Mons. Moraglia s'insedia come nuovo patriarca di Venezia. Le priorità: i giovani,
i poveri, l'Eucaristia
Cresce l’attesa a Venezia per l’insediamento del nuovo patriarca, mons. Francesco
Moraglia. La cerimonia ufficiale si terrà domani, domenica 25 marzo, con una Messa
solenne nella Basilica di San Marco, alle ore 16.15. Mons. Moraglia, lo ricordiamo,
è stato nominato dal Papa il 31 gennaio e negli ultimi quattro anni ha guidato la
diocesi della Spezia. Ma con quali sentimenti si prepara a questa nuova missione episcopale?
Ascoltiamo lo stesso patriarca al microfono di Isabella Piro:
R. – I sentimenti
sono quelli dell’attesa e, quindi, il desiderio di incontrare la realtà viva della
diocesi, soprattutto le persone, le attività in cui le persone cercano di esprimere
il loro amore per la Chiesa e per il Signore.
D. - (Domani), lei attraverserà
le diocesi veneziane, facendo tappa a Mira, Marghera e Mestre, e poi cenerà tra i
poveri di Ca’ Letizia...
R. – Sì, indubbiamente abbiamo scelto le priorità:
i giovani, i poveri e l’Eucaristia. L’incontro (del pomeriggio di oggi) è soprattutto
incentrato sull’adorazione eucaristica, chiamando i giovani a questo momento di raccoglimento
e, poi, vedendo l’incontro successivo con le persone in difficoltà, offrendo loro
il conforto di un pasto, servendolo anche materialmente. Questo vorrebbe essere un
modo di tradurre l’Eucaristia in un gesto concreto, che dovrebbe, soprattutto per
noi e per i giovani, tradursi in un modo diverso di guardare il prossimo.
D.
– (Domani,) domenica 25 marzo, invece, alle 16.15, il solenne insediamento nella Basilica
di San Marco. Con quali parole inizierà la sua nuova missione da Patriarca?
R.
– Io penso di incentrare un po’ tutto il discorso sul tema della fede, che è la priorità
fondamentale. Un vescovo deve esprimere in ogni cosa che fa una fede concreta per
sé e per la sua Chiesa. Poi le priorità saranno di andare incontro a quelli che hanno
chiesto di essere incontrati e a quelli che il Patriarca vuole incontrare, proprio
per avere un’idea più vera, più reale della sua Chiesa.
D. – Lei lascia la
diocesi della Spezia. Quale ricordo e quale esperienza porterà con sé a Venezia?
R.
– Il ricordo di un periodo breve, intenso, sereno, in cui ho voluto bene e non ho
faticato a voler bene alla gente, evidentemente per merito di queste persone, che
il Signore mi ha dato la grazia di incontrare e delle quali sono stato vescovo per
quattro anni; quindi, un po’ di nostalgia e, certamente, l’entusiasmo di guardare
ad una realtà bella come quella di Venezia, e anche la grande gratitudine al Signore,
per questa esperienza episcopale, per le persone che mi ha fatto incontrare in questi
quattro anni.
D. – Quindi, quali sono le sue speranze per la Chiesa oggi?
R.
– Che la Chiesa riesca ad essere se stessa; che la Chiesa possa ritrovare se stessa,
per essere affascinante agli occhi degli uomini. Per questo ho voluto iniziare l’incontro,
soprattutto con i giovani, intorno all’Eucarestia, che è la Passione ultima che il
Signore ha consegnato alla sua Chiesa, pensando che la vera celebrazione eucaristica
entra nella vita e ci aiuta veramente a pensare, a parlare e ad assumere gli stili
di Gesù. Penso che una Chiesa che si orienta in modo eucaristico, in questi termini,
abbia risolto le difficoltà che può trovare nell’evangelizzare e nell’essere credibile
agli occhi del mondo. (ap)