2012-04-02 14:20:44

Pasqua in Afghanistan. Il parroco di Kabul: ricordatevi di questa piccolissima comunità cristiana


Tra i Paesi martoriati dalla guerra, dove i diritti della popolazione sono calpestati, soffocati dalla mancanza di libertà, a partire dalla libertà di religione è l’Afghanistan, Paese islamico al 99 per cento, dove sopravvive tra mille difficoltà una piccolissima comunità cristiana, che si prepara a vivere la Pasqua. Roberta Gisotti ha intervistato padre Giuseppe Moretti, parroco dell’unica chiesa in Afghanistan, quella interna all’ambasciata italiana a Kabul:RealAudioMP3

R. - I cristiani dell’Afghanistan sono i cristiani della comunità internazionale, in quanto non esiste alcuna comunità autoctona cristiana: per ragioni storiche e anche per ragioni legislative, perché - essendo un Paese totalmente islamico - sino ad oggi è stata proibita qualsiasi forma di evangelizzazione.

D. - Come si preparano a vivere la Pasqua questi pochi cristiani che vivono, appunto, una situazione di forte limitazione all’espressione della loro religione?

R. - Debbo riconoscere che quei pochi praticanti si preparano alla Pasqua con molta intensità, così come con molta intensità partecipano alla Messa domenicale. Coloro che vengono, vengono perché credono profondamente: date le limitazioni che ci sono, data la critica situazione che c’è, dati i continui allarmi, quanti ne verranno non lo so, perché il numero rispetto ad altri tempi è in diminuzione…

D. - Si parla di poche decine di persone ormai, lei ha detto che sono in diminuzione, sicuramente sono spaventati…

R. - Guardi, debbo anche dire che la comunità occidentale internazionale è un esempio classico di indifferenza religiosa. Quindi la diminuzione è anche in rapporto al minor numero di battezzati praticanti.

D. - Padre Moretti, quanti sono i sacerdoti, i religiosi, le suore presenti in Afghanistan in questo momento?

R. - Di sacerdoti ufficialmente ce ne è uno solo e sono io. Ci sono poi i cappellani militari, di cui non conosco il numero, che operano esclusivamente nel settore di loro competenza. Per quanto riguarda le suore, abbiamo tre comunità di suore: le suore di Madre Teresa, abbiamo le Piccole sorelle e abbiamo una comunità intercongregazionale per un totale di 12-13 suore. C’è poi una comunità di Gesuiti, che però sono presenti in Afghanistan come operatori umanitari: hanno una organizzazione non governativa, Jesuit Refugee Service, dove non tutti sono sacerdoti, soltanto uno o due. I Gesuiti non sono qui ufficialmente come sacerdoti. La cerchia quindi si restringe proprio all’unico rappresentante ufficialmente accettato dal governo afghano in base al Trattato bilaterale italo-afghano del 1921.

D. - In questa situazione così difficile sotto ogni punto di vista, come vive la sua missione?

R. - La mia missione richiede una grande fede, un abbandono totale nella mani di Dio e poi operare nel miglior modo, per quanto sia possibile all’umana fragilità: cerco di fare del mio meglio.

D. - Padre Moretti, tra tanta sofferenza che vive questo Paese martoriato dalla guerra, quale augurio pasquale fare?

R. - L’augurio è quello che facciamo a noi stessi e a tutti: Risorgere con Cristo! Che la luce di Cristo possa trovare degli spiragli, se non proprio delle finestre o delle porte aperte. La luce di Cristo è la pace, è la serenità, è un’apertura a Lui, a Lui che è la vita. Questo è il mio augurio.
D. - Grazie, padre Moretti…

R. - Grazie a voi che vi siete ricordati che esistiamo anche noi. Come diceva San Paolo: “Fateci un posto nel vostro cuore", magari il più recondito, ma che ci sia un posticino anche per questa piccola, microscopica comunità internazionale che cerca di vivere nel silenzio, nell’unità e nella sofferenza la propria fede. (mg)







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