Al via a Marrakech la conferenza della Copeam: i media del Mediterraneo a confronto
Come cambiano i media generalisti nelle società euro-mediterranee con l’intervento
di Internet e dei social network veri protagonisti della primavera araba? Come si
riesce a soddisfare l’esigenza della popolazione, di voler partecipare alla vita sociale
e politica del proprio Paese? Sono alcuni dei tanti interrogativi al centro del 19esimo
incontro della Copeam, la Conferenza Permanente dell’Audiovisivo Mediterraneo, in
corso a Marrakech, alla presenza dei ministri della Comunicazione e rappresentanti
europei. Al microfono di Cecilia Seppia il segretario generale della Copeam,
Alessandra Paradisi.
R. – Noi abbiamo
voluto vedere come questo nuovo tipo di informazione - che nasce dal basso - questo
giornalismo cittadino, avesse in qualche modo posto degli interrogativi ai cosiddetti
media tradizionali: nel rifornirsi di informazioni, nell’acquisire nuove fonti e,
nello stesso tempo, a porsi il problema della verifica delle fonti, che a questo punto
diventa essenziale.
D. – I social network, i nuovi media, in qualche modo
hanno chiesto alla tv – ai mezzi generalisti – di rinnovarsi e riprogrammarsi. Quali
le strategie messe in campo? Parliamo proprio di programmi, di un linguaggio specifico:
che strategie state adottando?
R. – Certamente abbiamo potuto constatare, che
tutte le grandi televisioni dell’area, hanno messo in piedi delle redazioni multimediali,
si sono aperte molto all’intervento dei telespettatori, in modalità diverse. Hanno
visto anche come usufruire al meglio di questo arricchimento delle fonti, che è comunque
aperto a nuovi scenari, proprio nell’informazione globale. Noi abbiamo per esempio,
l’idea di creare un Hashtag – chi pratica Twitter sa di cosa parlo – proprio
per segnalare la notizia falsa, che in qualche modo è immessa nella rete. Questo Hashtag
– Wing Fake News Allert – è un piccolo contributo che speriamo possa favorire
la segnalazione di notizie - immesse allo scopo di manipolare le fonti - che provengono
dai luoghi in cui si sviluppano gli eventi più caldi, attraverso una rete comune di
verifica e di garanzia per l’utente finale.
D. – C’è anche forse l’intenzione
della Copeam (Conferenza Permanente dell’Audiovisivo nel Mediterraneo) di creare una
comunicazione comune, proprio tra i Paesi del Mediterraneo. Avvicinare la sponda sud
e nord, di cui si è tanto parlato, per dare vita ad un mondo che sappia parlare nello
stesso modo …
R. – Devo dire che, da questo punto di vista la Copeam è stata
un’antesignana. Ha anticipato molto i tempi del cambiamento, cercando di dare il proprio
contributo, attraverso delle azioni molto concrete: coproduzioni radiofoniche e televisive,
scambio di news, organizzazioni di seminari di formazione. Siamo stati presenti in
tutti i Paesi - proprio all’indomani di grandi cambiamenti - per portare un segnale
di speranza, di rinnovamento e di pace. Crediamo quindi che questa azione di lungo
periodo, sia quella che, tutto sommato, vogliamo rivendicare di più, come nostro contributo
al cambiamento e all’altro Mediterraneo. Si parla solo del Mediterraneo dei conflitti,
noi invece, abbiamo parlato di un Mediterraneo di prosperità e sviluppo ed anche un
grande laboratorio di idee e innovazione. Molto spesso il Mediterraneo è stato affiancato
a sentimenti nostalgici, noi invece pensiamo che il Mediterraneo rappresenti proprio
un modo per rispondere alle grandi sfide del nostro tempo: cercando di far convivere
le differenze, le diversità che non bisogna negare, con una capacità di dialogare
e di rispettarsi reciprocamente.
D. – Per quanto riguarda il target: ovviamente,
facendo servizio pubblico, in teoria si dovrebbe riuscire a raggiungere tutte le fasce
di età, tutte le categorie, giovani e meno giovani. C’è una fetta di pubblico, che
le tv del Mediterraneo sono riuscite a conquistare, proprio in questi ultimi anni?
R.
– Le televisioni di servizio pubblico si offrono ad un pubblico differenziato. Il
nostro scopo è stato quello di cercare di accompagnare quegli attori, che oggi si
affacciano nell’area come elementi di cambiamento: in particolare i giovani e le donne.
Quindi abbiamo sviluppato delle azioni mirate - ovviamente sempre nel nostro settore
di azione – e credo che da questo siano nate anche delle intuizioni importanti, che
hanno portato a delle realizzazioni concrete, per esempio: il blog delle giornaliste
del Mediterraneo che, quando c’è stata la guerra in Libano, ha permesso di far uscire
delle informazioni dal Paese, come unico strumento. (cp)