2012-03-26 14:12:51

Il cardinale Ravasi agli ambasciatori africani: lavoriamo in sinergia per la cultura del dialogo


Incontro oggi a Roma degli ambasciatori dei Paesi del continente africano presso la Santa Sede. Un’iniziativa promossa dal Pontificio Consiglio della Cultura, che il 10 marzo scorso aveva convocato i diplomatici dei Paesi asiatici. Il servizio di Roberta Gisotti.RealAudioMP3

Vogliamo lavorare in sinergia con i Paesi distanti geograficamente dal Vaticano, attingendo quanto più dalle informazioni che arrivano da loro, collaborando anche con gli altri Dicasteri. Così il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, rispondendo all’ambasciatore del Camerun circa l’efficacia di questo incontro, che – ha annunciato il porporato – porterà a compilare un Dossier, con tutte le osservazioni dei diplomatici, da inviare poi alla Segreteria di Stato. Ma quale approccio s’intende promuovere? Lo spiega il cardinale Ravasi:

"Sostanzialmente lo si può riassumere all’interno di un solo termine: 'dialogo'. Da una parte, noi abbiamo bisogno di conoscere la molteplicità delle culture, soprattutto tenendo conto che l’Africa, se è vero che è sotto un unico continente, però è profondamente articolata al suo interno. Pensiamo a cosa vuol dire la ricchezza linguistica di questo Continente, ma anche cosa vuol dire la sua storia: l’Africa che si affaccia sul Mediterraneo, è profondamente diversa da quella meridionale o centrale. Quindi una conoscenza di questo orizzonte; e dall’altra parte, vogliamo che queste nazioni, conoscano la nostra identità cattolica, la Chiesa romana, soprattutto le dimensioni culturali che vogliamo sviluppare".

Culture diverse – ha chiarito il cardinal Ravasi - che devono entrare in contatto tra loro, evitando lo scontro di civiltà, superando la semplice multiculturalità della coesistenza, per arrivare alla interculturalità dell’incontro, del confronto, del dialogo, anche interreligioso, che deve rispettare e conservare le diverse identità, non chiuse ma aperte all’altro, rifuggendo integralismi e fondamentalismi e all’opposto sincretismi. Un monito poi all’Europa, che non ha più una sua identità né laica né religiosa e per questo teme l’Islam. Culture diverse che fanno i conti – ha avvertito il porporato - con la globalizzazione economica, della comunicazione e di tipo etico-giuridico, laddove si tende ad imporre agli Stati più deboli modelli monoculturali degli Stati più forti. Da qui l’impegno su più fronti del Dicastero vaticano della Cultura a partire dai linguaggi della comunicazione, all’arte, alla scienza e alla tecnica, alla non credenza, all’economia, alla culture giovanili, allo sport e al gioco.







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