2012-03-30 14:16:58

Nei cinema "I colori della Passione", film ispirato a un quadro di Bruegel


Sugli schermi italiani da ieri “I colori della Passione”, un film in cui il regista polacco Lech Majewski, famoso nel campo della video arte, fa prendere vita al dipinto “La salita al Calvario” di Bruegel, mettendone in luce la ricchezza dei simboli e dei significati teologici. Un’esperienza visiva profonda e indimenticabile. Il servizio di Luca Pellegrini:RealAudioMP3

Il quadro si anima. Lo spettatore entra in un epico capolavoro della pittura fiamminga, “La salita al Calvario” di Pieter Bruegel il Vecchio, che ambienta il sacrificio di Gesù nelle Fiandre del XVI secolo. Le figure, centinaia, che popolano il dipinto raccontano la loro storia – di povertà, di dolore, di vita – cercando di dare ragione del perché il pittore li ha fissati per sempre sulla sua tela, disposti a corona attorno al suo cuore: Cristo piegato a terra sotto il peso della Croce. Lech Majewski ci fa entrare in questo brulichio di personaggi anonimi con inimmaginabile ricchezza cromatica, una suggestione che rapisce. Abbiamo chiesto all’artista e regista che cosa l’ha maggiormente affascinato di questo quadro:

“First of all, it’s a phantastic painting…
Prima di tutto, è un quadro fantastico. Se lo guardi, ti rendi conto che è un capolavoro: i colori, la gente, l’atmosfera… Bruegel è stato anche un ottimo compositore, per il modo in cui dispone gli oggetti ed è anche un grande psicologo per come riesce a coinvolgerti nell’ammirare quello che sta accadendo nel quadro: sembra che i suoi soggetti, le persone, non si fermino davanti a te, sono profondamente immersi nel loro mondo. Ma poi, quando riesce a catturarti, a coinvolgerti, i tuoi occhi iniziano a viaggiare: lui è un grande cantastorie. Poi, inizi a scoprire il linguaggio simbolico che usa: infatti, lui nasconde molti significati e questo – io penso – lo rende diverso da chiunque altro. Credo che sia il più grande filosofo tra i pittori”.

Sotto la mole degli eventi, dice il pittore interpretato da Rutger Hauer, mentre il ruolo di Maria è sostenuto da Charlotte Rampling, “il nostro Salvatore è stato macinato come grano senza pietà”. Bruegel diventa, quindi, anche un filosofo e un teologo:

“Because of the way he treats his main subject like in the way to Calvary…
Proprio per il modo in cui lui gestisce il suo personaggio principale. Ad esempio, nella Via Crucis, tu non vedi subito Gesù Cristo che porta la croce, perché è distante, dietro alla folla. La sofferenza di Cristo molto spesso è presentata in primo piano, perché Lui è il personaggio più importante nel dipinto. Non così in Bruegel: egli sposta Cristo nel sottofondo e questa è una grande verità in avvenimenti di questo genere. Bruegel dice: se nella nostra vita accade qualcosa di importante, noi non lo vediamo, perché non vediamo al di là del nostro naso. Questo è il suo sorprendente messaggio. Egli ci dice: anche se sei giù, se il tuo mondo fisico crolla, se sei a terra, quando stai per essere cancellato dalla faccia della terra, questo ancora non significa che tu sia morto”.

Pensa dunque che l’arte possa esprimere concetti teologici?

“I think any important art has to have a theological concept. …
Credo che ogni arte importante debba fondarsi su un concetto teologico. Non c’è arte senza di esso. Sarebbe un’arte tronca, o lobotomizzata. Quale sia il tuo senso di gioia per il dubbio, questa è un’altra faccenda. Ma non si può vivere senza, per così dire”. (gf)

Ultimo aggiornamento: 31/03/2012







All the contents on this site are copyrighted ©.