Stati Uniti: promessi 120 milioni a favore del Sahel contro la carestia
Gli Stati Uniti hanno promesso altri 120 milioni di dollari in aiuti a favore del
Sahel per fronteggiare la carestia che ha colpito la regione africana in seguito ad
una prolungata siccità. Lo ha annunciato oggi il segretario di Stato Hillary Clinton,
in risposta ai pressanti appelli del mondo umanitario, secondo i quali 13 milioni
di persone rischiano di morire di fame. Eugenio Bonanata ha intervistato Enrico
Casale, della rivista dei Gesuiti "Popoli":
R. - È chiaro
che questi contributi non possono, da soli, risolvere la crisi che si è verificata
in questa zona. Possono essere un valido aiuto, ma non sono la soluzione: se si affrontano
queste crisi solamente con degli aiuti nel momento dell’emergenza, rischiamo che la
crisi si ripeta quando nella regione, le condizioni torneranno a presentarsi.
D.
- Quali sono le conseguenze della carestia sulle comunità locali?
R. - Sono
conseguenze drammatiche, perché fondamentalmente queste popolazioni sono popolazioni
nomadi, che fanno del bestiame la loro ragione d’essere. Il bestiame è alla base del
sistema economico, degli scambi, dei prestiti, dei risparmi, ma è anche alla base
della loro stessa struttura sociale: il lavoro, la salute, il prestigio, la stessa
identità di queste etnie. È chiaro che la siccità mette a rischio questo sistema,
uccidendo innanzitutto il bestiame sul quale si basa questa società. Non solo. Questo
è aggravato anche da fattori esogeni, come l’innalzamento dei prezzi delle derrate
agricole - che vengono fissati nelle maggiori piazze finanziarie e non in loco - e
soprattutto dal fenomeno dell’acquisizione da parte di Paesi stranieri di terre, sottraendo
in questo modo pascoli alle popolazioni.
D. - Ci sono Paesi africani che hanno
raccolto questo appello alla solidarietà nei confronti del Corno d’Africa?
R.
- Sì, esistono dei Paesi come il Sud Africa, che hanno aiutato economicamente, inviando
anche dei tecnici attraverso delle organizzazioni internazionali, per sostenere queste
popolazioni del Sahel. L’importante è che la solidarietà sia una solidarietà anche
intra-africana e non solamente una solidarietà che proviene dall’esterno, affinché
possa creare un maggiore consenso all’interno della stessa unione africana.
D.
- Cosa dire dell’impegno della Fao, per esempio in Somalia?
R. - La Fao, da
un lato, ha sostenuto gli allevatori aiutandoli a mantenere il loro bestiame e fornendo
loro altri capi di bestiame. Dall’altro, ha aiutato le popolazioni offrendo loro dei
buoni acquisto da spendere presso questi allevatori. Quindi, da un lato si è preservato
il bestiame, dall’altro sono stati forniti i mezzi per usufruire da parte della popolazione
di latte, carne e così via. Tutto questo, ha portato ad una ricrescita dell’economia
locale in alcune aree della Somalia. (bi)