2012-04-03 17:58:58

Arcidiocesi di Milano: riforma sull'acquisizione della cittadinanza italiana


Si deve promuovere una riforma delle norme sull’acquisizione della cittadinanza italiana, riconoscendola ai minori stranieri nati in Italia, senza dover attendere la maggiore età. E l’appello che la Giunta del Consiglio pastorale diocesano dell’arcidiocesi di Milano rivolge ai politici, in un documento stilato alla fine di un lavoro del giugno scorso sul tema “I migranti: per una pastorale e una cultura del viver insieme”. Basta affrontare le sfide dell’immigrazione solo sul piano degli interventi caritativi ed emergenziali, spiega il Consiglio, che chiede di muoversi sul piano educativo, culturale e pastorale per porre le condizioni del vivere insieme. Francesca Sabatinelli ha intervistato Alberto Fedeli, segretario del Consiglio pastorale diocesano dell’arcidiocesi ambrosiana:RealAudioMP3

R. – Non trattiamo più la questione immigrati con interventi caritativi ed emergenziali, ma cerchiamo di porre le condizioni, come comunità cristiana, di quel vivere insieme, di quella convivenza che è il principale obiettivo da perseguire davanti all’attuale fenomeno migratorio. Questo impegno rischia di essere un po’ astratto e forse inutile, se il contesto sociale e giuridico porta a una non effettiva accoglienza di chi è già presente in Italia: nel nostro caso, l’attenzione sui minori stranieri nati in Italia. E qui, allora, abbiamo ritenuto opportuno anche rivolgere un appello ai parlamentari, al legislatore, perché si affronti anche questa questione. Senza indicare noi soluzioni legislative: lo “ius soli” piuttosto che altri criteri. Senz’altro, non l’attesa della maggiore età per chi è nato in Italia, con la forte integrazione scolastica che poi i nostri ragazzi hanno, l’integrazione con le nostre famiglie italiane. Ci sono situazioni di oggettiva ingiustizia che non si capiscono perché debbano essere perpetrate per una mancanza di cittadinanza non riconosciuta fino alla maggiore età.

D. – Negli ultimi tempi, sono state consegnate moltissime firme di italiani pronti a chiedere che si risolvesse la questione della cittadinanza ai figli di stranieri nati in Italia. Sembra che su questo tema i cittadini siano molto più pronti e molto più predisposti rispetto alla politica…

R. – Io direi di sì. Perché? Al di là delle strumentalizzazioni politiche, di tante parole spese per creare percezione di pericolo di fronte allo straniero, c’è la realtà concreta delle famiglie che si vedono tranquillamente frequentarsi. Tra l’altro, i minori sono quell’elemento che crea maggiore integrazione tra le famiglie: sono spesso i piccoli che sanno parlare la nostra lingua e purtroppo dimenticano la loro lingua d’origine e fanno da mediazione culturale con la propria famiglia. Sono un elemento di forte integrazione, i nostri minori, e in molti sono presenti ormai nei nostri oratori lombardi, dove accogliamo anche stranieri di altre religioni. Nella chiarezza della proposta educativa che si fa, laddove emerge l’umano condiviso, soprattutto a livello di famiglia, le preoccupazioni e le differenze possono essere vissute come ricchezza. Se si passa, purtroppo, alla politica e soprattutto alla lettura che ne fanno i mass media – sempre in termini emergenziali, di ordine pubblico o altro – allora si rischia di riportare una percezione di paura e di diffonderla. E questo non è vero. Noi a Milano stiamo per ospitare l’Incontro mondiale delle famiglie, quindi con tante famiglie straniere. Vogliamo non prendere posizione anche su questa questione: sarebbe paradossale.

D. – Voi avete preso in esame anche quelli che potrebbero essere gli eventuali rischi e le eventuali ricadute patite dai minori stranieri nella relazione con i loro coetanei italiani, cioè con persone che hanno fatto lo stesso percorso di vita ma che, più avanti, diventano quasi degli antagonisti, di fronte a difficoltà tangibili…

R. – Vedere situazioni di ineguaglianza per quanto riguarda le condizioni di partenza, un conflitto rischia di crearlo: questo è inevitabile. Perché ho meno diritti e meno possibilità, rispetto all’italiano, io che ho fatto il tuo stesso percorso scolastico formativo e culturale? E’ chiaro che bisogna cercare di superare questo, perché il conflitto potrebbe anche deflagrare e diventare anche effettivo. Anche se credo che, come società italiana, abbiamo degli anticorpi per evitarlo. Ma attenzione: se si acuisce, rischiamo situazioni di mancanza di coesione sociale. (gf)







All the contents on this site are copyrighted ©.