incontro si è svolto a Bruxelles il 30 marzo,
in seno alla Commissione europea relativa allo stesso settore. “In ogni Paese in cui
il diritto della popolazione alla libertà di religione sia stato violato o anche minacciato
– si legge nella dichiarazione – la società stessa è a rischio”, perché “la libertà
religiosa è attualmente un importante indicatore per valutare l’attuazione dei diritti
fondamentali nella loro totalità”. Di qui, l’invito che la Comece e la Kek rivolgono
all’Unione europea affinché “monitori più chiaramente le violazioni di tale diritto
sia all’interno del continente che in tutto il mondo”. Al seminario sono intervenuti
anche mons. Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi, e Paul Bhatti, fratello di Shahbaz
Bhatti, il ministro cattolico pakistano per le Minoranze ucciso nel marzo 2011: entrambi
gli esponenti del Pakistan hanno presentato una vibrante testimonianza sulla situazione
dei cristiani e di altre minoranze nel Paese. “Come in molte altre nazioni – sottolinea
la nota della Comece e della Kek – sebbene la libertà di religione sia ufficialmente
garantita in Pakistan, i fatti dimostrano che le minoranze religiose soffrono a causa
di violenze e pressioni”. Inoltre, le Chiese europee ribadiscono che “tali minoranze
non pretendono uno status o una tutela speciale, ma semplicemente l’accesso alla cittadinanza
comune”, poiché “esse sono composte da cittadini a tutti gli effetti e, in quanto
tali, dovrebbero essere garantite nei loro legittimi interessi”. In quest’ottica,
la Comece e la Kek chiedono “un maggiore monitoraggio delle violazioni della libertà
religiosa, attraverso una strategia più sistematica e coordinata a livello dell’Unione
Europea”. Quanto ai Paesi che intendono entrare nell’Ue, “la Commissione europea –
si legge nella dichiarazione congiunta – dovrebbe esaminare con particolare attenzione
il rispetto del diritto fondamentale alla libertà religiosa e dei suoi aspetti correlati,
come il diritto alla proprietà”. E non solo: “Passi avanti chiari ed inequivocabili
verso l’attuazione della libertà religiosa dovrebbero essere già presenti prima che
una nazione aderisca all’Ue”. Le Chiese europee chiedono poi che il diritto alla libertà
religiosa non sia soggetto ad interpretazioni “individualistiche”, ma venga “inteso
in senso ampio, in modo da includere anche la dimensione sociale ed istituzionale”.
Fondamentale, quindi, per la Comece e la Kek, la realizzazione di “un sondaggio sulla
discriminazione che sia basato sul criterio della libertà religiosa negli Stati già
membri dell’Ue e in quelli che si candidano all’adesione”. A questo scopo, “l’Unione
Europea dovrebbe incoraggiare i Paesi a raccogliere dati relativi a questo aspetto
a livello nazionale ed a fornire informazioni rilevanti su base annua”. Infine, le
Chiese d’Europa concludono: “Il ruolo della religione nella sfera pubblica deve essere
protetto dagli attacchi che costituiscono una violazione della libertà religiosa.
Ed è importante, al riguardo, riconoscere il ruolo positivo che la religione ha nella
vita e nella società pubblica”. (A cura di Isabella Piro)