2012-03-25 13:34:49

I messicani emigrati negli Usa seguono con speranza il viaggio di Benedetto XVI nella loro patria


La visita del Papa in Messico è seguita con emozione anche dai tanti messicani che si trovano negli Stati Uniti dove, attraverso il sacrificio dell'emigrazione, sono riusciti a trovare una dimensione lavorativa e sociale, ma con il cuore sempre rivolto alla propria patria. Il nostro inviato a León, Giancarlo La Vella, ne ha parlato con padre Jorge Ortiz-Garay, sacerdote messicano che opera nella diocesi americana di Brooklyn e sta seguendo la visita del Papa:RealAudioMP3

D. – Cosa ci si aspetta da questo viaggio del Papa?

R. – Ci si aspetta una parola di speranza, una parola di consolazione, per un futuro in cui il Messico e tutti i messicani possano essere uniti come erano prima, senza violenza, senza paura. Questo è quello che ci si aspetta: la parola del Papa piena di speranza.

D. – Gli Stati Uniti rappresentano un miraggio, un obiettivo per tanti messicani in cerca di lavoro in quella terra. Come i messicani, che sono riusciti ad andare a lavorare negli Stati Uniti, ora vedono la situazione in Messico?

R. – Con molta tristezza, perché quando lasciano il Messico, il loro cuore rimane sempre lì, con la famiglia, mentre aspettano che la situazione cambi. Il popolo messicano è sempre stato un popolo sofferente. La Madonna di Guadalupe è molto importante per noi e abbiamo sempre nel cuore l'esortazione: “Non abbiate paura: questa è tua madre”. Questa è anche la realtà del messicano negli Stati Uniti, dove ci sono pure lì molti problemi, soprattutto di lavoro. Quello che mi sembra, però, che unisca i messicani sono la patria, la religione e l’amore per la Vergine di Guadalupe.

D. – Vivendo negli Stati Uniti c’è il rischio di un affievolimento della proverbiale profondità di fede che hanno i messicani? Si affievolisce la fede stando in un Paese come gli Stati Uniti?

R. – Il messicano che arriva negli Stati Uniti rischia di perdere tre cose: la famiglia, le tradizioni e la fede. Questo è adesso il nostro lavoro, come preti.

D. – Quindi, il vostro lavoro è quello di rinsaldare nella fede i messicani che sono andati via dal loro Paese?

R. – Sì, questo è il mio lavoro ed è un mandato del vescovo Di Marzio. Io sono l’unico sacerdote messicano nella diocesi di Brooklyn-Queens. Quindi, il vescovo Di Marzio mi dice sempre di andare e cercare i messicani. Quando i messicani arrivano negli Stati Uniti si sentono molto soli...

D. – Comunque la parola “speranza” rimane il leitmotiv di questo viaggio...

R. – Sempre. La speranza nella famiglia da parte dei messicani negli Stati Uniti dà forza, dà coraggio; assieme alla speranza che i figli mantengano la fede nella Chiesa cattolica e la speranza che questi figli cambino la società americana, come hanno fatto gli italiani. Penso che ora sia il tempo del messicano. (ap)







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